LE SFIDE MEDITERRANEE

di Jordi Pujol, presidente della Regione Catalogna

 

Come tutti voi sapete, ieri si è conclusa qui, a Barcellona, la Conferenza Euromediterranea. Questo evento ha costituito un fatto politico di prima grandezza perché ha suggellato un nuovo orientamento dell'Unione Europea (UE) che fino ad ora si era interessata poco alla problematica mediterranea, ed anche perché ha innescato un processo di lavoro comune tra i paesi della costa nord e della costa sud, dell'est e dell'ovest. Un processo di lavoro politico che deve portare a una cooperazione economica basata sullo scambio e sulla cooperazione e, di conseguenza, allo sviluppo economico e sociale di tutto il bacino mediterraneo. Tutto ciò deve essere dominato imprescindibilmente da un clima di pace e di rispetto reciproco. Senza timore di esagerare, si può dire che questa Conferenza di Barcellona segna l'inizio di una nuova epoca.

Tutti noi, qui presenti, dobbiamo rallegrarci per il buon auspicio che questo evento rappresenta per il futuro ed anche perché molti di noi hanno lavorato per anni affinché si verificasse questo nuovo orientamento della Unione Europea e questo riavvicinamento tra i popoli e le società del Mediterraneo. Abbiamo dato un contributo politico e, soprattutto, un contributo nel campo delle idee e dell'interscambio culturale, delle relazioni economiche e del rapporto umano. Non pecchiamo di presunzione se affermiamo che il lavoro di molti di noi, nel corso degli anni, ha contribuito a rendere possibile la Conferenza Euromediterranea. E questa constatazione, che comprende la Dichiarazione di Barcellona, ci costringe ancora di più a guardare in faccia il futuro.

In realtà, la Dichiarazione di Barcellona riconosce testualmente "il ruolo fondamentale che può svolgere la società civile nel processo di sviluppo della collaborazione euromediterranea, anche come fattore essenziale per una maggiore comprensione ed unione fra i popoli."  E aggiunge:" Di conseguenza, occorre consolidare o creare gli strumenti necessari per una cooperazione decentralizzata che favorisca l'interscambio tra gli agenti di sviluppo nel quadro delle legislazioni nazionali: i responsabili della società civile e politica, del mondo culturale e religioso, delle università, della ricerca, dei mezzi di comunicazione, delle associazioni, dei sindacati e dell'impresa pubblica e privata".

Come dicevo, molti di noi stanno lavorando da anni in questo campo e in questa direzione, e siamo felici di vedere riconosciuta l'importanza di questo impegno. E' un riconoscimento che ci spinge a proseguire sulla stessa strada con rinnovato interesse. Questo primo Forum Civil Euromed si configura già come una prima risposta alle raccomandazioni della Conferenza Euromediterranea. E' una risposta positiva, oltre che globale ed ambiziosa, che racchiude tutte le sfide che il Mediterraneo si è posto. I fori di lavoro sono comprensivi e sono tutti importanti, ma io vorrei commentarne due in modo particolare.

In primo luogo, quello che comprende tutto ciò che riguarda la creazione dell'opinione pubblica. In questo campo svolgiamo tutti un ruolo, ma soprattutto lo svolgono i politici, i giornalisti, gli accademici, le organizzazioni padronali e sindacali. Dobbiamo fare in modo che l'opinione pubblica dei nostri paesi comprenda i problemi e sia in grado di fare uno sforzo per capire il punto di vista degli altri. Faccio un esempio. C'è un settore dell'opinione pubblica spagnola - e di quella europea - che ha nei confronti del Maghreb la seguente posizione: non vogliono né le arance né i garofani del Maghreb; non vogliono che i nostri imprenditori mettano delle fabbriche nel Maghreb; vogliono avere la possibilità di pescare tutto quello che gli pare e piace nelle acque del Maghreb; e non vogliono l'immigrazione del Maghreb. Bisogna fare capire che questo atteggiamento è innanzitutto poco solidale e , per di più, impossibile, pericoloso e che, a lungo termine, si rivela contrario agli interessi spagnoli ed europei. La recente negoziazione dell'accordo fra la UE ed il Marocco ha fatto emergere una serie di atteggiamenti come questo ma ha anche evidenziato che, fortunatamente, la razionalità e la comprensione reciproca possono prevalere.

