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IL MATTINO
11 dicembre 1994
(N.1)
BOSNIA, DOVE L´EUROPA HA FALLITO
di Titti Marrone


Lampeggiano gli occhi scurissimi di Predrag Matvejevic´ mentre parla di quel che lo ha portato a Napoli, dopo tre anni di assenza. Tre anni fa, lo scrittore croato avviò da qui - da Capri, che gli assegnò il premio Malaparte - il cammino del suo splendido Breviario Mediterraneo, atto d´amore intellettuale e letterale dedicato ad un´area geografica che è per lui crocevia di storia, cultura e tradizioni democratiche da reinserire nella nostra tormentata contemporaneità. Adesso, Matvejevic´ torna per intraprendere un altro percorso: e dalla sede dell´Istituto Italiano per gli Studi Filosofici lo scrittore nato a Mostar nel 1932, docente all´università di Zagabria, alla Sorbonne ed ora anche alla Sapienza, esponente di spicco del dissenso a fianco di Wàclav Havel e dei maggiori scrittori europei, ha lanciato un appello per la pace nell´ex Jugoslavia. Lo ha fatto intervenendo alla presentazione di un libro, Il viaggio del signor Niente (ed. Magma), libro che Michele Capasso ha dedicato alla memoria di suo padre Raffaele, per 35 anni sindaco di San Sebastiano al Vesuvio.
Chi come Matvejevic´ è costretto a vivere da esule, si sa, cambia di continuo indirizzo. Ma tra i suoi recapiti di Parigi e Roma, presto ce ne sarà uno nuovissimo, e assai mediterraneo. Perché, con Capasso, Matvejevic´ intende istituire a Napoli un Osservatorio sul Mediterraneo, che guidi il cammino del suo Appello per la pace e aiuti a rinsaldare i rapporti culturali di quest´Europea lacerata. "È Napoli la mia capitale del Mediterraneo, perché nessun´altra città ha tanta storia, tanta cultura, tanti incontri di popoli nel segno della tolleranza", dice Matvejevic´. "Il nostro Osservatorio partirà da qui, e servirà a incalzare anche l´Italia, che non ha politica mediterranea. Come la Spagna, o la Francia, o la Grecia, che non riescono a imporre all´Unione europea la loro visione dei problemi. Così, ci si arriva a fare l´Europa senza la sua culla: è come voler formare una persona senza la sua infanzia, la sua adolescenza. La costa Nord e la costa Sud non riescono a comunicare. La griglia di lettura del Mediterraneo che viene dal Nord non è quella che desidera il Sud. Nelle mie indagini, ho visto le minute degli atti di Strasburgo, di Bruxelles, del Lussemburgo: il Mediterraneo funziona solo per mettersi la coscienza in pace".
È nel cuore dell´Europa, a cinque anni dall´abbattimento del muro di Berlino, sorge un nuovo muro, quello di Sarajevo, attorno al quale si costituisce, come una nuova lacerazione, l´impotenza dell´Europa. Quali sono le sue responsabilità nella tragedia della Bosnia?
"Il fallimento dei Maastricht si chiama Sarajevo. Nessuno aveva idea che il passaggio dal Comunismo al post - Comunismo potesse essere così problematico. Invece della democrazia, all´Est impera quella che io chiamo "Democratura", con nuove forme di totalitarismo".
L´Europa oggi si rappresenta con una serie di sigle: Csce che diventa Ocse, Unione Europea, Nato, Consiglio d´Europa. Ma esiste un ´Europa?
