"IL DENARO"

14 dicembre 1996

L’Albania e il Mare Nostrum tra passato e presente

di Michele Capasso

Giovedì 12 dicembre 1996. Tirana. Si discute dell’Albania e del suo rapporto con il mare Adriatico. Il nome "Mediterraneo" qui è poco usato. L’Adriatico viene a volte considerato quasi un lago, a volte invece viene visto come una grande "via marittima", senza sentire in esso l’unità e l’identità del Mediterraneo. Continua il nostro viaggio attraverso i Popoli che si affacciano o convergono sul Mediterraneo.Nella mia memoria l’Albania è quella delle immagini di Scutari alla fine degli anni ’60. Da adolescente visitai quei luoghi sconosciuti e desolati, attratto soprattutto dai volti scavati degli albanesi e dalla verginità di una natura forzatamente protetta dall’immobilità del sistema politico totalitario. Decisi, allora, di dedicare la mia prima mostra fotografica proprio a quel popolo. Oggi l’Albania è molto diversa. Alcuni dicono che è "senza eredi e senza alcuna eredità". Questo popolo d’oltre Adriatico si è riversato in Italia perché la nostra nazione è stata a lungo il suo riferimento culturale un grande miraggio ingigantito dai media, dai programmi delle nostre reti televisive e dalla grave crisi politica causata da cinquant’anni di regime totalitario albanese. Altri poi affermano che l’Albania si trova ancora sotto l’effetto di "una tragica ubriacatura collettiva". Un’ubriacatura che non riesce ad essere smaltita né dalle tragedie dei naufraghi né dai fallimenti di chi è venuto in Italia e in Europa a cercare "L’America" ed ha trovato solo rifiuto, emarginazione e, spesso, intolleranza. Entrambe le considerazioni sono estreme ed ignorano i recenti lenti sviluppi di una nazione che tenta, faticosamente, di recuperare il tempo perduto. Ma che cos’è oggi l’Albania Qual’è il suo rapporto con il Mediterraneo Chi giunge oggi a Tirana può ancora leggere e capire i guasti di un sistema totalitario che per decenni ha inibito valori fondamentali quali il libero pensiero, la democrazia, il libero scambio delle merci e delle informazioni, la solidarietà, il progresso. Tutto questo veniva considerato da quel regime "estremamente pericoloso". Gli albanesi sono sopravvissuti ad un lungo periodo di ibernazione morale e culturale, sognando per troppo tempo la libertà ed il consumismo.

L’Albania sta risorgendo con grandi difficoltà ed in maniera tortuosa. La situazione politica si avvia, con notevoli turbamenti, verso una struttura democratica. Tutto ciò avviene con lentezza e complessità. Le recenti elezioni dimostrano il notevole cammino ancora da percorrere per attuare il completo processo di democratizzazione. Esse si sono svolte a soli cinque mesi dalle contestate elezioni vinte dal Partito democratico del presidente Sali Berisha. Questa volta dall’Italia e dagli Usa sono giunti più di 400 osservatori per vigilare sul corretto svolgimento delle elezioni. Nonostante le iniziali difficoltà della giovane democrazia albanese questa opportunità è stata importante per restaurare la fiducia della popolazione nel sistema elettorale fiducia venuta meno nel maggio scorso quando, durante le elezioni, vi furono brogli a danno dell’opposizione. È convinzione di molti che alla fine la volontà popolare finirà con l’essere dominante. In Albania dal punto di vista economico la ripresa è forte e veloce, ma avviene in uno stato confusionale ed è basata soprattutto sulla riattivazione delle risorse interne, ma anche, purtroppo, sui finanziamenti che provengono – specie attraverso il Kossovo – dal traffico della droga e delle armi, controllati dalle nuove mafie internazionali ed è proprio il Kossovo lamina vagante dei Balcani che può esplodere da un momento all’altro peggio e più della Bosnia. Sull’ultimo numero di "Le monde diplomatique" viene dedicata un’intera pagina alla "questione albanese" definita "un’altra trappola dei Balcani". Tale affermazione non è molto esatta perché le tensioni degli ultimi anni – soprattutto con la Grecia e la Macedonia –, pur suscitando notevoli preoccupazioni all’inizio oggi sembrano definitivamente risolte. La rinuncia del governo albanese al progetto della "grande Albania" – oggi mitizzato solo da una minoranza di estremisti del Kossovo che non trova altri seguaci, ma che può condurre, se non controllato, ad una nuova pulizia etnica da aprte dei serbi – e l’atteggiamento positivo del nuovo governo socialista greco – che non ha dovuto costruire la sua credibilità politica interna ricorrendo ad esasperazioni nazionalistiche – hanno sciolto rancori e problemi comparsi in maniera preoccupante negli ultimi tempi. L’Albania si avvia verso una normalizzazione diplomatica attraverso una faticosa rinascita economica in un quadro politico confuso e contraddittorio che lentamente cerca di trovare il proprio riassetto. In questa evoluzione risente dell’incertezza oggi presente nelle democrazie occidentali, dove le strutture statali appaiono in crisi per il veloce processo di mondializzazione in essere che sta distruggendo antichi equilibri e consolidati sistemi di potere. Su questa strada, con tutte le difficoltà che non si possono ignorare in un’ Europa – occidentale ed orientale – dove nell’ambito del liberismo economico si introducono forze antisociali molto vive, l’Albania ha prospettive sicure di sviluppo. L’Albania è un paese tipicamente mediterraneo. Nel corso della sua storia ha avuto costanti contatti con altri popoli del Mediterraneo e dei Balcani. Ha avuto anche espansioni e commistioni. La sua costa ha i tratti tipicamente mediterranei, protetti inizialmente dall’immobilismo di regime e distrutti oggi da speculazioni senza coscienza. In questo senso l’Albania è una grande occasione perduta. Poteva costituire un grande esempio di patrimonio ambientale "protetto". E invece il suo territorio viene saccheggiato. Il paesaggio che vedo oggi è enormemente devastato rispetto a quello di alcuni anni fa. Oserei dire che è ancora più devastato di quello da dopo-catastrofe, cioè dopo la caduta del regime. Mi ha molto colpito in Albania la devastazione di alberi di ulivo divelti per far posto ad una moltitudine di chioschi e baracchini con sovrastanti insegne dai nomi italiani, europei, americani. Ognuno cerca di vendere tutto a tutti. Ci troviamo di fronte alla brutta copia di un capitalismo alterato, disinibito, privo del controllo tipico delle democrazie consolidate.

