LA REPUBBLICA

30 agosto 2004

 

 

La legge che divide la Francia bandiera per i laici u musulmani

Il provvedimento difende i principi dello Stato non confessionale, ma è stato approvato in un clima di odio

 

 

di Tahar Ben Jelloum

 

Tutto ha avuto inizio in una città del nord della Francia un giorno del 1989, quando due ragazze marocchine si presentano a scuola, nel loro liceo, con un foulard in testa. La cosa avrebbe potuto passare del tutto inosservata se il preside non avesse impedito alle studentesse di seguire le lezioni finchè non si fossero tolte il velo e se i mezzi d’informazione non se ne fossero occupati. Si dice perfino che Hassan II fosse intervenuto di persona presso i loro genitori per mettere fine all’incidente.

Una dozzina di anni dopo, indossare il velo diventava una questione politica che accese discussioni. Non si tratta più di un caso isolato: il velo è diventato un simbolo ideologico e politico di resistenza contro la cultura occidentale. Quest’ondata di affermazione della propria identità rientra nel processo di integrazione. Sempre più frequentemente le giovani figlie degli emigrati meghrebi in Francia – è dunque di nazionalità francese – vogliono affermare la propria appartenenza all’Islam indossando un foulard che ne nasconda la capigliatura. Ma se non fosse altro che un gesto di affermazione personale non vi sarebbero problemi e, soprattutto, non ci sarebbe stata una legge approvata dal Parlamento nel gennaio scorso. Sarebbe un loro diritto assoluto vestirsi come desiderano.

Indossare il velo, però, significa una cosa ben precisa: rifiutare la laicità, rifiutare la scuola pubblica, rifiutarsi di seguire le lezioni di ginnastica, le lezioni di biologia, le lezioni di musica, le lezioni di disegno e così via. Queste giovinette, queste giovani donne portano dal principio che la donna occidentale non è rispettata dall’uomo e che a partecipare a questa mancanza di rispetto sia lei per prima. Ciò che è effettivamente in discussione è lo stile di vita europeo, la libertà di ogni singolo individuo, specialmente della donna. Queste giovani così fedeli all’Islam sono spesso manipolate dai padri, dai fratelli, dal cugino o dal marito. Sono rare coloro che decidono da sé di portare il velo, molto più spesso obbediscono a pressioni familiari o tribali. Al centro di questa manipolazione vi è la questione dell’onore, collegata a quella del sesso.

La Francia, che ha convissuto pacificamente con l’Islam – la seconda religione di questo paese – è un paese laico ed è l’unico di tutta Europa ad essere riuscito ad ottenere nel dicembre 1905 la separazione tra Chiesa e Stato. Questa laicità è preziosa: è la base stessa del riconoscimento dell’individuo, la base del sistema democratico. Una legge in proposito è stata promulgata e approvata proprio perché il velo è stato considerato una minaccia contro la laicità. I musulmani di Francia e all’estero hanno inteso tutto ciò come una forma di aggressione, un rifiuto all’Islam, una stigmatizzazione della loro religione, anche se la legge in questione parla chiaro di altri segni di ostentazione di altre religioni, le discussioni sono state violente e confuse. Per gli estremisti musulmani questa è stata l’occasione opportuna per designare la Francia e l’Occidente come “nemici dell’Islam”. Non vi è peggior sordo di chi non vuol sentire.

L’Europa vive e continuerà a vivere insieme a una popolazione musulmana. E’ importante ammetterlo e definire un ambito preciso di questa coabitazione. La legge francese contro l’ostentazione dei simboli religiosi nelle scuole è stata concepita con questo spirito, anche se sfortunatamente non è stata spiegata bene, è stata raffazzonata e votata in un clima di odio. Da ciò la sensazione di una legge fatta contro i musulmani. Occorreva quindi spiegare ai cinque milioni di musulmani di Francia che la posta realmente in gioco quando si porta il velo la condizione della donna, la libertà della donna quale la Francia la promuove. Perché questo è il nocciolo del problema: alcuni immigrati vorrebbero che le loro donne, le loro figlie e le loro sorelle vivessero nelle medesime condizioni dei loro concittadini rimasti in patria, rifiuti i diritti di cui godono le donne occidentali e non accettano che le loro donne ne possono trarre giovamento. Questo equivale a dire che hanno paura della libertà della donna e per mascherare questa paura si rifugiano nell’Islam. Ma le discussioni in proposito sono state molto più ideologiche che sociologiche, situazione che ha alimentato le mire degli estremisti che si preparano il 4 settembre a complicare la riapertura delle scuole in molte città della Francia.