Grand Tour
3 novembre 2002
Queste
brevi note sul patrimonio culturale delle città mediterranee sono il risultato
di riflessioni che con Michele Capasso abbiamo elaborato durante il nostro
periplo mediterraneo.
Ogni
città, in una sua misura, vive dei propri ricordi. Le città mediterranee,
probabilmente, più delle altre. In esse, il passato sempre fa concorrenza al
presente. Il futuro si propone più all’immagine del primo che del secondo. Su
tutto il perimetro del “Mare Interno”, la rappresentazione della realtà si
confonde facilmente con la realtà stessa.
Il
discorso sulla città mediterranea si sviluppa prevalentemente in termini di
storia e di geografia, di architettura o di urbanistica, senza esaurirvisi. Si
nutre di evocazioni di diverso tipo o di reminiscenze, di approssimazioni. Il
patrimoni culturale - artistico, architettonico, archeologico, ambientale -
delle città mediterranee rappresenta la memoria ed il futuro delle città
stesse.
L’idea
di un Mediterraneo costituito da molteplici rotte, marittime e terrestri, presuppone scali diversi: punti di partenza
e di arrivo, approdi e porti, “una rete di città che si tengono per mano”,
come dice lo storico Braduel. Sono luoghi che cambiano in continuazione, pur
conservando i loro tratti più riconoscibili. Le trasformazioni fanno insorgere
nostalgie. In tal senso, il discorso sulla città mediterranea si fa
sentimentale: ciò vale ugualmente per il patrimonio culturale e per
l’immaginario che l’accompagna.
Alcuni
specialisti sostengono che in area mediterranea le città non nascono come altrove
– in quanto evoluzione di un villaggio – anzi, sono esse a originare villaggi
tutt’intorno e a determinarne la funzione.
Una
nomenclatura piuttosto comune si compiace di evocare e di presentare
ordinatamente diverse serie di elementi, di fenomeni o di caratteristiche
riguardanti l’organizzazione o il funzionamento della polis o della
politica: costruzioni e istituzioni, statuti e cerimonie, amministrazione e
catasti, bandiere, blasoni e sigilli, piazze pubbliche, torri e fortezze,
scalinate, “castelli in aria”.
Bisogna
sapere distinguere, meglio di quanto non si faccia abitualmente, le città
costiere nel senso comune del termine dalle città portuali vere e proprie.
Nelle prime, i porti sono stati spesso costruiti per necessità, mentre nelle
altre sono comparsi in modo assolutamente naturale. Gli uni restano quasi
sempre pontili di imbarco e di sbarco o ancoraggi, gli altri diventano spazi
particolari, talvolta dei mondi. Non è possibile immaginare il Mediterraneo
senza quei porti.
Sono
città che “ci seguono dappertutto”, a quanto dice il poeta di Alessandria: ci
inseguono persino nei sogni. “La città non possiede per sua natura
quell’unità assoluta che alcuni le attribuiscono”. Questa considerazione,
così premonitrice, ci proviene dall’antichità, formulata dallo “Stagirita”. Tre
giorni dopo la presa di Babilonia, ricorda ancora Aristotele nella “Politica”, “un
intero quartiere della città ignorava l’avvenimento”. Le città che hanno
componenti troppo eterogenee o ripiegate su sé stesse, sono votate alla perdizione.
Secondo un altro avvertimento, che figura nella “Repubblica” di Platone, “la
città non dovrebbe mai estendersi oltre il limite in cui, pur essendosi
ingrandita, conserva la sua unità”.
Questi
saggi consigli sono stati seguiti raramente. Le città mediterranee hanno avuto
la loro evoluzione perdendo o ritrovando unità o coerenza nel passato o nel
presente. Il loro splendore, il loro ricco patrimonio culturale e, in modo
altrettanto evidente, le loro eclissi ne portano cicatrici. Oggi esse condividono
numerosi problemi con le città continentali, distanti dalle coste. Si tratta di
questioni di conservazione o di gestione, di esiguità di spazio o di estensione
eccessiva, di pianificazione del territorio e di salvaguardia ambientale, di
costruzioni abusive o selvagge, di immigrazione e di rigetto, di comunicazione
tra i cittadini, tra “vecchi abitanti” e “nuovi venuti”, dei
mutati “diritti della città”, della difesa e valorizzazione del
patrimonio culturale.
Da
qualsiasi punto di vista, non si troveranno facilmente modelli urbani allo
stato puro. “Sono gli uomini che costituiscono le città e non i muri
soltanto o le navi senza passeggeri”, ricordava Tucidide, all’alba dell’età
storica. Gli uomini di cui parlava si sono mescolati nel corso dei millenni.
Nessuna “epurazione etnica” riuscirebbe più a separarli compiutamente
gli uni dagli altri.
E’
possibile immaginare la città senza ricordare le città del Mediterraneo?
Esse, con il loro immenso patrimonio culturale, sono a tal punto impresse nella
nostra memoria che qualsiasi degrado dovessero subire non basterebbe a
cancellarle, e nemmeno a renderle sgradevoli.