"IL DENARO"

16 maggio 1998

Uniti per lo sviluppo e la pace

di Michele Capasso

Bruxelles, maggio 1998. L’Euro non è solo l’unione della moneta: i risvolti politici che questo processo attiverà sono di portata tale da rivoluzionare il modo di vita di centinaia di milioni di abitanti del Vecchio Continente. I riflessi di tale mutamento saranno notevoli anche per l’area mediterranea che apparirà sempre più frantumata e isolata: occorre guadagnare tempo e consolidare il Processo di Barcellona. L’occasione è la prossima Conferenza euromediterranea prevista per il 3 e 4 giugno a Palermo. In una relazione redatta dal Consiglio dell’Unione Europea si illustrano gli obiettivi del Processo di Barcellona che potremmo riassumere nel suo primo paragrafo: "I paesi della U.E. e i loro associati del Mediterraneo devono agire in maniera più unisona perché il bacino mediterraneo possa diventare, in modo più incisivo di quello attuale, una zona di scambio e di dialogo politico che garantisca la pace, la stabilità e il benessere di coloro che vivono lungo le sue coste". Tutto questo richiede azioni concrete per sostenere un dialogo politico, uno sviluppo economico e sociale sostenibile ed equilibrato, la lotta contro la povertà e una maggiore tolleranza tra le culture, rafforzando la dimensione umana negli scambi. In futuro, la politica mediterranea dell’Unione Europea sarà indubbiamente determinata dal sorgere dei nuovi fattori demografici, politici, culturali e religiosi che stanno modificando lo stato delle cose, specialmente nei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Il processo di pace nel Medio Oriente è un ulteriore fattore che influenza il tentativo dell’Europa di trovare una strategia che le consenta di fronteggiare le nuove sfide mediterranee e di creare una nuova frontiera per la cooperazione euromediterranea.

La caduta del Muro di Berlino nel 1989 è stata per molti il presagio di una nuova epoca di sicurezza e cooperazione nel mondo intero e queste enormi aspettative hanno generato un’ondata di fiducia e speranza; si è persino parlato di un nuovo e pacifico ordine mondiale. Paradossalmente, invece, un gran numero di problemi, nati o ancora in gestazione sin da allora, hanno creato conflitti, disordini, dispute e crisi che richiedono incessantemente l’attenzione del mondo intero. Il Mediterraneo, lungi dall’essere un’eccezione, è attualmente una delle zone più turbolente del mondo. Mentre oggi, probabilmente, non esiste nessuna minaccia mondiale paragonabile a quella che fu in passato la prospettiva di un conflitto nucleare tra le superpotenze, una serie di problemi sorti sin dalla fine della guerra fredda, in special modo nei paesi che si affacciano sulle coste del Mediterraneo, minaccia la stabilità di intere nazioni e regioni. Inoltre, alcuni conflitti interni sono così seri che la comunità internazionale non può ignorarli. Il risorgere del nazionalismo etnico e la diffusione del fondamentalismo religioso assumono ormai forme violente e costituiscono una grave minaccia che richiede una diversa attenzione e una nuova politica della nuova Europa dell’Euro per i paesi del Mediterraneo. Un altro problema che minaccia il dialogo è quello religioso.

La religione ebraica, quella cristiana e l’Islam sono le tre religioni del Dio unico. In questo senso, il Mediterraneo è il mare di un solo Dio, e cioè, del monoteismo. Però, ormai da secoli, nel nostro bacino non esiste più una sola religione, bensì tre e la loro storia è un susseguirsi di conflitti a dispetto della comune origine. Queste tre religioni si sono notevolmente diffuse anche aldilà del Mare Nostrum (e, citando il libro dello studioso francese Brepols intitolato I figli di Abramo, i posteri del patriarca biblico ammontano attualmente a 2500 milioni di credenti). Nel Mediterraneo esistono frontiere religiose: attualmente sono state delineate in modo netto le frontiere tra il modo cristiano e quello islamico (e, ovviamente anche al geograficamente ristretto mondo ebreo). Queste frontiere possono segnare il destino di un paese poiché la religione è sempre stata un fattore primario nella creazione di un’identità nazionale, come ben dimostrano i tragici eventi nei Balcani. Lo storico francese Ferand Braudel, scrive che il Mediterraneo è un’area di relazioni, scontri, baratti e anche conflitti. Nella sua idea, il mare unisce mentre le montagne dividono. Con i mezzi di trasporto usati in passato era più facile navigare che valicare montagne. La sua importante opera Civiltà e Imperi all’epoca di Filippo II dimostra come il Mediterraneo sia stato una comunità unitaria per secoli. Ma la storia del nostro secolo ha cambiato profondamente la geografia del nostro mare: sono nati nuovi paesi e nuovi sistemi politici. Gli stati nazionali si sono trasformati in protagonisti. Popolazioni, nazioni e religioni sono stati coinvolti in conflitti drammatici e situazioni di convivenza che sono durate per secoli, oggi sembrano impossibili. Nel Mediterraneo si trovano le fondamenta della civiltà occidentale. In questa parte della terra, la scintilla del monoteismo ha illuminato il mondo. Sin dall’antichità, il Mediterraneo ha avuto un ruolo importantissimo per i popoli che vivevano sulle coste. Tuttavia le terribili differenze economiche e sociali, in particolare modo tra la costa nord e quella sud, costituiscono attualmente le cause di gravissimi problemi. L’instabilità politica e le tensioni interne, così come i conflitti di origine religiosa ed etnica sono stati e sono ancora fonti di un alto potenziale di violenza. Le manifestazioni d’intolleranza, razzismo e antisemitismo nei paesi europei ci hanno recentemente ricordato quanto è ancora fragile la civiltà attuale. Le antiche frontiere religiose dell’Europa cristiana, del Medio Oriente e dell’Africa del Nord hanno subito tragici cambiamenti. Occorre riaffermare il "Concetto mediterraneo" per riunire i paesi che si affacciano su questo mare e sperare in un futuro di unione e sviluppo.