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Fondazione Mediterraneo - La stampa “IL MATTINO”
13 febbraio 2003


«ME.DESIGN»
UN CONVEGNO

di Vincenzo Trione


Un’invenzione, forse. Un nome. Ma anche una metafora. Mare terreno, lo ha definito Matvejevic. Mondo a sé e, insieme, centro del mondo. Mare circondato da terra, e terra bagnata dal mare, il Mediterraneo, nel corso degli ultimi anni, sembra aver radicalmente trasformato la propria identità. Lungi dal configurarsi solo come spazio storico-culturale (nella riflessione di Braudel) e come territorio mitico-lirico (nelle descrizioni di Camus e di Gide), è divenuto - come è emerso dalle recenti video installazioni di Studio Azzurro e del gruppo milanese Multiplicity - il "topos" del conflitto tra i popoli, le razze, le religioni. Un continente invisibile, collocato tra Africa, Asia ed Europa. Uno specchio d´acqua solido, attraversato da autostrade. Chi lo solca, è costretto a ripensare se stesso, a ridisegnare completamente il proprio ruolo. Difficile definirne l´identità mobile e plurale. Dove inizia? Quali sono i suoi confini? Quali elementi ne segnano l´orizzonte? Domande, problemi.
Se ne discuterà da stamattina a Castel dell’Ovo (e domani all´Hotel Royal) al convegno internazionale «Me.design. Il design per valorizzare le risorse dell´area mediterranea», promosso nell´ambito di un progetto di ricerca nazionale coordinato dal Politecnico di Milano. Vi prenderanno parte studiosi provenienti da alcune tra le più prestigiose Facoltà europee di Design, insieme con architetti, antropologi, economisti. Il seminario sarà affiancato - stasera (alle 19) - da un dibattito cui, movendo da prospettive, da indicazioni e da linguaggi diversi, interverranno artisti, fotografi e scrittori quali Antonio Biasiucci, Paolo Rosa di Studio Azzurro, Antonio Pascale ed Ernesto Tatafiore.
Tra i relatori del convegno, Franco La Cecla, architetto e antropologo, da anni trapiantato a Parigi, autore qualche mese fa di un pamphlet di notevole finezza, Jat-lag (edito da Bollati e Boringhieri).
Massimo Cacciari ha parlato del Mare Nostrum come di un arcipelago, basato sulla discontinuità tra gli stili, su unità infrante mai ricomposte, sulla capacità di metabolizzare espressioni di altri universi…
«In questo bacino, non c´è frattura tra i popoli. Analizzando il fenomeno delle migrazioni siciliane in Tunisia, ho scoperto che sono esistiti matrimoni misti, contatti, convivenze; ci sono stati scambi di competenze nell´ambito della pesca e dell´artigianato. Il mare non è un ostacolo. Il vicino non dà problemi. Non ci sono fratture».

Sul piano dei rapporti politici tra i paesi, le differenze, però, permangono…
«Le varie nazioni sono chiuse rispetto all´integrazione. Prevale l´ideologia della separazione. I confronti continuano, ma la frantumazione è forte. Tra le lingue, ad esempio, non c´è incontro. Il sud resta separato dal nord. L´Islam del Nord Africa è distante. Si parla di allargamento dell´Unione Europea ai paesi dell´est. Si trascura, invece, il ruolo del Marocco, della Tunisia…».
Mare che è anche un complesso di mari, il Mediterraneo , dunque, non più come luogo dell´armonia e del dialogo…

«Manca lo scambio tra le identità dei popoli. C´è subordinazione, spesso. In questa situazione, l´Italia del sud potrebbe divenire un grande filtro».

Il Mediterraneo cui si riferisce non ha un valore metaforico. È qualcosa di solido, di concreto…
«È uno spazio fisico, abitato da molte diversità».

Eppure, sembra esistere uno stile mediterraneo comune. Nelle arti, nell´architettura, nell´artigianato, nella cucina....

«Credo che lo stile mediterraneo sia un po’ un’invenzione. E, tuttavia, sono innegabili alcune somiglianze. Oggetti e sapori, ad esempio, si trovano in più contesti. Gli edifici, spesso, si somigliano. Per slittamenti, le lontananze si accostano. Si sono sviluppate distanze su una stessa base. Il Mediterraneo è diventato lo specchio di un mondo in cui le differenze hanno finito con il prevalere».



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