NEWS ITALIA PRESS

8 novembre 2004

 

 

America: occhi puntati sulla salute di Arafat

Secondo John Esposito, la scomparsa di Yasser Arafat genererebbe frustrazione nella popolazione e un necessario rinnovamento della piattaforma politica, ma anche un'opportunità del rilancio del processo di pace.

 Washington D.C. - Informazioni contrastanti continuano a essere diffuse dalla stampa internazionale sullo stato di salute di Yasser Arafat, ma diffusa è la convinzione che non si riprenderà. "Ci aspettano tempi molto duri". Questo il primo commento di John L. Esposito sulla scomparsa dalla scena politica palestinese di Arafat, e sulle sue conseguenze.

Esposito, un'autorità internazionale in materia di studi mediorientali , è un italo-americano che è diventato una star. Nato il 19 maggio 1940, è cresciuto nei sobborghi italiani di Brooklyn. Oggi è un professore universitario della Georgetown University, dove insegna religione, affari internazionali e islamic studies .

Autore di oltre 25 libri, la sua fama sfora il mondo accademico: è una figura rinomata tra le file governative del panorama internazionale, come nel mondo delle imprese private e nelle agenzie federali per la sua estesa conoscenza del mondo musulmano.

"Anche quelli che negli ultimi anni hanno criticato le sue strategie, lo ricorderanno come una figura molto importante. Ha aiutato a definire l'identità della Palestina moderna e ha guidato le rivendicazioni della popolazione" dice Esposito commentando la figura di Arafat, che considera un'icona per la storia del popolo palestinese; e le icone, storicamente, non muoiono tranquillamente.

La morte di Arafat provocherebbe, secondo Esposito, un forte shock emotivo e un diffuso senso di frustrazione in seno alla popolazione locale. "L'establishment palestinese, in queste ore, è impegnato in continui incontri per assicurare che la transizione possa avvenire il più pacificamente possibile" dice Esposito; ma dove possa portare tale transizione è un dato che rimane incerto, nell'ottica dello studioso: Arafat non ha mai incoraggiato una pianificazione su questo tema. Attualmente, diverse sono le figure in lizza per contendersi il vuoto politico.

Nell'immediato, continua Esposito, la successione di Arafat verrà assunta probabilmente da uno dei leader della vecchia guardia, forse uno dei due ex Primi Ministri dell'Anp – Autorità Nazionale Palestinese. La questione, secondo il docente, è se la successione iniziale potrà mantenere o meno il potere e il sostegno popolare. Altri settori della realtà politica palestinese vorranno vedere emergere la generazione più giovane e la sua differente visione del potere, alla guida dell'Anp. "Passerà certo un po' di tempo prima che assuma chiarezza la prospettiva della nuova leadership – dice Esposito -. Per il momento, la situazione rimane sospesa".

Nella migliore delle ipotesi, secondo Esposito, la situazione attuale offrirebbe nuove possibilità all'Europa per cooperare più attivamente al rilancio della road-map. Per aiutare tale processo, Esposito ha lavorato con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo di Napoli, organizzazione impegnata a creare un ponte di dialogo tra l'Europa, l'Islam e l'area mediterranea. Esposito è stato recentemente designato alla Presidenza del comitato esecutivo della Fondazione.

"Storicamente, c'è sempre stato un legame tra l'Europa, l'Islam e il Mediterraneo, derivante dagli scambi commerciali - commenta Esposito -. Soprattutto l'Italia e tutti i sud ne sono stati i punti nodali". Seguendo questa impostazione Esposito, insieme a un gruppo internazionale di politologi, sta elaborando un nuovo progetto della Fondazione, in cui Napoli sarà il nuovo punto di snodo di un rinnovato e sempre più necessario dialogo tra l'Europa e il Medio Oriente. Non è chiaro se questa prospettiva verrà o meno realizzata. "Penso che molto dipenda dal grado di impegno degli europei e degli americani, su due livelli – continua Esposito -. Prima di tutto, sul piano dello sviluppo economico; in secondo luogo, in merito al processo politico, e questo è il campo su cui si dividono le posizioni americane ed europee".

Esposito sottolinea che nessun Presidente americano ha espresso mai la volontà di adottare una posizione politica bilanciata, che riconosca le mancanze politiche di entrambe le parti, gli israeliani e i palestinesi. Fino a oggi, il sostegno americano non è stato bi-partisan. "Bush è andato oltre ogni precedente Presidente, affermando chiaramente il suo sostegno per la creazione di uno Stato palestinese – dice Esposito -; ma l'amministrazione Bush, nella sua risposta allo scoppio della seconda Intifada, è stata fino al presente molto equivoca e sbilanciata".

La rielezione di Bush, secondo Esposito, presenta un'opportunità unica per la creazione di uno Stato palestinese, ma il Presidente rieletto dovrà impegnarsi molto più che in passato. "Se Bush non rinnoverà il suo approccio alla questione, penso che non ci saranno prospettive di evoluzione, almeno rispetto al ruolo dell'America".

Qualunque saranno le posizioni di Europa e America, è certo che la morte di Arafat cambierebbe l'atmosfera politica tra Israele e Palestina. Secondo Esposito, nel prossimo futuro ci saranno le condizioni per un riaggiustamento significativo della situazione. "La prossima leadership palestinese dovrà muoversi in differenti direzioni – commenta Esposito – : realizzando quanto devastanti sono stati i risultati della seconda Intifada, dovrà escogitare una via d'uscita".

Che questo si possa verificare dipenderà molto dall'atteggiamento del Premier israeliano Ariel Sharon. Se da un lato la scomparsa di Arafat può presentarsi come un'opportunità perché Sharon lavori in direzione della pace, "d'altra parte, se il suo interlocutore palestinese non godrà dello stesso status simbolico di Arafat, Sharon potrà pensare di poter manipolare la situazione". Per queste ragioni, le conseguenze della scomparsa di Arafat rimangono incerte ma Esposito, in ultima analisi, è ottimista: certo, ci aspettano tempi duri, ma nuove opportunità di pace fanno capolino.


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