18 maggio 2004 |
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Dialogare con il
mondo islamico è possibile
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di Vincenzo Marzuillo |
La Maison de la Méditerranée ha tenuto a
battesimo, venerdì 14 maggio, il primo di una serie di workshop
internazionali sul tema: “Islam e democrazia nel Mediterraneo”. L’incontro, fortemente voluto
dall’Assessorato ai Rapporti con i Paesi del Mediterraneo della Regione
Campania e dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo, ha messo in luce,
ancora una volta, l’importanza dell’esistenza di una rete euromediterranea
per il dialogo tra le società e le culture delle nazioni che si affacciano
sul cosiddetto “mare nostrum”.
“La possibilità di portare la democrazia in
nazioni coma l’Iraq - afferma Esposito- passa attraverso strumenti come la
road map e la valorizzazione della religione, che è oggi fondamentale per la
costruzione di uno Stato. In molte nazioni mediorientali, infatti, i governi
non sono stati eletti democraticamente e si reggono su un ordine garantito
soltanto con la forza dai militari”. “In realtà, questi popoli - continua
Esposito vogliono molti degli elementi che fanno parte del nostro concetto di
democrazia, ma non vogliono che quest’ultima sia imposta dall’Occidente ed in
tal senso, la Turchia rappresenta un esempio da seguire”. Il primo a sottolineare il valore di questi
seminari è stato Claudio Azzolini, deputato di Forza Italia e vicepresidente
dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che, al contempo, ha dato
atto della necessità della presenza della città di Napoli all’interno di un
processo culturale e di relazioni a livello internazionale. “In questo quadro politico e culturale -
continua Azzolini - non bisogna confondere il concetto di libertà di
religione con quelli portati avanti da realtà estreme. Dobbiamo stabilire
relazioni che consentano la convivenza pacifica fra i popoli ed il bisogno
reciproco l’uno dell’altro”.
“Proprio per questo motivo - afferma ancora
Bassolino - non si può imporre la democrazia, come ultimamente si è cercato
di fare, ma bisogna aiutare la crescita di chi ci sta vicino. In Iraq si
sarebbe dovuto prestare maggiore attenzione e ci sarebbe dovuto essere più
impegno a livello internazionale, per non consentire agli integralisti di
alzare una bandiera sanguinaria”. “Bisogna tenere ben presente - dice Michele
Capasso - che solo una minoranza del mondo arabo appartiene all’Islam, che
soltanto alcune schegge di questa realtà sono dei terroristi e che non si
possono quindi condannare tutti per la colpa di qualcuno”. Gli arabi, conclude Capasso, “Hanno oggigiorno
una sopita, ma forte memoria del colonialismo e su questo scaricano le loro
frustrazioni; dobbiamo, allora, evitare di guardare all’Islam con terrore e
bisogna, invece, instaurare un clima di dialogo”. |
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