IL MATTINO

30 ottobre 2003

 

 

Un grande botto, Bagnoli saluta il passato

Le sirene e poi l’esplosione: le quattro torri si sbriciolano. America’s Cup: definito a Palazzo Chigi il contratto con Alinghi

 

 

di Luigi Roano

 

Una fiammata di colore rosso e azzurro e poi un botto assordante accompagnato da uno spostamento d’aria che ha fatto tremare il respiro e tremare le vene ai polsi. Sono le ore 16 di un mercoledì piovoso e l’abbattimento delle quattro torri caldaie dell’ex Italsider è iniziato, la dinamite piazzata dagli artificieri dei carabinieri sta facendo il suo lavoro. Il botto è preceduto dall’urlo di tre squilli di sirena e non dalle note del sax di Daniele Sepe come quando vennero giù, sempre a colpi di dinamite, i primi pezzi dell’ex Italsider a Bagnoli: si era nel 1998.

Meno di due secondi dopo l’esplosione, le caldaie-torri si disfano al suolo alzando una nube di polvere bianca e grigia che, spinta dal forte vento e dagli scongiuri di Carlo Borgomeo, amministratore delegato della Bagnolifutura, investe in pieno le palazzine di via Crocchia abitate ora dai figli e dai nipoti degli ex caschi gialli. La nube, dunque, risparmia la zona dell’acciaieria e l’edificio, dove ha sede la società di trasformazione urbana, e invece imbianca le case che furono degli operai. E’ l’ultimo saluto della fabbrica al quartiere caratterizzato per quasi un secolo dalla sua presenza e dai suoi camini. E’ anche l’ultimo pezzo di ferropoli, così come ribattezzata la fabbrica da Ermanno Rea nel romanzo “La dismissione”, che va via. Le caldaie-torri erano l’ultimo simbolo dell’era dell’acciaio a Napoli.

Ma quello di ieri non è stato un momento di malinconia, piuttosto una cerniera che si apre sul futuro. Perché mentre le torri venivano giù (“Un forte segnale per gli svizzeri” ha spiegato la Iervolino) da Roma arriva la notizia che il contratto fra Napoli e il team Alinghi è stato definito, ma perché si concretizzi e si possa firmare occorre che il Consiglio comunale approvi entro la prima settimana di novembre le modifiche al piano di Bagnoli, il porto più grande, perché effettivamente la manifestazione velica più importante del mondo approdi nell’area occidentale. Si pensa al domani come testimonia la gioia del sindaco che insieme alla sua famiglia, inclusi i nipotini, ha assistito all’abbattimanto. Subito dopo il botto ha abbracciato il vicesindaco Rocco Papa e mezz’ora dopo l’esplosione, quando l’odore acre dell’esplosivo si sentiva ancora forte nell’aria, le ruspe stavano già lavorando per rimuovere i resti delle quattro torri alte 77 metri e dal peso di oltre 2000 tonnellate. Subito al lavoro le ruspe non solo per restituire a Bagnoli l’antico panorama non più ingombrato da quei grattacieli di metallo e cemento, ma anche per aprire presto quella finestra sul futuro che il quartiere aspetta da 13 anni. Da quando cioè nel novembre del ’90 chiuse l’area a caldo della fabbrica che allora contava ancora 1800 operai. I pezzi delle torri saranno rivenduti probabilmente all’Ilva di Taranto e parte dei quasi due milioni di euro spesi per mandarle giù verranno così recuperati.

Tocca al sindaco il primo commento: ”E’ un momento emozionante che aspettavamo da tanto tempo per accelerare la bonifica”. Poi al casco giallo in servizio permanente effettivo più lungo, un reduce, Domenico Palmieri, che dal 1963 lavora nell’acciaieria: “Anche per me questo è un momento di speranza più che di malinconia, Bagnoli è la mia vita e spero di vederla rinascere”. E Rocco Papa scende in campo: “Inizia un nuovo periodo e bisognerà lavorare intensamente per il futuro: entro il 10 gennaio verrà assegnata la gara d’appalto. Sono convinto che l’inquinamento che verrà trovato sarà minore di quello previsto”. Per Carlo Borgomeo: “Il piano di bonifica coincide nei tempi e nei modi con la Coppa America. Se gli svizzeri non dovessero scegliere Napoli farebbero un grande errore”.