30 ottobre 2004
La gioia del capo dello Stato per aver realizzato un
sogno Il brindisi d’augurio davanti agli ottanta ospiti
di Giusy Franzese
GIUSY FRANZESE Roma. Ha atteso che tutti avessero preso posto
sulle sedie ricoperte di azzurro e di stellette sistemate ai lati della sala
degli Orazi e Curiazi in Campidoglio. Solo allora Carlo Azeglio Ciampi ha fatto
il suo ingresso nel luogo che ha fisicamente ospitato la firma della
Costituzione Europea. Ed era davvero raggiante il nostro presidente della
Repubblica. Non c’era solo cortesia protocollare in quel suo grande sorriso.
Non c’era solo buona educazione in quelle strette di mano, date una ad una con
un tale entusiasmo da fargli dimenticare le cautele dovute alla frattura che
nel maggio scorso subì proprio alla clavicola destra. Dagli occhi traspariva
qualcosa di molto più profondo. La consapevolezza di essere riuscito ad
assistere al suo «grande sogno». Ieri, nella stessa sala dove nel ’57 furono
firmati i Trattati di Roma che diedero vita ai ”genitori” della Ue - la Cee e
l’Euratom - Ciampi sembrava quasi un bambino sul punto di scartare il regalo
più bello, quello desiderato da tanto tempo. Niente di più delle note dell’Inno
alla Gioia di Beethoven, diffuse nella sala subito dopo la firma della
Costituzione, avrebbe potuto rendere bene lo stato d’animo di tutti i presenti.
Di Ciampi in particolare. Una gioia che gli si è letta in faccia durante
l’intera cerimonia alla quale ha assistito seduto vicinissimo al tavolo, appena
sulla destra. Firma dopo firma il suo sorriso era sempre lì. Sincero e forse
anche un po’ commosso. Perché per lui, che ha lavorato tanto per far nascere
l’unione economica, vedere ora ben 25 Paesi impegnarsi formalmente a dare vita
anche ad una «Unione politica» è davvero «un evento unico nella storia del
Continente e una svolta storica per l’umanità». Per lui, che tra i pochi in
quella sala è nato nel primo dopoguerra e ha vissuto in prima persona gli
orrori della seconda guerra mondiale, quelle firme, grandi, chiare, ben
arrotondate apposte ieri con tanta cura sui due libroni della Costituzione,
significano anche la certezza di aver voltato veramente pagina. Sarà lui stesso
a ricordarlo durante il brindisi con il quale ha accolto tutte le delegazioni
al Quirinale (erano in 80, senza first lady, e con la sola assenza del premier
inglese Tony Blair che dal Campidoglio è ripartito direttamente per Londra) per
il pranzo d’onore allestito attorno ad un grande tavolo a ferro di cavallo nel
Salone delle Feste: «L’Atto che avete sottoscritto ci allontana definitivamente
da quell’abisso di tragiche guerre intestine» che portarono l’Europa sull’orlo
della distruzione. «Gli spettri degli anni Trenta non torneranno a turbare le
menti delle generazioni future. Oggi l’Europa è diventata una vera comunità di
popoli; uno spazio di pace e di libertà; un modello per il mondo». Certo la
firma di ieri non è ancora un parto vero e proprio: per quello ci vorranno le
25 ratifiche. Cosa non del tutto scontata. Tanto che Ciampi nel suo breve
discorso - citando come esempio una frase del filosofo e patriota napoletano
Vincenzo Cuoco sulla ”felicità dei popoli” - non ha dimenticato di esortare
tutti a farlo rapidamente. Da parte sua non ha voluto far passare nemmeno un
giorno: appena Palazzo Chigi, in serata, gli ha fatto pervenire il ddl per la
ratifica, lo ha subito firmato autorizzandone così la trasmissione alla Camere.
Sotto il presidente Ciampi; sopra, i libri con le firme alla nuova
Costituzione