“IL PICCOLO”

 

27 gennaio 2001

 

 

Un duello tra autori polacchi per il Premio Trieste

 

Un duello tra grandi registi, giocato in casa. Dovrebbe concludersi così la dodicesima edizione di Alpe Adria Cinema, che abbasserà il sipario questa sera al Teatro Miela. A contendersi il Premio Trieste per il miglior lungometraggio, infatti, sembrano favoriti due grandi nomi della cinematografia polacca: Jerzy Stuhr, che ha tratto il suo “Grande animale” da una sceneggiatura inedita di Krzysztof Kieslowski, e Krztszyof Zanussi, di cui proprio ieri sera è stato proiettato il film “La vita come malattia mortale sessualmente trasmissibile”.

Ma com’è di rito nei festival, non sarà facile scegliere il vincitore. Anche perché la giuria, composta dai registi Corso Salani, Ildikò Enyedi e Zelimir Zilnik, ha a disposizione un solo premio. E se è vero che Stuhr e Zanussi sembrano i più accreditati a uscire vincenti da questa dodicesima edizione della rassegna, non bisogna dimenticare i numerosi outsider. I film, i registi che, all’ultimo momento, potrebbero inserirsi nella volata finale e battere tutti.

Se per qualche motivo le candidature di Stuhr e Zanussi dovessero impallidire, fino a tramontare, senza dubbio salirebbero le quotazioni di Jan Hrebejk. Il regista della Repubblica Ceca, infatti, ha conquistato il pubblico del Trieste Film Festival con un film bellissimo e originale: “L’unione fa la forza”. Di questa storia, ambientata in una cittadina ceca durante l’occupazione nazista, è piaciuto soprattutto la capacità di raccontare con tocco leggero una delle tragedie più cupe della storia. Una segnalazione meriterebbero anche il film del russo Vitalij Melnikov, “Quel giardino pieno di luna”, deliziosa commedia degli amori perduti che si manifestano nuovamente quando la vita è ormai al capolinea, e “England!” del tedesco Achim Von Borries, dove i sogni di un russo che se ne va di casa per raggiungere l’Inghilterra, passando per l’Austria, si infrangono contro gli scogli di una società ormai priva di fantasia, di sentimenti.

Uno dei momenti più intensi di Alpe Adria Cinema è stata la proiezione di “Cuori senza frontiere”. Il film, che Luigi Zampa venne a girare sul Carso triestino nel 1950, è passato sullo scermo del “Miela” nella copia restaurata dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con la Cineteca del Friuli ed Eurowanderkino. In una sala strapiena di spettatori, comparse, ragazzini scritturati per la lavorazione del film (tra cui l’assessore comunale Fabio Neri), Tullio Kezich e Callisto Cosulich, incalzati dalle domande di Annamaria Percavassi, hanno rievocato i primi “ciak”, l’atmosfera sul set, i mille problemi da risolvere.

“Siamo stati presi a sassate – ha detto Kezich – perché gli sloveni pensavano che “Cuori senza frontiere” fosse un film contro di loro. Poi, la produzione cominciò a distribuire soldi, a ingaggiare comparse, a far lavorare le trattorie, gli affittacamere e gli animi si placarono”. Zampa, infatti, si era imbarcato in un progetto importante: raccontare la divisione di un paesino carsico, con una sottile linea bianca, per separare la Repubblica italiana da quella jugoslava.

Su quel set, accanto a Raf Vallone e Gina Lollobrigida, Kezich ha cullato i primi sogni cinematografici. “Direttore della fotografia era il grande Carlo Montuosi. Lui insisteva perché frequentassi il Centro Sperimentale di Roma, ma io volevo imparare il mestiere sul campo. Così, quando mi fecero ripetere un sacco di volte la scena in cui vestivo i panni di un tenente jugoslavo, lui cominciò a urlarmi “Coglione, vai al Centro”. Adesso se ci penso, quell’insulto valeva più di un Premio Nobel”.

Questa sera, dopo le premiazioni delle 20, anteprima del film di Pat Murphy “Nora”, girato a Trieste e tratto dalla biografia della moglie di James Joyce scritta da Brenda Maddox.