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Intervento di Michele Capasso,
presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo
e direttore generale della Maison de la Méditerranée

Sono particolarmente lieto di porgere il benvenuto della “Fondazione Laboratorio Mediterraneo” e della “Maison de la Méditerranée” a questo incontro al quale hanno collaborato.
L’appuntamento di questi giorni coincide con un momento difficile della nostra storia ed è ormai chiaro che è necessaria un’azione comune di tutti per tentare di rimettere insieme i cocci del processo di pace.
Lo strumento principale è il dialogo tra le società e le culture: elemento imprescindibile per assicurare progresso e sviluppo condiviso e sul quale la nostra istituzione, ormai da quasi un decennio, ha fondato la propria azione.
Le ONG costituiscono l’elemento principale nel dialogo della Società civile euromediterranea, perché anche laddove i diritti di base sono acquisiti, il valore aggiunto della solidarietà, della condivisione di obiettivi e della creazione di comunità costituisce l’apporto che la Società civile porta ai processi sociali.
In tale scenario la rete euromediterranea delle ONG costituisce l’asse portante di un processo di dialogo e di pace.
La FONDAZIONE LABORATORIO MEDITERRANEO , che ho l’onore di presiedere, costituisce una “rete euromediterranea per il dialogo tra le società e le culture” a cui hanno aderito, nel corso di quasi un decennio, ONG, collettività locali, università, accademie ed alte istituzioni culturali e scientifiche per un’azione forte e decisa, perché rivolta al futuro e fondata sulla speranza che i popoli del Mediterraneo possano acquisire una pace duratura; lavorare per la ricostruzione economica, sociale e politica dei loro Paesi, nei limiti delle frontiere oggi riconosciute; vivere le loro differenze in perfetta armonia e con uno spirito di tolleranza, dialogo e libertà.
La rete della nostra Fondazione è basata sulla rappresentatività e legittimità delle adesioni, su spazi fisici e virtuali distribuiti nei vari Paesi, su interazioni specifiche aventi lo scopo di valorizzare al massimo ogni singolo partecipante alla rete che, in questo modo , diventa una “rete di reti”: per questo è auspicabile e possibile la ricerca di soluzioni che possano strutturare un’interazione reciproca tra le ONG euromediterranee – democraticamente e legittimamente rappresentate – e la nostra istituzione.
Nell’interazione con la nostra Fondazione, la rete di ONG euromediterranea – che nel II Forum Civile Euromed di Napoli del 12,13,14 dicembre 1997 i 2248 partecipanti battezzarono “EUROMEDI.ONG” – può trarre una forma di potenziamento. Mi auguro, quindi, che questi lavori possano produrre risultati concreti attraverso la costruzione di una progettualità condivisa; come pure sono convinto che la qualità degli interventi costituirà una base di lavoro utile per il FORUM CIVILE EUROMED ed altri eventi importanti che la nostra istituzione organizza , a Napoli e in vari Paesi euuromediterranei, in occasione del Semestre italiano di Presidenza dell’unione europea ed in vista della Conferenza euromediterranea programmata qui a Napoli il 2 e 3 dicembre 2003.
L’importanza del dialogo della Società civile è dovuta anche al suo approccio originale introdotto dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo sin dal 1994 e recepito dall’Unione europea nel Processo di Barcellona: promuovere il processo d’integrazione euromediterranea utilizzando la scienza e la cultura.
E’ un approccio originale e realista, perché sono fermamente convinto che, nello spazio euromediterraneo come altrove, il dialogo e la mediazione devono comunque prevalere sulle soluzioni militari. Ma è un approccio che coincide anche con l’indirizzo fondamentale dell’Accademia del Mediterraneo-Maison de la Méditerranée che si costituisce soprattutto come punto di riferimento per il rispetto delle diversità culturali e linguistiche e per un durevole dialogo tra le società e le culture.
Questa è una sfida politica, economica sociale e culturale che coinvolge tutti noi.
L’interdipendenza tra uomini, società e spazi è ormai la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione economica e finanziaria, la circolazione immediata
dell’informazione conducono tutta l’umanità verso una comunità omologata. Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi: le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo ne sono la prova. Come costituiscono prova il rischio di egemonia di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l’avvenire del nostro pianeta – e gli avvenimenti di questi giorni lo dimostrano - oppure il blocco dell’informazione operato verso le fasce più deboli e meno abbienti.
Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni reali di quel paese o i monopoli di attori specifici – privati o pubblici – sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività e, quindi, di esistenza.
Quando gli scambi internazionali si diffondono e si ingigantiscono gli Stati, ma specialmente i cittadini, hanno la sensazione di vedersi sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una "monocultura". Di fronte a questa perdita d’identità, specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo, all’odio, al rigetto dell’Altro.
Se vogliamo evitare che la guerra fredda di ieri si trasformi oggi in un suicidio cultuale, agevolato da massicci movimenti migratori internazionali, occorre – nel senso più ampio del termine –democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione snaturi la democrazia.
Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace, il dialogo e la cooperazione tra spazi potenzialmente generatori di conflitti, qual è lo spazio euromediterraneo.
Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche – di cui il Mediterraneo è antico custode - costituiscono oggi spazi privilegiati di solidarietà che, se rafforzati dal dialogo e dalla cooperazione, sono la migliore garanzia per la democrazia, la pace e lo sviluppo condiviso.
Il dialogo tra le culture è oggi più che mai indispensabile non solo nel Mediterraneo ma come progetto di scala planetaria: un progetto di società in cui le culture si completano senza escludersi, si rinforzano senza scomparire, si accorpano senza perdere ciascuna la propria identità.
Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare, rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.
Ma tutto questo presuppone che la diversità culturale mondiale divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale tra i popoli, che il riconoscimento della cultura come forza dominante non costituisce un’eccezione bensì il fondamento del nuovo processo di civilizzazione, che la cultura non si limiti solo alle arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale, intellettuale ed emotiva nei diversi tessuti sociali: in poche parole che la cultura – in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto tra loro- possa assumere il ruolo di “forza buona” capace di incidere sui processi della storia.
Riconoscere che cultura e sviluppo sono indissociabili, senza limitarsi ad un semplice approccio commerciale ed economico della cultura, è essenziale per costruire il futuro, qui nei Mediterraneo come altrove.
Questo è il messaggio che desideriamo lanciare, con le ONG, oggi a Napoli: promuovere il dialogo per la coesistenza delle diversità ed una pace durevole.
La speranza forte è tacciano, per sempre, le armi. La violenza deve cessare.
I popoli del Mediterraneo, all’alba di questo nuovo millennio, devono chiudere definitivamente con un passato tragico ed esaltare tutta la loro ricchezza ed il loro grande patrimonio, che hanno costituito e costituiscono un universale valore per tutta l’umanità.

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