Stavolta lo confermano i numeri. E’ al sesto posto nel
traffico container e tra i primi due per quello crocieristico.
Il porto di Napoli sta diventando il più grande polmone economico della
Campania. E c’è un’altra bella novità: i privati, per la prima volta, stanno
facendo grossi investimenti. Nella cantieristica, nei terminal, nelle
attrezzature, nella crocieristica. “E quando i
privati ci mettono i soldi — dice Francesco Nerli,
presidente dell’Autorità Portuale — be’, significa
che le cose funzionano”. Trascurato per decenni, depredato da fameliche
congreghe che controllavano banchine e moli, si è voltato pagina. La riforma
ha liberalizzato il mercato. E questo ha permesso il radicarsi dei terminalisti e di nuove figure imprenditoriali. Così lo
scorso anno lo scalo ha raggiunto i 19 milioni di tonnellate di merce.
Confermando le previsioni degli esperti: Napoli avrà la funzione di
piattaforma logistica avanzata del Sud Europa.
Una parte del merito è legata a un fatto nuovo: dopo due secoli, il
Mediterraneo è ritornato ad essere centrale. Tanto che nei prossimi dieci
anni il traffico delle merci, già ora fittissimo, aumenterà di almeno dieci
milioni di container.
Ma quali riflessi sta avendo questa crescita sulla città? Per saperlo bisogna
girare la domanda a Nerli, un livornese di 55 anni
catapultato a Napoli dopo aver maturato esperienze di lavoro nel settore ad
altissimo livello. Ecco l’intervista che ha rilasciato al Denaro.
Presidente, i cinesi, con il gigante Cosco,
sono diventati il primo cliente del porto. Perché?
Perché
la Cosco e le grandi compagnie cercano spazi
liberi. E una volta trovati, li occupano. Poi c’è un motivo strategico: da
qui si può caricare o sbarcare merce destinata alla nostra area, così come si
possono intercettare i grandi traffici. Infatti siamo fra i due-tre porti italiani col maggior numero di linee
internazionali verso gli Usa.
Però nel Mediterraneo i traffici crescono più dei nostri
progetti. Perché non corriamo di più?
Perché
gli impianti del porto sono sfruttati già al massimo. Solo con nuove opere
potremo aumentarne la capacità e la sicurezza.
Di quali opere parla?
Nei due anni e mezzo di mia presidenza si stanno completando lavori per
cento miliardi di vecchie lire. Riguardano i prolungamenti dei moli Bausan, Flavio Gioia, Immacolatella
Vecchia. In più abbiamo tombato il Pollena. Pensi che il Bausan
non poteva ospitare navi full container dell’ultima generazione. Ora può. E al
Flavio Gioia, dove i lavori erano bloccati da un decennio, ora potrò
concluderli ampliando di diecimila metri quadrati il molo.
Lei vuole cambiare l’intera linea di costa da san Giovanni a Bagnoli.
Scusi, in che modo?
Con due iniziative centrali: il nuovo Terminal di Levante ad est (250mila
metri quadrati) e la Holding Pubblica a ovest. L’undici novembre si riunirà
il consiglio di amministrazione della società e decideremo l’iter per
l’affidamento della progettazione dell’area. Si tratta, per capirci, di un
ammodernamento di un chilometro e mezzo di linea portuale.
E che ruolo avrà la holding?
Rimarrà sempre pubblica, anche in futuro. Nel senso che dovendo decidere
sul waterfront, un’area complessa perché comprende
spazi urbani cuore della città, dovremo farlo in sinergia con le istituzioni
locali.
E per la Stazione marittima?
Daremo vita a una società con il cinque per cento in mano pubblica e il
rimanente ai privati.
Con quale criterio li sceglierete?
Vorremmo dentro almeno tre compagnie e un operatore aeroportuale. Cioè
ipotizziamo una spa dove nessuno abbia la
maggioranza delle azioni.
Però c’è già una società che opera nella Stazione marittima…
Sì, la Terminal Napoli (Lauro-Aponte), che ha
chiesto l’allungamento della concessione a trent’anni e l’allargamento degli
spazi. La condizione è che questa società deve far posto anche ad altri
soggetti. Si potrebbe ipotizzare: il 55 per cento a tre nuove compagnie e il
40 a Lauro-Aponte. In ogni caso la trattiva è a buon punto.
Come vede, dal porto, la Napoli del futuro?
Stanno venendo a maturazione molte idee. Mi creda, sarà assai diversa
dall’attuale. E’ già partita la gara per il porto turistico di Vigliena. Per la zona orientale presenteremo una nostra
proposta e tra qualche anno tutta l’area da Vigliena
a Pietrarsa cambierà volto.
E poi cos’altro cambia?
La viabilità della zona orientale. Via quella esistente, ne costruiremo
un’altra destinata solo al porto. E col Pit Napoli,
sarà realizzato il sottopasso dall’Immacolatella
vecchia alla galleria Vittoria. La strada in superficie servirà solo per il
porto, il rimanente traffico viaggerà sottoterra. I lavori partiranno già nel
2004.
Presidente, non crede di elencare l’indice del libro dei sogni?
No. Il fatto che sia stato tutto bloccato per anni non vuol dire che non si
può far niente. Ripeto, siamo alla vigilia di grandi mutamenti: in dieci anni
Napoli sarà completamente diversa.
E per finire c’è odore di Coppa America…
Sì, sarà l’Autorità Portuale a decidere in merito al progetto per il nuovo
porto di Bagnoli. Abbiamo già dimostrato ad Alinghi di saperlo fare in
sicurezza. Anche il governo centrale ha fatto la sua parte (fisco e
investimenti). E ora aspettiamo il responso di Bertarelli. Vede, quando ci
sono obiettivi forti realisticamente si trovano il modo, l’intelligenza e la
volontà politica.
E se Bertarelli dice no?
Non sarà la fine del mondo: si realizzerà lo stesso la Cittadella della
Vela e il porto turistico da 700 posti barca.
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