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MESSAGGIO PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
Napoli, Basilica di Santa Chiara
1 Gennaio 1996



Sulle sponde del Mediterraneo, nelle aree in cui il cibo manca più che altrove, da secoli scoppiano le guerre.
Il nostro mare ed il pane nostro si parlano e si cercano l’un l’altro.
Il cibo – in primo luogo il pane – diventa uno slogan essenziale: lo ritroviamo nella preghiera e nella rivendicazione.
È un bisogno ed un sogno.
Nutre il corpo e sostiene l’anima, la vita tutta e l’arte.
Nelle terre più ricche si sprecano enormi quantità di cibo. In quelle più povere a stento se ne raccolgono scarse briciole. L’opulenza e la miseria si escludono a vicenda. Fanno nascere i conflitti e le guerre. È allora che il pianeta si trova faccia a faccia con i suoi più tristi paradossi: ampie aree tragicamente devastate, spazi ristretti e rinsecchiti. La topografia del cibo e quella della fame finiscono col rassomigliarsi.
L’umanesimo degli uomini di buona volontà deve allora riscattare la dignità dell’uomo.
Perché l’uomo non vive di solo pane, ma senza il pane non sopravvive.
Assicurare il cibo significa eliminare la guerra.

Questa giornata mondiale della Pace deve essere un momento di riflessione per tutti.
L’anno che si chiude vede finalmente vivere la speranza che i focolai di guerra che hanno compiuto ovunque atrocità e barbarie inimmaginabili – si pensi alla ex-Jugoslavia, alla Palestina, all’Algeria – possano essere spenti.
È indispensabile progettare e costruire la pace.
È necessario nutrire non solo il corpo ma soprattutto l’anima di coloro che sono annebbiati da rancori e vendette che si perpetuano da secoli.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo ed il Centro Francescano di Cultura “Oltre il Chiostro” operano per avvicinare genti e nazioni, per contrastare l’ignoranza che crea barriere.

A Napoli si vuole tentare di delineare il futuro dell’area mediterranea che vive una stagione tormentata, di approfondire le ragioni della pace, della fratellanza e della solidarietà: c’è un modo mediterraneo di far coesistere in pace tre Fedi in un unico Mare.
È su questa identità che vogliamo lavorare concentrando tutti gli sforzi per accelerare un processo di pace.

All’inizio parlavamo di cibo, di pane: in questa giornata di pace, che auspichiamo diventi il simbolo della nuova Napoli per il futuro, utilizziamo il “Pane” come “Simbolo di Pace”.
San Paolo dice ai Corinti che “il pane è il primo dono di pace”.
La “frazione” del pane nel rito eucaristico è segno di “pace”: per noi cristiani il pane consacrato è il Sacramento della presenza amorevole di Dio.
Se dunque parlare di pane è come fare una preghiera, guardando questo pezzo di alimento ogni giorno presente sulla nostra tavola, ricordiamoci la grande storia che in esso è racchiusa, recuperiamone i valori profondi ed accanto a tutti i pani che ci vengono dati dalla poetica e dalla tradizione inseriamo il “Pane della Pace”: che da oggi questo simbolo diventi un messaggio di pace e solidarietà; dobbiamo essere capaci di “frazionare” il nostro pane, di abbandonare i nostri interessi particolari per aiutare chi soffre.
Solo così potremo sperare in un futuro migliore che, ricordiamolo, dipende soprattutto da noi e dalle nostre volontà.

Vorremmo concludere con una poesia che pubblicammo all’inizio dell’anno e che il Presidente Scalfaro ha voluto leggere come auspicio di pace durante la recente commemorazione del Primo Ministro israeliano Rabin assassinato di recente. È una poesia scritta da una ragazzina israeliana di 13 anni: con queste parole, con questa speranza, auguriamo a tutti voi un sereno 1996.


“Avevo una scatola di colori
brillanti, decisivi e vivi;
avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,
non avevo il nero per il pianto degli orfani,
non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti
non avevo il giallo per le sabbie ardenti
ma avevo l’arancio per la gioia della vita,
ed il verde per i germogli e i nidi,
ed il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la luce.”





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