INTERVENTO DI PREDRAG MATVEJEVIC’ ALL’INAUGURAZIONE DELLA SEDE CENTRALE DELL’ACCADEMIA DEL MEDITERRANEO E MAISON DE LA MEDITERRANEE

 

NAPOLI, 22 GIUGNO 2002

 

 

Signore e signori, cari amici,

 

sono commosso di vedere queste immagini; sono un compagno di strada di questa impresa e, infatti, sono entrato in quest’impresa da doppio emigrato e questo non è senza importanza quando si parla di Mediterraneo.Sono figlio di un russo emigrato dalla Russia nel 1920 ed io anche emigrai dalla ex Jugoslavia in guerra. E dunque questo mi diede forse una sensibilità particolare nel  vedere un mondo in cui ci sono tanti emigrati, in cui l’emigrazione diventa un problema maggiore. Io sono presidente del Comitato Scientifico e posso citare i nomi dei membri di questo illustre Comitato, ed uno dei nostri desideri, in un momento in cui abbiamo visto che si faceva un’Europa senza la culla dell’Europa -  che è il Mediterraneo - è stato quello di fare qualcosa affinché l’Europa riprendesse la sua culla, senza la quale si presenta come una persona che vorrebbe essere senza la sua infanzia, senza la sua adolescenza. E questo era il primo scopo.

La seconda cosa concerne il Mediterraneo in quanto tale e che abbiamo potuto constatare tanti di noi,  collaboratori di quest’impresa diretta da Michele Capasso con un’energia straordinaria napoletana, e alla quale abbiamo voluto reagire. Nel Mediterraneo stesso esiste una grandissima identità dell’essere e una scarsa identità del fare. Ogni città mediterranea ha una grandissima identità: varie lingue, vari modi di capire, di dire, vari modi di vivere e via dicendo, e questa è un’identità dell’essere rispetto alla quale c’è una scarsa identità del fare. Non si riesce a progettare questa forza dell’identità mediterranea. E questo vale per tutto il Mediterraneo; vale per il Sud dell’Europa che si affaccia sul Mediterraneo e vale per la sponda opposta. Unire questa forza dell’identità dell’essere e dell’identità del fare. Sono tanti gli scopi e non posso enumerarli tutti; ma voglio dire alcuni degli ultimi e che sono dinanzi a noi. Dopo la tragedia del terrorismo dell’11 settembre dell’anno scorso, ci siamo confrontati con un fenomeno che ci sembrava pericolosissimo. Abbiamo visto che alcuni vogliono identificare le cose che non possono e non vanno identificate.

L’Islam e l’Islamismo non sono la stessa cosa; l’Islamismo e il fondamentalismo non sono la stessa cosa e li vediamo sempre identificare. Anzi nel fondamentalismo stesso c’è una  differenza  tra un fondamentalismo mistico e un fondamentalismo militante, terrorista che va giudicato e che noi non possiamo abbattere senza l’aiuto dei paesi islamici che ne soffrono più che noi stessi.

E ci siamo resi conto che occorre assolutamente un’attività e, infatti, riuniti in questa Accademia di tutte le nazionalità , dalla sponda nord alla sponda sud, ci siamo trovati un po’ più forti per manifestare la nostra opposizione. Un’ultimissima cosa che ci sembra importantissima e con la quale si è confrontato il Comitato Scientifico del Laboratorio Mediterraneo e,adesso, dell’accademia del Mediterraneo: abbiamo visto teorie che non hanno niente a che fare , che non conoscono la storia del Mediterraneo. Dire che  nell’avvenire dovremmo vivere dei conflitti delle civiltà, delle civilizzazioni delle culture è un errore fondamentale, tanto più che alcuni tiranni dei Balcani agitavano questa teoria che è venuta dagli Stati Uniti e che non è stata criticata come doveva essere. Non si scontrano le culture! Si scontrano le culture alienate in ideologie che funzionano in quanto ideologie. Questo fenomeno lo abbiamo visto negli anni ’30 in Germania, in Italia, in Spagna, quando grandi spazi delle culture nazionali diventavano ideologie delle nazioni, e sono state ideologie che si sono scontrate. Abbiamo visto come tutto lo spazio culturale in Germania, una grandissima cultura, era preso dall’ideologia; l’abbiamo visto in altro modo nello stalinismo e nella cultura russa, che è anch’essa una grandissima cultura. Occorre, dunque, un grande sforzo per opporsi a questa falsificazione : non si tratta di conflitto delle culture in quanto tali, si scontrano le ideologie che usano e abusano delle culture. E per darvi un’idea dei nostri compiti – e ce ne sono tanti – e mi scuso per aver potuto solo dire di alcuni, abbiamo dovuto avere un posto per riunirci, una casa. Adesso abbiamo questa casa, siamo qui.

Un’ultimissima cosa da un nuovo cittadino italiano – sono diventato cittadino italiano soltanto 6 anni fa - : un accenno critico. Questo Paese è tutto immerso nel  Mare Mediterraneo, ma non aveva nessuna istituzione nazionale che coinvolgesse, che riprendesse tutte le diverse attività talvolta molto produttive, molto ispirate.Questo lusso l’Italia può permetterselo e, perciò un’altra cosa che da straniero posso dire, è che l’Italia non si rende conto di quanta credibilità gode nel mondo. Sono stato recentemente in Tunisia dove l’italiano sta diventando la prima lingua straniera più del francese; sono stato recentemente in Albania, in Bosnia da dove provengo, e dove gli Italiani  erano, durante la Seconda Guerra Mondiale, occupanti; nonostante ciò nessuno ha percepito un soldato italiano che è venuto lì come un ex occupante. Questa credibilità che ha l’Italia, purtroppo per tanti anni l’Italia non ha saputo servirsene. Noi vogliamo servircene in un modo molto particolare: culturale. Questo Paese con una lunga cultura mediterranea, questa città che ha tutto per essere una delle capitali del Mediterraneo , ha questa possibilità di esserlo e noi siamo qui riuniti in questo nostro lavoro un po’ sconosciuto, talvolta sprezzato, talvolta visto con una diffidenza molto comune che molti italiani hanno talvolta senza saperlo, è stato rifiutato. “Ma cosa fanno?” “Questo non si fa!”

Adesso ci sono le prove concrete, voglio ringraziare quelli che dal primo momento, quando non eravamo credibili neanche noi, ci hanno aiutato: il Sindaco di allora Bassolino, alcuni altri amici che vedo qui e, adesso che abbiamo una prova, credo che quest’Accademia può avere un ruolo molto importante nel Mediterraneo e credo che il Mediterraneo ne abbia bisogno.

Grazie.