COMUNICATO STAMPA
Napoli, 18 aprile 2003
APPELLO
PER LA PACE
La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con l'Accademia del Mediterraneo,
lancia un Appello per la Pace contro ogni guerra permanente e promuove,
come strumento principale, il dialogo tra le società e le
culture: elemento imprescindibile per assicurare progresso e sviluppo
condiviso e sul quale la Fondazione ormai da quasi un decennio,
ha fondato la propria azione.
Un'azione forte e decisa, perché rivolta al futuro e fondata
sulla speranza che i popoli del Mediterraneo possano acquisire una
pace duratura; lavorare per la ricostruzione economica, sociale
e politica dei loro Paesi, nei limiti delle frontiere oggi riconosciute;
vivere le loro differenze in perfetta armonia e con uno spirito
di tolleranza, dialogo e libertà.
L'approccio originale portato avanti dalla Fondazione Laboratorio
Mediterraneo sin dal 1994 - in accordo con i principi affermati
dal Consiglio d'Europa e, poi, dall'Unione europea nel Processo
di Barcellona - è quello di promuovere il processo d'integrazione
euromediterranea utilizzando la scienza e la cultura.
E' un approccio originale e realista, perché sono fermamente
convinto che, nello spazio euromediterraneo come altrove, il dialogo
e la mediazione devono comunque prevalere sulle soluzioni militari.
Ma è un approccio che coincide anche con l'indirizzo fondamentale
dell'Accademia del Mediterraneo-Maison de la Méditerranée
che si costituisce soprattutto come punto di riferimento per il
rispetto delle diversità culturali e linguistiche e per un
durevole dialogo tra le società e le culture. Questa è
una sfida politica, economica, sociale e culturale che coinvolge
tutti noi.
L'interdipendenza tra uomini, società e spazi è ormai
la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione
economica e finanziaria, la circolazione immediata dell'informazione
conducono l'umanità intera verso un futuro di omologazione.
Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi:
le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo
ne sono la prova. Come costituiscono prova il rischio di egemonia
di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l'avvenire del nostro
pianeta - e gli avvenimenti di questi giorni lo dimostrano - oppure
il blocco dell'informazione operato verso le fasce più deboli
e meno abbienti.
Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali
a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni
reali di quel paese o i monopoli di attori specifici - privati o
pubblici - sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati
di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività
e, quindi, di esistenza.
Quando gli scambi internazionali si diffondono e si ingigantiscono
gli Stati, ma specialmente i cittadini, hanno la sensazione di vedersi
sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una
"monocultura". Di fronte a questa perdita d'identità,
specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di
rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati
nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo,
all'odio, al rigetto dell'Altro.
Se vogliamo evitare che la guerra fredda di ieri si trasformi oggi
in un suicidio cultuale, agevolato da massicci movimenti migratori
internazionali, occorre - nel senso più ampio del termine
-democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione
snaturi la democrazia.
Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace,
il dialogo e la cooperazione tra spazi potenzialmente generatori
di conflitti, qual è lo spazio euromediterraneo. Le grandi
aree culturali e linguistiche - di cui il Mediterraneo è
antico custode - costituiscono oggi spazi privilegiati di solidarietà
che, se rafforzati dal dialogo e dalla cooperazione, sono la migliore
garanzia per la democrazia, la pace e lo sviluppo condiviso.
Il dialogo tra le culture è oggi più che mai indispensabile
non solo nel Mediterraneo ma come progetto di scala planetaria:
un progetto di società in cui le culture si completano senza
escludersi, si rinforzano senza scomparire, si accorpano senza perdere
ciascuna la propria identità.
Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare,
rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una
gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.
Ma tutto questo presuppone che la diversità culturale mondiale
divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale
tra i popoli, che il riconoscimento della cultura come forza dominante
non costituisca un'eccezione bensì il fondamento del nuovo
processo di civilizzazione, che la cultura non si limiti solo alle
arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della
vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale,
intellettuale ed emotiva nei diversi tessuti sociali: in poche parole
che la cultura - in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto
tra loro- possa assumere il ruolo di "forza buona" capace
di incidere sui processi della storia.
Riconoscere che cultura e sviluppo sono indissociabili, senza limitarsi
ad un semplice approccio commerciale ed economico della cultura,
è essenziale per costruire il futuro, qui nei Mediterraneo
come altrove.
L'Appello che desideriamo lanciare oggi a Napoli è semplice:
promuovere il dialogo per la coesistenza delle diversità
ed una pace durevole.
La speranza forte è che tacciano, per sempre, le armi. La
violenza deve cessare.
I popoli del Mediterraneo, all'alba di questo nuovo millennio, devono
chiudere definitivamente con un passato tragico ed esaltare tutta
la loro ricchezza ed il loro grande patrimonio, che hanno costituito
e costituiscono un universale valore per tutta l'umanità.
Napoli - Via Depretis, 130 - 80133
tel 0039 081 552 30 33 - fax 0039 081 420 32 73
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L'appello
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