30 ottobre 2004
A 47 anni dal varo della Cee siglata la
Carta della Ue Ahern:
abbiamo definito la mappa dei nostri
valori
ALMERICO DI MEGLIO Roma. La Costituzione europea è stata firmata ieri a Roma,
al Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi. Nel cuore di una città che
dell’Europa rappresenta memoria storica e carta d’identità, e che meglio non
poteva prepararsi, offrendo coi suoi monumenti e i suoi spazi liberi dal
traffico il palcoscenico più adeguato alla solennità dell’evento. E il
presidente del Consiglio, che dalle 10 in punto attendeva i suoi ospiti al
centro della piazza del Campidoglio, ha raccolto messe di complimenti. Nella
sala Giulio Cesare i discorsi del sindaco di Roma Walter Veltroni, di
Berlusconi, del primo ministro olandese e presidente di turno dell’Ue Jan Peter
Balkenende, del premier irlandese Bertie Ahern, del presidente del parlamento
europeo Joseph Borrell, del presidente uscente (e ancora ad interim) della
Commissione Romano Prodi e del successore Manuel Durao Barroso. Alle 11 e 58,
con due minuti d’anticipo sui tempi previsti, nella sala degli Orazi e Curiazi,
sono state apposte sotto la Costituzione e l’Atto finale le venticinque firme
di capi di Stato e di governo dell’Unione, più le altre venticinque dei
ministri degli Esteri. È valso l’ordine alfabetico: il Belgio per primo, con il
premier Guy Verhofstadt, il Regno Unito per ultimo, con Tony Blair. Poi quelle
dei leader di Romania, Bulgaria e Turchia che, però, hanno sottoscritto solo
l’Atto finale: membri nel prossimo futuro della famiglia Ue, non hanno
partecipato alla Convenzione. Ivo Sanader, premier della Croazia, presente ieri
in qualità di ”osservatore”, ha invece consegnato a Balkenende la richiesta
d’adesione. Si diffondevano le note dell’«Inno alla gioia», l’inno dell’Unione,
mentre lo sguardo del presidente Ciampi tradiva l’emozione di chi per una vita
aveva atteso quei momenti. Da ora, ha dichiaratato il presidente del Parlamento
europeo Josep Borrell, «accettiamo l’esistenza virtuale di un popolo europeo».
È il secondo Trattato di Roma. Il primo, nella stessa sala, quello del 1957 che
istituiva la Comunità economica. E andando con la memoria agli anni Cinquanta -
del dopoguerra che, sui lutti recenti della più devastante guerra civile del
Vecchio Continente, costruiva nella metà esclusa dalla ”cortina di ferro” il
suo futuro di pace - il nuovo presidente della Commissione, Manuel Durao
Barroso, ha voluto nel suo intervento rendere omaggio a uno dei ”padri” della
nuova Europa unita, Alcide De Gasperi, che nel ’52 definì «la costruzione
dell’Europa un problema che esige molta pazienza, energica volontà e fede
nell’avvenire». «Mi attendo - ha dichiarato Barroso - che i governi e i popoli
d’Europa si ispirino a queste parole per essere all’altezza delle sfide con cui
dobbiamo confrontarci». Si riferiva alle ratifiche dell’eurocostituzione, che
per ora in undici Paesi - i 7 che lo hanno deciso e i 4 che utilizzeranno la
doppia via, referendaria e parlamentare - passeranno al vaglio dei referendum,
ottenere il consenso diretto del popolo, «e non si tratta di una decisione che
si possa dare per scontata». Quell’esortazione di De Gasperi e le sfide che
attendono l’Ue, ratifiche in testa, hanno caratterizzato i discorsi dei leader
europei. «Torniamo a Roma - ha dichiarato Borrell - dopo aver scritto la storia
di un successo: la riunificazione del continente, la pace tra le nostre
nazioni, l’integrazione delle loro economie, la solidarietà con le regioni e i
paesi più arretrati». Balkenende ha osservato come «questa firma rappresenta un
nuovo inizio per un avvenire comune, non è una conclusione ma una nuova
partenza». Gli ha fatto eco Ahern: «È una costituzione che definisce i nostri
valori. Confido che le istituzioni che abbiamo concepito si rivelino abbastanza
durature e flessibili da aiutare l’Ue a rispondere all’evoluzione dei cittadini
e a svolgere appieno il suo ruolo in un mondo globalizzato e turbolento».
Timori che Prodi ha quasi voluto esorcizzare, evidenziando la «lungimiranza
politica» dei leader europei elevatisi «al di sopra dei loro contingenti
interessi nazionali», e che «la nuova costituzione introduce elementi
innovativi che renderanno l’Ue più democratica, efficace e trasparente». Ma non
ha rinunciato a un avvertimento: «Toccherà ai governi mantenere i dibattiti
parlamentari e le campagne referendarie sul tema della costituzione, evitando
che questi vengano dominati dalle polemiche politiche nazionali». Berlusconi
nel suo intervento ha ripercorso le tappe del processo d’integrazione e,
citando una frase di Erasmo da Rotterdam, ha rilevato come «l’apparente follia
dei padri fondatori è diventata una meravigliosa realtà». Ha rivendicato la
tenacia del governo di Roma nel perseguire gli obiettivi della Convenzione e
dell’eurocostituzione, ed ha assicurato: «Noi abbiamo l’ambizione di essere il
primo Paese a ratificare il nuovo trattato costituzionale». E l’apposito
disegno di legge è stato varato già nel pomeriggio dal consiglio dei ministri,
con i voti contrari dei due membri leghisti («Voti - ha commentato il premier -
largamente previsti e prevedibili»). Berlusconi s’è detto «sicuro» che il
provvedimento - di cui Ciampi ha subito autorizzato il passaggio alle Camera -
otterrà in parlamento una «larghissima maggioranza».