19
giugno 2003
Capitali contro
di Marina Giaveri
Sarà Napoli o Milano la “capitale del Mediterraneo”? Napoli, luogo aperto all’incontro e alla memoria di civiltà, sede feconda di contaminazione culturale; Napoli con i suoi musei e le sue università, i suoi corsi di laurea sul Mediterraneo e la Fondazione Laboratorio Mediterraneo è stata la risposta data l’11 giugno scorso a Roma, quando è stata costituita al ministero degli Esteri la Rete italiana per il dialogo fra le culture, struttura di coordinamento fra università, fondazioni e organismi di alta cultura già operanti in area italiana. Milano, laboratorio dell’Italia imprenditoriale, delle nuove professioni e della finanza, città a vocazione internazionale, “glocal” (global + local), ha risposto in questi giorni la Camera di commercio milanese, con un convegno organizzato proprio sulla Borsa e intitolato:”Laboratorio euro-mediterraneo. Le linee di un’integrazione possibile”, con l’intervento dei ministri Tremonti e Marzano.
La via milanese al Mediterraneo (come l’ ha definita sul
“Corriere della Sera” Bruno Ermolli, presidente della
Promos, azienda speciale della Camera di commercio di
Milano) è fatta di partenariati e promozioni di
piccole-medie imprese, di finanziamenti agevolati e, forse, di quella Banca
Euromediterranea (proiezione della Banca Europea degli Investimenti) già
vagamente proposta nel “Barcelona Process”,
la conferenza dei ministri degli esteri dell’Unione Europea e di 12 Paesi del
Mediterraneo tenutasi nel 1995 nella città catalana.
In quell’occasione si era disegnato un quadro futuro
dell’area mediterranea che la realtà attuale si è incaricata duramente di
smentire. Non solo, infatti, è difficile immaginare che entro il 2010 si possa
costituire la zona mediterranea di libero scambio contemplata nel “Barcelona Process”, ma appaiono
deludenti i risultati di quell’attività comunitaria che dovrebbe muoversi lungo
le tre direttrici di un partenariato politico e di sicurezza (il più finanziato),
di un partenariato economico-finanziario e, ultimo, di un partenariato sociale,
umano e culturale.
Mentre procede rapidamente l’integrazione europea, quella
euromediterranea sembra bloccata: negli otto anni intercorsi da Barcellona, gli
squilibri fra sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo appaiono aggravati –
piuttosto che ridotti. Sembra dunque che lo schema a tre direttrici del 1995
debba essere ridiscusso in seno alla Unione Europea, con una ridefinizione degli obiettivi e un adeguamento delle risorse
destinate all’integrazione euromediterranea.
Intanto il semestre di presidenza italiana dell’Unione
Europea si è fatto imminente: e appare naturale, soprattutto in considerazione
dei molti rilievi di “balticizzazione” della nuova
Europa allargata, il rilancio, da parte del nostro Paese, del proprio ruolo di
“ponte mediterraneo”.
In questo contesto sembra altrettanto naturale il fiorire
di varie, possibili “capitali del Mediterraneo”, disposte a ospitare le
conferenze, a orientare le funzioni, ad aprire le fondazioni per gli auspicati
processi di cooperazione euromediterranea.
Milano punta sulla finanza: proponendosi come sede per la
futura Banca Euromediterranea, progetta la costituzione dell’Euro Med Fund, un fondo euromediterraneo per “facilitare l’ingresso
nell’area nord africana delle aziende milanesi ed europee e lo sviluppo delle
imprese locali”.
Napoli – come prevede la Rete italiana per il dialogo fra
le culture – sottolinea la necessità di un riorientamento
delle priorità rispetto al passato, e punta sulla formazione a diversi livelli
e sul dialogo culturale.
Ma già quest’oggi, 19 giugno, il Forum Meditrend di Palermo riproporrà la Sicilia quale “snodo
delle attività commerciali per il Sud”…
Il dibattito è aperto.