“LE MONDE”

10 dicembre 2002

 

 

“Bisogna cambiare l’etica della frontiera”

 

Intervista a Predrag Matvejevic’

Predrag Matvejevic’, scrittore croato “etnicamente impuro”

 

 

D. Come considera l’allargamento dell’Unione europea (UE) che sarà decisa alla Conferenza il 12 e 13 dicembre?

Il mio parere è certamente positivo. L’allargamento avrebbe potuto avere luogo prima, se non ci fosse stata la guerra fredda e l’Unione sovietica. Arriva con ritardo ma meglio tardi che mai. Già da adesso si possono constatare alcuni punti in comune nelle attese dei futuri membri dell’UE, le loro speranze e le loro paure. Via via che si avvicina il momento, smettono di sperare nella luna e il realismo prende il posto delle illusioni. Si rendono conto che se sono i benvenuti, non sono accettati a nessun prezzo e che il sentimentalismo non corre a fianco degli Stati membri attuali. Non sono sprovvisti di una certa forma di vanità che fa loro dire: “Siamo l’Europa.”

D. Per loro l’entrata nell’UE non appare la riparazione all’ ingiustizia creata nel 1947 con la cortina di ferro?

R. Se pensano che si tratti di un diritto, essi non ne considerano la dimensione culturale. Il particolarismo prevale su un reale europeismo. Un attaccamento eccessivo alle abitudini prevale ancora nella maggior parte di essi. Essi non conoscono bene l’Europa per la quale provano sentimenti contraddittori. Da una parte  pensano che l’Europa non li voglia, dall’altra essi fanno cadere sull’Europa la responsabilità degli obblighi che devono sostenere per rispettare i criteri d’entrata. Tuttavia l’incomprensione è reciproca. Credo che gli europei dell’ovest si facciano delle illusioni sull’allargamento. Non si rendono conto delle difficoltà di ogni sorta che incontreranno e di cui la riunificazione tedesca ci da prova.

D. Quali difficoltà?

R. Nessuno si aspettava che le transizioni fossero così lunghe, così  spossanti. Nell’euforia che ha seguito la caduta del muro di Berlino, tutto sembrava a portata di mano, ora dieci anni dopo, il lavoro preparatorio per l’entrata nell’Unione non è terminato. È per questo che penso che la seconda onda di allargamento richiederà più tempo del previsto. Comunque sia, presso i candidati le reazioni decisamente ostili all’Europa sono molto limitate. Esse provengono dalle frange nazionaliste o ultraconservatrici e da una parte della sinistra che non ha regolato tutti i suoi conti con il passato. Si ritrovano gli ex-comunisti al potere in molte nuove democrazie.

La destra al contrario ha sopravvissuto al comunismo con i suoi miti, i suoi sostegni, il suo tradizionalismo, la sua alleanza con la chiesa…. Tra una destra tradizionalista e un comunismo che si appoggiava sul nazionalismo, ci sta tutta una cultura politica da riacquisire. Questa riappropriazione  non è terminata, semmai è cominciata.

D. Ritiene sempre che il Mediterraneo sia stato dimenticato in questo movimento di allargamento?

R. Certamente. Ma con Malta e Cipro, due ancore sono state gettate nel Mediterraneo e questo movimento potrebbe aiutare a creare delle nuove relazioni con l’Africa del Nord e il vicino Oriente.

D. E’ un argomento a favore dell’adesione della Turchia…

R. Certo. L’entrata della Turchia nel mondo Europeo può dare una svolta al fondamentalismo islamico. L’esempio della Turchia e dell’Islam laico può essere contagioso. In Bosnia, l’Europa non ha saputo riconoscere un Islam laico e europeo. E’essenziale dare una possibilità laica all’Islam.

D. E la Russia?

R. La Russia non è più,  è evidente, ciò che è stata l’Unione sovietica. Molto dipende dalla sua evoluzione interna. Si possono immaginare diverse Russie rispetto al suo passato, alle sue forze, alle sue prove. Sarà la Russia una reale democrazia o una semplice “democratura”? Sarà tradizionale o moderna? “Santa” o profana? Ortodossa o scismatica? Più “bianca” che rossa o viceversa? Meno filoslava che occidentalista o viceversa? Una Russia che “la ragione non saprebbe concepire e nella quale si può solamente credere”, come diceva il poeta Tioutchev nel XIX secolo, o anche la Russia  “robusta e dal grande sedere” che ha cantato Alexandre Blok durante la rivoluzione?

