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Fondazione Mediterraneo - La stampa "IL DENARO"
24 Giugno 2000



MARRAKECH : SI INSEDIA L’ACCADEMIA
Il palazzo Dar El Glaoui ospita la sede del coordinamento della Riva Sud

di Michele Capasso

Venerdì 16 giugno 2000. Ore 15,00. L’aeroporto di Casablanca è invaso da alcuni gattini che vagolano sulle tavole del ristorante e mangiano i resti del cibo. Il caldo è torrido. Con Jacques Rocca-Serra (vice Sindaco di Marsiglia) e la figlia Maria Laura siamo diretti a Marrakech per l’inaugurazione della Sede di coordinamento della riva Sud dell’Accademia del Mediterraneo.
Proveniamo da Marsiglia dove si è svolta l’ultima riunione preparatoria delle "Assises de la Méditerranée".
Jacques, con l’aiuto di una sedia, fa mangiare alcuni resti di pollo ai gattini intrappolati nel contro soffitto e ad altri nascosti in vasi di fiori finti.
Ore 23,00. Marrakech. La temperatura supera ancora i 30 gradi. Su un calesse attraverso la piazza. La marea umana è impressionante ed il fascino è ancora più forte per la presenza di una luna piena abbagliante.
Sabato 17 giugno, ore 10,00. Con il primo ministro marocchino Abdarahmane Al-Yousofi e con il ministro della cultura Mohammed Achaari inauguriamo un colloquio sul tema "Tradizione e Modernità" e, poi, la cerimonia di chiusura della "Cattedra Averroès" e l’apertura della Sede Sud dell’Accademia nello splendido storico palazzo Dar El Glaoui.
Molti i partecipanti membri dell’Accademia, quali il premio Nobel Claude Cohen-Tannoudji, Aziza Bennani, Mohammed Knidiri (responsabile della Sede e rettore dell’Università Cadi Ayyad), il ministro dell’Università del Marocco Najib Zerouali, che sottolinea l’importanza della sede "come luogo eccezionale di scambi tra intellettuali, uomini politici e di scienza per la costruzione di un avvenire comune basato sul rispetto reciproco, sulla pace e sullo sviluppo duraturo".
Il programma 1999-2000 della Cattedra "Averroès" di Studi Mediterranei è stato particolarmente ricco ed ha visto alternarsi, nelle varie lezioni, molti membri della nostra Accademia quali Edgar Morin, Jean Daniel, Jack Lang, Joseph Maila, Augusto Seambra, Kostas Axelos, Nedim Gursel. Sostenuta da un Comitato Scientifico, la "Cattedra" proseguirà per l’anno 2000-2001 e si allargherà ad altre Università del Mediterraneo che hanno aderito alla consociazione "Almamed" costituita dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo.
Ore 12,00. Con gli oltre 40 membri dell’Accademia e le autorità presenti inauguriamo la sede nello splendido palazzo Dar El Glaoui. Nelle strade e piazze principali della città sventolano striscioni in francese e arabo che ne annunciano l’apertura. Architetti e storici dell’arte raccontano ai presenti la storia del palazzo che si articola in un labirinto di stanze coperte da soffitti di straordinaria bellezza. Il giardino interno, invaso da un silenzio irreale, diventa luogo ideale per incontri e manifestazioni culturali. Grazie al sostegno del Re Maometto VI ed all’impegno degli amici marocchini – quali i ministri Alaoui, Achaari e Zerouali ed il rettore Knidiri – è stato possibile realizzare questo ambizioso progetto.
Claude Cohen-Tannoudji, premio Nobel per la fisica nel 1997, si scioglie per il caldo e per l’emozione ed esprime il suo orgoglio di essere membro di un’istituzione, qual è l’Accademia, che pone la cultura e la scienza al centro del processo del partenariato euromediterraneo.
Ore 20,00. Palazzo Badiï. Si inaugura una nuova edizione del "Festival delle Arti Popolari di Marrakech". Il luogo emana un fascino eccezionale: da una parte le antiche mura illuminate con gli specchi d’acqua, dall’altra la luna piena che rischiara la sommità dell’edificio dove centinaia di cicogne "cantano" in assoluta armonia con i gruppi che si alternano per altre due ore: 500 persone che si avvicendano nello spettacolo "Le stagioni della vita" componendo uno stupendo mosaico di diversità culturali e folklore con il quale il Marocco si presenta in tutta la sua autenticità.
