23 luglio 2004
di Ippolita di Majo
Stracciando i veli: donne artiste dal mondo islamico, è il titolo della Mostra, organizzata dalla Royal Society of Fine Arts di Amman in collaborazione con la Rete Mediterranea di Artiste Donne F.A.M. (Femme-Art-Méditerranée) di Grecia; una mostra insolita, approdata a Napoli, città radicalmente inscritta dentro la storia della civiltà e degli imperi del Mediterraneo, grazie all’impegno della Fondazione Laboratorio Mediterraneo (Palazzo Reale, Salone d’Ercole: 12 luglio-15 settembre 2004; h. 9.00-20.00 escluso il mercoledì).
Il percorso espositivo si
articola attraverso le opere di 51 artiste provenienti da 21 diversi paesi il
cui comune denominatore, dall’africa al Medioriente all’Asia, è costituito
dall’appartenenza alla cultura islamica. Paesi per lo più nella nostra memoria
di occidentali ad un passo recente di sfruttamento coloniale, oppure teatri di
guerre ancora in corso, feroce eredità della denominazione imperialista. Si tratta
di un progetto programmaticamente volto ad una politica di pacificazione, il
cui obiettivo, nell’affiancare figure di artiste provenienti da paesi in guerra
fra loro, consiste nel “diffondere la pace attraverso l’arte, accrescere la
comprensione verso le donne artiste e correggere l’immagine distorta delle
donne islamiche”, come viene spiega nell’introduzione al catalogo la
principessa Wijdan Ali, presidente della Royal Society.
Le opere presenti in mostra
provengono tutte dalla collezione permanente della Jordan National Gallery of
fine Arts, fondata nel 1980, una cospicua raccolta pubblica d’arte
contemporanea, prevalentemente araba e islamica, e qui il termine “islamico” va
inteso in senso culturale e non religioso, che offre un forte nucleo di artiste
donne. Sono donne di fede diversa (cristiana, islamica, buddista, induista), o
anche laiche, che affrontano tematiche sempre attraversate dall’impegno
politico e civile, e da tensioni femministe, sperimentando materiali e tecniche
differenti – dagli oli e gli acrilici alla sabbia, dall’acquarello alla
serigrafia , dal collage alla stampa fotografica trattata – con una bagaglio
espressivo e di mestiere spesso indissolubilmente legato alla cultura dei paesi
di provenienza.
E’ questo il caso della sabbia del
deserto impastata con colori ad oli e con vernici acriliche dalla pittrice
giordana Suha Shoman, o ancora dei numerosi dipinti dove pesa con forza la tradizione musulmana aniconica
e viceversa sensibilissima alle bellezze dell’ornato, dei motivi decorativi, e
della calligrafia come nel caso della tunisina Rym karoui.