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Il Manifesto per le
   Alleanze tra le Civiltà
 
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Intervento di Michele Capasso

Sulle sponde del Mediterraneo, nelle aree in cui il cibo manca più che altrove, da secoli scoppiano le guerre.
Il nostro mare ed il pane nostro si cercano e si perdono l’un l’altro. Il cibo – in primo luogo il pane – diventa uno slogan essenziale: lo ritroviamo nella preghiera e nella rivendicazione. È un bisogno e un sogno.
Fare il pane diviene un atto rituale e la ripetizione di questo gesto porterà alla nascita di un mito: ogni storia, racconto, vicenda umana, collegata all’evento rituale della donna che impasta acqua e farina, reiterato di giorno in giorno, per anni, per secoli, diventa parte del prodotto che darà nutrimento all’uomo. Questi, a sua volta, durante il pasto del pane, al ritorno dalla pastura degli animali, seduto insieme agli altri uomini, portando la “pietra” del pane alla bocca “racconterà” altre storie, “canterà” altre vicende: l’energia che il pane trasmette al pensiero dell’uomo, per la sua semplicità e per la sua composizione che mescola insieme i due elementi dell’acqua e della terra, componenti base della struttura organica del corpo umano, traduce il peso della sostanza nutritiva – la pietra del pane – nella leggerezza del linguaggio e dei suoni e nella luce del pensiero.
Alla ritualità ed al godimento dell’uomo nel tempo individuale della produzione del pane, corrispondono l’atto rituale ed il piacere della mensa, momento nel quale veramente il pane diventa oggetto mitico, e la sua fruizione collettiva, autentico rito.
L’essere commensali, il piacere della mensa sono immensamente importanti per gli antichi, a partire dagli egizi e dai latini. Il pane in quanto simbolo, è tema centrale ed emblema profondo della Bibbia: il pane sudato, frutto del lavoro, viene offerto come sacrificio nel corpo di Cristo durante l’Ultima Cena.
La consumazione del pane non è mai un atto inconsapevole. Ci troviamo, ancora e sempre, di fronte al connubio ed all’impasto “idee-materia”, “suoni e pane”: impasto che ritorna ancora nella coniugazione di pane e memoria.
Possiamo dire, a questo proposito, che il lievito è la memoria del pane: il tempo della lievitazione è il simbolo del fermento della storia che accompagna la crescita dell’uomo; delle sue idee e della sua prassi.
La preparazione e la consumazione del pane è stata da sempre accompagnata da canti e da suoni.

Nella Basilica di S. Chiara “Pane e suoni” diventano simbolici messaggeri di pace.
Questo secondo Concerto dell’Epifania – dedicato a Salvo D’Acquisto, martire per la pace – assume particolare importanza in un momento storico in cui prevale una crisi di valori.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo attribuisce a questo appuntamento annuale un significato essenziale quale momento di riflessione per il dialogo tra le culture e le religioni del Mediterraneo.
Il Nostro Mare è infermo: la crescita degli integralismi religiosi alimentano ovunque guerre e conflitti. Occorre garantire “Pace con sicurezza”. La sicurezza, però, si ottiene solo con la pace e per conquistare la pace sono necessari compromessi che garantiscano la sicurezza. Siamo di fronte ad un circolo vizioso. Il problema fondamentale oggi è soprattutto quello della sicurezza degli individui. Non è più possibile tollerare morti di innocenti. Occorre passare da dimensioni di “misure” a dimensioni di “valori”.
Da Napoli, dalla Campania – Regione “essenziale” per la costruzione del Mediterraneo – l’eco dei suoni di Pace partirà ancora una volta dalla Basilica di S. Chiara per raggiungere tutte le martoriate regioni mediterranee.
Non è facile “costruire” la Pace. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con la propria “rete” internazionale, lavora per questo: consapevole che oramai non è più possibile sprecare tempo, risorse e speranze.

La pace si alimenta con il recupero di ciascuna propria identità in un comune “concetto mediterraneo”.

Soltanto quando francesi, spagnoli, greci, siriani, albanesi, tunisini, sloveni, turchi, bosniaci, croati, italiani, algerini, egiziani e via dicendo sapranno identificarsi come “Mediterranei”, potremo sperare in un futuro migliore.

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