D. Senza parlare dei Balcani…

R. Un passato lontano e gli avvenimenti recenti hanno lasciato nei Balcani delle piaghe che continuano a sanguinare. Le divisioni dicono allora che non c’è più molto da dividere. In alcuni di questi paesi, si è mostrato necessario difendere il patrimonio nazionale; attualmente bisogna difendersi contro questo stesso patrimonio. E’ come per la memoria: bisognava salvaguardarla e oggi essa sembra ritorcersi contro quelli che l’avevano salvata.

D. Bisogna stabilire le frontiere dell’Unione Europea?

R. I nuovi membri sono chiamati a essere i guardiani delle frontiere dell’Europa. Questo sarà molto difficile. Come conciliare libera circolazione interna e apertura verso l’esterno?  Non ho risposte ma bisogna riflettere su questa contraddizione. Bisogna cambiare l’etica della frontiera. Chi dice partenariato dice permeabilità delle frontiere.

D. Tra l’allargamento dell’UE e quello della NATO, vale a dire l’alleanza con gli Stati Uniti, vede una complementarietà o una contraddizione?

R. Il legame tra i due allargamenti s’impone con forza sempre maggiore, cosa che non dovrebbe essere indispensabile o soprattutto procedere indipendentemente. Si deve veramente passare per il purgatorio di un’alleanza militare che ha perduto il suo reale avversario per essere ammessi all’esame per entrare in Europa? Si tratta di un debito della guerra fredda. La “macdonaldizzazione” è un fenomeno di parvenus nell’Europa dell’Est dato che in Occidente esso è oggetto di contestazioni. I nuovi membri devono anche acquistare le controculture che si sono sviluppate in Occidente. Non è ancora il momento. Entrano nell’Unione nello stesso tempo come degli ingenui e dei viziosi. Ingenui perché non conoscono le pratiche dell’Europa occidentale da cui sono stati colpiti per decenni; e come dei viziosi perché hanno vissuto il “socialismo reale” e hanno interiorizzato queste deformazioni.

D. E’ un cocktail esplosivo…

R. L’Europa ha bisogno di un lungo tirocinio. I futuri membri non sono completamente guariti dalle ferite troppo profonde della storia e non hanno portato a termine l’indispensabile lavoro critico sul passato e sul comportamento attuale. Vedo qui riapparire fenomeni caratteristici del 1930. La cultura nazionale si trasforma in ideologia della nazione. O contrariamente a ciò che crede Samuel Huntington, non sono le culture che entrano in conflitto ma le culture degradate in ideologie. Nelle istituzioni europee che hanno preparato l’allargamento, la questione della cultura raramente è stata posta, soltanto in margine, come dato per acquisizione della coscienza. Ho cercato di classificare, con più alternative, i diversi modi in cui l’Europa è vista da “l’altra Europa”:  sarebbe auspicabile che l’Europa del futuro fosse meno europeocentrica di quella del passato, più aperta agli altri rispetto all’Europa coloniale, meno egoista dell’Europa delle Nazioni, più Europa dei cittadini che Europa di quei paesi che si sono fatti la guerra, più comprensiva che arrogante, più culturale che commerciale, più “socialista dal volto umano” (nel senso che davano a questa espressione qualche tempo fa certi dissidenti dell’ex-Europa dell’Est)  e meno capitalista senza identità. A questo proposito, si vede come certi paesi anticamente comunisti si gettino in un capitalismo selvaggio che non ha più corso in Occidente da molto tempo.

D. Le riunificazioni dell’Europa rappresenteranno un lungo cammino?

R. Il prossimo allargamento non è un punto di arrivo, ma l’inizio di un processo eterogeneo di convergenze di cui non vediamo ancora la fine.

 

Traduzione di Daniela Bernard