Domenica 18 giugno, ore 13,00. La casa di Farid Belcahia è immersa in un palmeto sulla strada di Fes. Farid è il più famoso pittore marocchino. Le sue opere, per lo più dipinte su pelle con colori naturali, richiamano la classicità di antichi simboli paragonabili a quelle dei grandi del passato. Vive con sua moglie e la figlioletta in un luogo incantato dove campeggia un albero gigantesco con un ramo che ricorda la testa di un animale mitologico. Parliamo, con Farid e la sua famiglia, del Marocco e dei problemi della globalizzazione, della necessità di preservare le antiche tradizioni del Sud del Mediterraneo come "risorsa indispensabile" per custodire la memoria ed assicurare il futuro. Il discorso è interrotto dal "Kous Kous" della domenica cucinato dalla suocera di Farid.
Ore 18,00. Il Mediterraneo e gli altri spazi. Nella "Casa della cultura" continua il Festival con esibizioni di gruppi provenienti dall’India, dalla Cina e dal Qatar: il Mediterraneo diventa improvvisamente piccolo e le "nenie" indiane e cinesi raccontano antichi legami tra le grandi culture asiatiche ed euromediterranee. L’ambasciatore indiano a Rabat si incuriosisce e chiede di partecipare alle attività della nostra Fondazione.
Ore 22,00 Le stradine della medina sono invase da centinaia di persone in cerca di fresco. Siamo diretti da Said Margoul, un amico antiquario che offre una cena in nostro onore nel suo negozio. Il vicoletto buio e sporco è improvvisamente illuminato da lampade ad olio. Attraverso una porticina minuscola entriamo nel "tempio" di Said: un luogo di rara bellezza con soffitti altissimi e ricamati con gessi e tessere variopinte. Il calore umano e un arte di "savoir vivre" che affonda le radici nella grande cultura imperiale marocchina, hanno trasformato questo "atelier" in un luogo incantato: tappeti, sedie, quadri, tavoli e oggetti variopinti sono stati sistemati come in una casa: petali di rose sono sparsi dovunque e l’unica luce è quella di centinaia di candele.
Il terrazzo è diventato un "pezzo" di "mille e una notte": tappeti, candele, musicanti, tende, divani, profumi, tè alla menta, la luna piena. Comincia la cena tipica marocchina e, poco a poco, ospiti e padroni di casa si amalgamano in un’unica dimensione: quella della vera amicizia. Saloua Bader è una marocchina di Tangeri emigrata ad Anversa da tempo. E’ nostalgicamente affascinata dai ritmi lenti del "rap" marocchino. Mi dice: "Sono felice di essere qui e ringrazio il nostro Re Mohammed VI: ha restituito a noi giovani ed ai vecchi l’orgoglio di essere marocchini. Appena è possibile ritorniamo nella nostra terra per abbeverarci alle fonti della nostra grande e antica tradizione".
Lunedì 19 giugno, ore 12,00. Ritorno nel negozio di Said. L’incanto è finito. La scenografia della sera precedente è stata portata via. Il bazar ha assunto la veste quotidiana: mille oggetti sparsi dovunque, sul terrazzo vasi e chincaglierie, tra i tappeti il padre di Said che dorme e si lamenta. E’ vecchio e paralitico, "ma", dice Said, "non vuole assolutamente lasciare la sua bottega". Con l’amico antiquario visito i quartieri dove artigiani lavorano la pelle e l’ottone: mille ragazzini aiutano i vecchi in questo lavoro, oppressi da un caldo soffocante. Una distanza abissale divide le poche centinaia di metri esistenti tra questi luoghi e gli sfarzi del Grand Hotel La Mamounia. Sono queste le due facce contrastanti del Marocco di oggi che il Re Maometto VI cercherà di armonizzare durante la visita iniziata negli Stati Uniti. Una scommessa affidata alla democrazia, all’istruzione e ai diritti umani che in Marocco devono compiere ancora un lungo cammino.


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