IL DENARO

26 giugno 2004

 

 

L’Italia dovrà dare il buon esempio e firmare per prima

 

 

di Claudio Azzolini

 

La lettura di un europeista convinto della firma della Convenzione per la Costituzione europea non può essere positiva.

Anche se deve essere letta in tutta la sua portata. Si tratta di una decisone storica e irrevocabile e, il processo di un’unificazione europea che seguirà, sarà condizionato da quest’assunzione iniziale di responsabilità. Così dicendo non voglio aprire un fronte sulla questione relativa al referendum, strumento piuttosto abusato, i cui risultati, chiari e inequivocabili, sono stati alcuni volte inattesi, nonostante fossero decretati a livello plebiscitario.

Voglio puntare sulla responsabilità e la credibilità internazionale dell’Italia che dovrà provvedere alla ratifica del Trattato europeo in tempi brevi, con una legge presentata dal Governo e approvata da camera e Senato. E questo perché l’Italia, essendo tra i Paesi fondatori dell’Unione europea, dovrà essere anche il primo ad avviare questo processo d’integrazione politica.

Per le questioni socio-economiche si dovrà attendere ancora, anche se l’Italia può anche in questo ambito giocare fino in fondo il suo ruolo.

Con l’ingresso in Europa dei nuovi dieci Paesi, l’Unione è sotto i profili degli equilibri socio economici più fragile.

Ed è proprio qui che l’Italia che dovrà dare una risposta di maturità, rendendosi promotrice, nel connesso europeo, di atti solidari verso i nuovi Stati, affinché essi riescano e metabolizzare, nella migliore maniera possibile, il processo di integrazione legislativa ed economica.

Il giorno in cui l’Unione europea siederà nel Consiglio d’Europa, sarà il giusto coronamento al processo di unificazione sin qui svolto. E sarà il comportamento che gli Stati membri dimostreranno di aver fatto propri i fondamenti del Consiglio d’Europa: valori di democrazia, uguaglianza. Lealtà e solidarietà. E’ vero che dopo la ratifica della Carta Costituzionale europea sarà più difficile l’accesso all’Unione, ma la cornice del Consiglio d’Europa, rappresentando l’unione geopolitica dei Paesi membri, sarà il luogo migliore per alimentare la costruzione di un’unione ampia anche sotto il profilo economico.

Quest’Europa a venticinque, pur essendosi data una Costituzione, piena di disfacimento del lavoro svolto dall’Europa dei quindici Paesi, dovrà consolidare i propri equilibri interni. E ancora una volta sarà il Consiglio d’Europa, nell’ambito naturale più idoneo affinché i diritti di alcuni non prevalgono su quelli di altri. Il Consiglio garantirà eguale cittadinanza a tutti gli europei: in Europa non dovranno esserci cittadini di serie A e di serie B. E se è vero che l’euro oggi è presente in una minoranza di Stati e che la cittadinanza europea, a livello emozionale, è sentita a pieno, essa diventerà concretezza solo quando la moneta sarà spendibile in tutti i Paesi Membri. Il Consiglio d’Europa, anche in questa prospettiva, sarà il luogo più adeguato al confronto per realizzare fino in fondo il processo d’integrazione. E il Consiglio lavorerà anche affinché ogni Paese realizzi, in modo computo ed esclusivo, i compiti che gli sono congeniali, evitando competizioni per accentare i poteri, ma a rendere organica la gestione del potere sia del Vecchio Continente, a connotazione comunitaria, che altrove..

Partendo da questa costituzione si potranno, infatti, riformare le competenze delle Istituzioni passando ad un’organica definizione del potere, in ragione delle deleghe che sono proprie.