"Esiste una politica europea di cui l´ex Jugoslavia , con la sua tragedia, è il simbolo. Eppure, proprio qui, nei Balcani, è nata l´idea europea, qui è nata la cultura ellenica. E si lascia che si svolgano una guerra ed una capitolazione dell´Europa di fronte a questa guerra. Abbiamo visto, in questa crisi, risorgere orientamenti che hanno guidato l´Europa alle due guerre mondiali. Vediamo una politica tedesca molto diversa da quella francese: gli uni che guardano alla Serbia come all´aggressore, come gli altri alla Croazia, e ognuno a badare ai suoi interessi nei Balcani, con l´Italia in mezzo che dimentica di essere crocevia sia del Mediterraneo che degli stessi Balcani, che lascia agli altri l´iniziativa politica.
È una situazione terribilmente simile a quella precedente alla prima guerra mondiale".
In un editoriale apparso su le Monde di qualche giorno fa si paragonava la Bosnia alla Cecoslovacchia del 1938: come questa fu abbandonata ad Hitler da Chamberlain e Daladier, così oggi l´Europa si lava le mani…
"Da tempo in molti miei scritti compreso l´Epistolario dell´altra Europa, traccio questa analogia. In più, oggi c´è una Russia che lancia una sfida tradizionalista, che vuole avere ad ogni costo l´importanza internazionale che aveva la vecchia Urss. Ho un padre russo, e voglio dire, senza impegnare in questo giudizio gli altri firmatari dell´Appello, che la politica russa oggi è simile al comportamento di un orso in un circo. Gorbaciov invece, pur con i suoi tanti errori sul piano interno, era capace a mio avviso di una visione veramente internazionale dei problemi, accolta da tutta l´Europa".
Chi ha a suo avviso le maggiori responsabilità nella crisi bosniaca?
"Purtroppo c´è un ampio concorso di responsabilità, interne ed esterne. Credevo molto nel ruolo di Mitterrand, che, quando è venuto a Sarajevo, aveva acceso molte speranze. Poi la politica francese ha contribuito all´agonia di Sarajevo. C´è la responsabilità della Germania, c´è quella del Vaticano, ma io non credo che, come dice la propaganda serba, ci sia in essi un dato di consapevolezza. C´è piuttosto una sorta di complicità in questo stato di cose, che va estesa anche all´Inghilterra. Quanto all´Italia, ossessionata dai suoi problemi interni, è arrivata a dimenticare anche i problemi dell´Istria, della minoranza italiana, e ha posto questa questione nel modo peggiore, lasciando alla destra l´iniziativa. All´interno però, a mio avviso il peso maggiore grava su Milosevic. Non lo dico perché sono croato - ci sono molti errori di Tudjman che tendo a mettere in evidenza - né col proposito di incolpare i serbi, che sono un popolo a me fratello: ma la politica di Milosevic è quella di un becchino, risulta anche molto utile al separatismo croato per operare la grande spaccatura che poi si è prodotta".
Che cosa potrebbe avvenire con il ritiro dei caschi blu dalla Bosnia?
"Ci sarebbe una strage terribile. Ma credo che in Europa ci sia ancora una razionalità politica che non lo permetterà. Ma addolora constatare che si è fatto molto presto un intervento in Kuwait: in Bosnia no, perché non c´è petrolio. E questo dice tutto. Anche per questo bisogna che il Mediterraneo ridiventi un soggetto del dialogo col mondo, riprenda la sua personalità perduta. C´è, all´orizzonte Mediterraneo, una sorta di pessimismo storico che ci disarma. Le grandi potenze ne osservano la carta, valutandola dal punto di vista strategico. Vorrei che il nostro osservatorio aiuti a ritrovare le grandi idee della pòlis, della democrazia, che sono nate qui. Napoli sarà la mia seconda città. Mi lega ad essa l´iniziativa promossa da Michele Capasso, il ricordo di suo padre che ha riconosciuto San Sebastiano nel dopoguerra come io vorrei che si rifacesse Mostar. C´è un gemellaggio tra San Sebastiano, che mi conferisce la cittadinanza onoraria, e Mostar, nel nome della mia città. Nome che vuol dire "vecchio ponte", e allude insieme alla necessità di una ricostruzione ed a quella di avvicinare le rive lontane".

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