Il logo della Fondazione Mediterraneo

Condividiamo valori
Combattiamo le ineguaglianze
Costruiamo la pace

Il nostro portalevideo
 Inglese Francese Italiano 
*

Home page

*
*
*

Chi siamo

*
*
*

La Rete

*
*
*

Le Sedi

*
*
*

Le Attività Svolte

*
*
*

La Maison de la Méditerranée

*
*
*
Le Attività
*
In programma
Svolte per Anno
   1994 - 2010
Svolte per Aree
   tematiche
Elenco generale
Attività delle Sedi
Pubblicazioni
 
* *
"LA NUOVA ECOLOGIA"
15 giugno 1996



LE MILLE CITTA’ DEL NOSTRO MARE

di Michele Capasso


La conferenza mondiale dell’Onu "Habitat II" vede impegnati in questi giorni a Istanbul oltre 400 delegazioni per tentare di delineare il futuro e le prospettive delle città alle soglie del terzo millennio. Le città del Mediterraneo, in tale contesto, avranno un ruolo significativo, direttamente collegabile alla storia e al futuro del Nostro Mare.
Cos’è oggi il Mediterraneo? Siamo alla fine di un millennio dove sembra prevalere il prefisso "ex". Abbiamo sentito parlare in questi anni di ex-Jugoslavia, ex-Unione Sovietica, ex-comunismo, ex-Stati, ex-società, ex-ideologie, ex-cittadinanze e via dicendo. Questo prefisso, "ex", ha investito individui e collettività e non poteva non interessare il Mediterraneo che oggi appare anch’esso un mondo "ex".
Il Mediterraneo vive soprattutto nel nostro immaginario ed è appunto attraverso esso che identifichiamo una realtà che oggi quasi non esiste più. Tra il Nord e il Sud del Mediterraneo vi è un problema di rappresentazioni: vi sono differenti modi di organizzazione sociale e una diseguaglianza delle risorse e delle ricchezze. Ma c’è di più: esiste soprattutto il modo appannato con cui le due sponde si percepiscono, sia con la ragione sia con il cuore; un riflesso contemporaneamente istintivo e controllato che provoca angoscia, odio, compassione, indifferenza, smarrimento. Lo sguardo del Nord sul Sud non è solo quello del più laico sul meno laico, del cristiano sul musulmano, dell’europeo sul non-europeo: è soprattutto lo sguardo del ricco sul povero, del potente sul debole, del bianco sul nero.
Il Mediterraneo come volontà di solidarietà non esiste: è una zona di fratture molto profonde – politiche, sociali, culturali, economiche, religiose – che tenderanno ad acuirsi nei prossimi anni. Quindi Mediterraneo sempre più di frontiera e sempre meno elemento aggregante: quasi sempre uno stato confuso di cose lontano dal diventare "progetto".
Il Mediterraneo è considerato quasi come una "provincia", penombra dell’Europa. Con le scollature e le solitudini che competono alla periferia. Ma proprio ai margini del centro, dove la velocità è ridotta, è possibile ritrovare quell’energia essenziale che scaturisce dalla scoperta delle proprie radici. Radici indispensabili per ancorare i rami impazziti della post-modernità.
La "lentezza", tipica delle città mediterranee, può essere un modo per criticare con oculatezza la "velocità" che viene imposta dalla società dei consumi. Senza con questo criticare interventi positivi di sostanziale importanza come quelli del cablaggio delle città e delle nuove tecnologie: occorre però, sul "treno senza freni", creare degli elementi di sicurezza. Il destino di chi viaggia su questo "treno" prevede tre ipotesi: andare a sbattere; tentare di scendere dal treno in corsa; rallentare la corsa del treno stesso. Escludendo la terza ipotesi perché poco probabile, non ci resta che capire come governare la velocità.
Nei prossimi anni la gran parte della popolazione si concentrerà ancor di più nelle principali città mediterranee. Non sarà facile viverci. Avremo sempre più anziani trascurati, giovani senza punto di riferimento, feroci somatizzazioni da stress urbano, aria irrespirabile, acque di mari e di fiumi inquinate. Queste città correranno il rischio di essere l’incarnazione di un aberrante processo sorretto esclusivamente dal potere economico e dalla legge crudele dei mercati. Partendo dall’uomo occidentale, le idee di profitto e di proprietà potrebbero estendersi, per imitazione, a tutto il pianeta: una droga che finirebbe col distruggere definitivamente la natura, l’ambiente e l’uomo.
