IL
MATTINO
30 novembre 2003
di Almerico Di Meglio
Conferenza stampa terminata, il ministro Franco Frattini s’avvia all’uscita.
«Che cosa pensano gli americani dell’accordo sulla difesa comune?». Il volto
gli si apre in un sorriso a trentadue denti, stende la mano pollice in su.
«Devo aggiungere altro?». E va via.
Si è concluso così, ieri a Napoli, il conclave dei
ministri degli Esteri dell’Unione europea. Il sipario è sceso con mezza
giornata d’anticipo e una mezza intesa generale, che però può valere per
intero. «Il risultato è andato al di là di ogni previsione, tutti abbiamo
compiuto grandi passi avanti per un accordo complessivo entro dicembre», ha
assicurato il capo della Farnesina. E al primo dei ”diplomatici” dell’Italia si
può forse dar credito. Giunti divisi al conclave, i Venticinque porteranno
nella valigia al prossimo vertice dell’8 e 9 dicembre a Bruxelles - vigilia del
Consiglio dei capi di Stato e di governo del 12 e 13 - alcuni importanti compromessi
già confezionati e non poche, né secondarie, dichiarazioni d’intenti pronte ad
esser trasformate in patti.
Il conclave ha approvato l’intesa tra Francia, Germania,
Belgio e - miracolo - Gran Bretagna per una cooperazione militare rafforzata,
aperta a tutti i partner, embrione delle future forze armate dell’Unione:
”complementari” e non ”alternative” alla Nato e con una quartier generale
definito «cellula» operativa e di pianificazione (e certamente molto vicino a
quello dell’Alleanza) per non far arricciare il naso ai sospettosi alleati
statunitensi. «Abbiamo raggiunto una larga convergenza, che sembrava
difficilissima ancora poche settimane fa, sul progetto di difesa comune», ha
dichiarato Frattini, sottolineando come siano state conciliate le visioni originariamente
diverse dei ”fondatori” del progetto-Tervuren (Francia, Germania, Belgio e
Lussemburgo) e degli altri Paesi. La cooperazione strutturata - libertà
d’entrarvi come di uscirne - presuppone la «disponibilità di un contingente
pronto a partire rapidamente, a rimanere sul terreno piuttosto a lungo,
impegnabile anzitutto su richiesta dell’Onu e poi per iniziative autonome
europee. Capacità militari e complementarietà con la Nato sono due pilastri che
l’Italia ha sempre indicato e che oggi sono diventati patrimonio comune di
tutti». Il protocollo potrebbe essere approvato al Consiglio europeo, in modo
da farlo coincidere con «il varo del trattato costituzionale».
Toccherà al Consiglio sciogliere il nodo del ”voto
ponderato” (su cui non cedono Spagna e Polonia) o a ”doppia maggioranza”. Il
conclave ha deciso di non decidere. E non è escluso che anche il Consiglio vi
rinunci, almeno fino al 2009 quando, secondo la bozza della Convenzione, non
avrebbe più valore quanto stabilito al vertice Ue di Nizza. «Perché litigare
ora? Perché non discuterne più in là?», ha affermato il britannico Jack Straw,
dicendo di condividere il suggerimento della presidenza italiana. Frattini ha
smentito l’ipotesi di «una clausola di ”rendez-vous” al 2009», salvo aggiungere
che «chi si è pronunciato per Nizza ha argomentato che è necessario verificare
se quel sistema funziona e gli altri hanno obiettato che questo non impedisce
di prendere nel frattempo decisioni su quale sistema dovrà eventualmente
entrare in vigore nel 2009». Tuttavia, «siamo tutti convinti che il sistema di
voto previsto dal trattato di Nizza resterà in vigore fino al 2009 e quindi
potrà dimostrare se funziona bene o male». Pertanto, «anche le preoccupazioni
di quanti dicono che si debba cambiare partiranno da questa data». Soddisfatti
spagnoli e polacchi. Soddisfatti anche gli altri. La diplomazia ha evitato,
almeno per ora, vincitori e vinti. Fatta eccezione per il tedesco Joschka
Fischer: la Germania (30% del pil dell’Unione e 82 milioni di abitanti) non vuole
contare quanto Paesi con la metà dei suoi abitanti e un terzo del suo pil.
A proposito del sistema di voto a doppia maggioranza (51%
degli Stati e 60% della popolazione), «è emersa una larga convergenza» per
equiparare le due percentuali: 50% e 50% o più, fino a un tetto di 62%-62%
affinché venga «rispecchiato il peso eguale degli Stati e della popolazione».
Un’altra «larga convergenza» si è registrata sulla
composizione della Commissione, ostacolo fino all’altra sera difficile da
superare. Ogni Paese potrà contare - «almeno nella fase di allargamento
dell’Ue» - su un commissario con pieni poteri. Si cancella la proposta dei
commissari ”a rotazione”: quindici con pieni poteri e dieci senza diritto di
voto. Ma non del tutto. Resta, infatti, «una porta aperta per una riflessione
su una futura Commissione più snella e agile, tra una o due legislature».
Qualcuno l’ha prospettata con diciotto membri. «Passi avanti» anche sulla
questione della rappresentanza minima nell’europarlamento, dove i Paesi si
suddividono in grandi, medi, piccoli e piccolissimi. A quest’ultimi erano stati
destinati quattro parlamentari. Nel conclave tutti si sono dichiarati d’accordo
ad aumentarli. Ne chiedono sei ciascuno, probabilmente ne avranno cinque.
Infine, il Patto di stabilità. Nessuno l’ha messo in
discussione, tutti sottovoce hanno rilevato che mercati e Borse hanno reagito
bene alla decisione dell’Ecofin. Prodi ha protestato. No comment di francesi e
tedeschi. Per gli inglesi «il Patto va adeguato alla realtà». Frattini: «Le preoccupazioni
sono sempre d’aiuto se contribuiscono al raggiungimento del risultato finale».