Le poche decine di miglia di mare che dividono questo paese dall’Italia assumono una dimensione senza tempo. Si ha la sensazione di trovarsi in luoghi allo stesso tempo abbandonati e violentati da una dissennata urbanizzazione. L’edificazione selvaggia si espande a macchia d’olio, partorendo periferie prive d’identità che causano il deterioramento dei rapporti umani. La memoria, i simboli, le identità sembrano svanire nel nulla. Molti albanesi oggi vivono nel rifiuto del passato e delle tradizioni, con l’ansia di appropriarsi di tutto ciò che è nuovo e diverso, anche attraverso l’occupazione in modo illecito e prepotente di ogni aspetto della vita sociale. Il sistema urbanistico, inesistente nel precedente regime, continua ad essere ignorato per ragioni economiche e per la povertà che ancora caratterizza gran parte della popolazione. Tutto questo potrebbe fare apparire l’Albania di oggi come un paese senza più storia, "abbandonato" dal Mediterraneo. E invece non è così. La cultura è in fermento e l’Università funziona bene, suscitando grande interesse e, soprattutto, grande passione. Dal punto di vista linguistico in Albania oggi c’è una lingua unitaria basata sulla neutralizzazione tra i due grandi dialetti il "greco" e il "tosco". Proprio in questi giorni Nullo Minissi, membro della nostra Fondazione, ospita nel suo laboratorio di fonetica – presso l’Istituto Universitario orientale di Napoli – il direttore della cattedra di linguistica di Tirana per effettuare ricerche sulla fonetica albanese. Questa lingua, che sopravvive ancora oggi in alcuni paesi italiani, si è formata come lingua nazionale fondamentale nel 1952. Si è sviluppata sul dialetto tosco ma anche sulla base di zone di neutralizzazione tra tosco e greco. Negli ultimi decenni la scuola linguistica e filologica albanese ha prodotto due importanti riviste e materiale di studio di notevole rilievo. Perché dobbiamo non abbandonare l’Albania Semplicemente per motivi storici e geografici. L’Albania ha bisogno della nostra solidarietà e del nostro sostegno. Da parte di molti italiani, purtroppo, si manifesta nei confronti degli albanesi immigrati nel nostro paese una "nevrosi da immigrazione extracomunitaria". Si ignorano i cinquant’anni di storia durante i quali l’Albania ha vissuto in simbiosi con l’Italia.

Concludo con alcuni brani di Ismail Kadaré tratti dalla raccolta "Le spiagge d’Inverno" (ed. A. Dadò) "passò così / il tempo dell’infanzia, / corse, sollevar polvere e urla dietro una palla di stracci. / Una palla di stracci, / stracci grigi d’Albania". Continua Kadaré "come un mattino mite, / l’ansia ormai stemperata, viene la fine del millennio / senza apocalissi". E conclude "immutabile come sempre/di nuovo giunge l’autunno".