Da questo punto di vista, il Sud, il Mediterraneo, costituiscono una difesa. L’apparente inadeguatezza delle città mediterranee, la loro distanza dai centri industrializzati del Nord, dai centri cioè in cui vengono decise le sorti economiche dell’Europa, ne fanno un punto di vista privilegiato: da "periferia apparente dell’Europa dei mercati" possono invece essere il baricentro culturale del Mediterraneo: una risorsa indispensabile per riequilibrare i rapporti e le distanze non solo in termini di misura, ma soprattutto di valori, una risorsa per consentire di scendere da quel "treno" attraverso passaggi difficili e delicati.
Il Mediterraneo come "patria dei miti", ha sofferto delle mitologie che esso stesso ha generato: è uno spazio ricco di storia rimasto vittima di ogni sorta di storicismo.
Il Mediterraneo di oggi non si identifica con la rappresentazione che di questo mare viene da sempre perpetuata. Una "identità dell’essere" si amplifica sempre di più a svantaggio totale di una "identità del fare" che non è né definita, né compresa, né tantomeno attuata.
In questo senso molte definizioni devono essere riconsiderate. Non esiste solo una cultura mediterranea: troppo semplicistico. Ce ne sono altre in seno a un solo Mediterraneo. Sono caratterizzate da tratti per certi versi simili, per altri differenti, raramente collimanti, quasi mai uniti, ma mai identici. Le somiglianze sono dovute soprattutto alla prossimità di un mare comune e all’incontro sulle due sponde di nazioni e di forme di espressione vicine. Le differenze sono segnalate da fatti di origine, di credenze, di costumi, di storie; fatti che talvolta sono essi stessi inconciliabili.
Elaborare una cultura intermediterranea alternativa: mettere in atto un progetto del genere non è impresa facile; condividere una visione differenziata è invece meno ambizioso anche se non sempre facile da realizzare. Occorre ripensare le nozioni superate di periferia e di centro, i significati delle separazioni, le relazioni delle simmetrie a fronte delle asimmetrie. In questo senso un ruolo fondamentale è affidato alle città del Mediterraneo. I governi non potranno sostituire le città nella loro "identità del fare".
Il destino del Mediterraneo è affidato alle sue città e alla capacità di collegamento tra esse. Da questa capacità di gettare reti, di intessere collegamenti, si determinerà lo sviluppo e il futuro di quest’area geografica. Le città del Mediterraneo: mille volti e mille storie, differenti colori e culture, degradi, violenze, progetti, vari livelli di ripresa, periferie che soffocano i centri storici, debolezza delle istituzioni nel governare. Queste città (come ogni altra città) sono nate per libera volontà degli uomini, e come gli uomini, crescono, vivono, si ammalano, guariscono o muoiono.
Le città del Mediterraneo sono quasi tutte afflitte da una grave malattia. La "cura", la sfida è passare da una irrazionale fase quantitativa a un progetto qualitativo che recuperi e razionalizzi l’esistente. Esse offrono un volto comune: il volto devastato da decenni di malgoverno e di assenza assoluta di professionalità e progettualità. Cultura e patrimonio, qualità della vita, migrazioni, turismo, trasporti e comunicazione, strategie di sviluppo economico, ambiente, salute pubblica, lotta contro la droga, protezione civile: questi i temi su cui si costruirà il destino delle città mediterranee.
Un compito essenziale è quello dei sindaci: essi potrebbero essere definiti come edificatori, costruttori delle città e non gestori delle stesse.
Questi uomini dovrebbero operare in tal senso anche in situazioni difficili. Il conformismo dei loro predecessori era un atteggiamento più facile, perché non li costringeva a esporsi. Adesso, quando si agisce in pubblico e quando si costruisce bisogna rischiare ed esporsi, ma, soprattutto, rendere conto.
Il Mediterraneo sembra proprio tornare al tempo in cui le città avevano un ruolo essenziale. Assistiamo al risveglio di una volontà nuova da parte delle sue principali città che vogliono diventare protagoniste della politica del Mediterraneo, sebbene la rete di queste città non sia ancora operante come nel nord Europa. Si tratta infatti di una sfida, da cui le città ottengono due risultati essenziali: il recupero della propria identità e l’accelerazione di un’integrazione culturale che può trasportare molte di loro dal Mediterraneo al cuore dell’Europa.

Torna indietro
***
***
***
* *