E' necessario che i politici - ma anche i sindacalisti, gli imprenditori e i mezzi di comunicazione - diano delle spiegazioni. A volte, soprattutto per quanto riguarda i politici e i sindacalisti, un'azione del genere richiede coraggio. Come diceva il presidente Kennedy: "il coraggio deve essere la prima virtù del politico". Ebbene, il politico ha il diritto di esigere che gli agenti sociali e i mezzi di comunicazione lo aiutino, che la società lo aiuti; e che chiunque abbia la possibilità di fare della pedagogia, la faccia. Vi ho fatto un esempio che riguarda da vicino noi europei. Ma sono certo che nell'Africa del nord ce ne sono altri simili a questo.

Il secondo punto sul quale intendo soffermarmi riguarda le migrazioni perché queste sono, da un lato, la conseguenza dello sviluppo insufficiente della sponda sud del Mediterraneo  e della sua altissima densità demografica; dall'altro, rappresentano un serio problema per l'Europa.

Appare molto difficile, forse impossibile, impedire l'emigrazione a breve termine. Ma, a medio termine, si può raggiungere un equilibrio a condizione che vi siano stabilità politica, sviluppo economico ed un benessere progressivamente generalizzato. Questo è un problema che riguarda innanzitutto i paesi del Mediterraneo del sud che devono contribuire più degli altri con la propria azione politica, sociale ed economica e con la propria autodisciplina. Ma tutta l'Europa deve dare il suo aiuto.

Nel frattempo, l'emigrazione ci sarà e l'Europa deve avere le idee chiare in merito. Come intende reagire di fronte a un fenomeno che potrebbe diventare di massa? Non abbiamo il diritto di tacere, per falsa cortesia, che si potrebbero verificare seri problemi. In Europa esistono dei gruppi minoritari che sono sensibilizzati e molto ben disposti verso l'immigrazione, ma l'esperienza ci insegna che questo discorso non vale per l'intera popolazione. E, in buona parte, l'attività per la sensibilizzazione, l'accoglienza, la convivenza, i rapporti sul lavoro, non si può svolgere solo con i decreti e con gli altri provvedimenti legali. Questi problemi si risolvono o si complicano al livello dei rapporti umani, nella società. Le parrocchie, le organizzazioni non governative, i sindacati, gli enti sportivi o le associazioni di genitori degli alunni, le associazioni di inquilini e tanti altri rappresentanti della società civile, svolgono un ruolo decisivo in tale contesto. E lo stesso discorso vale, neanche a dirlo, per i mezzi di comunicazione.

Non intendo abusare della vostra pazienza facendo riferimento ad altri aspetti concreti che saranno oggetto della vostra discussione nei vari fori: cooperazione industriale e turistica, il ruolo della donna, sinergie culturali, infrastrutture, etc. Questo è compito vostro. Vorrei soltanto fare due osservazioni per avviarmi alla conclusione.

In primo luogo vorrei sottolineare, benché debba ripetermi,  che se è vero che senza un buon operato delle istituzioni politiche nazionali ed internazionali - cioè dei governi e dei parlamenti, della Commissione Europea e della Lega Araba, etc. - non ci può essere progresso, bisogna anche dire che l'azione esclusiva di tali istituzioni risulta insufficiente e può arrivare ad essere inutile. Le istituzioni devono poter agire su un tessuto sociale vivo e creativo. Incoraggiare le iniziative della società mediterranea, fare pressione in senso positivo, aiutare questa società a procedere sulla strada della comprensione: questi sono i compiti della prima riunione del Forum Civil Euromed e delle altre che confidiamo si possano tenere in futuro. E sono anche i compiti del lavoro quotidiano di tutte le nostre associazioni e di ciascuno di noi.

La seconda osservazione riguarda un grande personaggio dell'Età Media, un catalano di Maiorca: Ramon Lull. Noi catalani lo amiamo molto per il suo valore e soprattutto perché, intorno al 1300, scrisse il primo libro di filosofia in una lingua che non era né latino, né arabo, né greco. Lo scrisse in catalano che da circa mille anni è la lingua della Catalogna, il paese che vi ospita. Ma tutti noi, in quanto mediterranei, possiamo ricordare oggi questo autore perché i suoi libri, i suoi discorsi e i suoi lavori - in catalano, latino ed arabo - avevano uno scopo: far sì che si creasse un'intesa fra i cristiani, i musulmani e gli ebrei. Se mi permetto di fare riferimento a questa grande figura della nostra storia e della nostra spiritualità è solo per ricordare che i nostri studi, insieme con le leggi, le conferenze, i fori, e i calcoli più saggi, non ci aiuteranno ad andare avanti se non saranno accompagnati da un grande sforzo di comprensione reciproca e dalla consapevolezza della profonda dignità di tutti gli uomini.