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FONDAZIONE LABORATORIO MEDITERRANEO



I SAPERI DEL FEMMINILE
Il Mediterraneo antico e le scelte per il nostro futuro


INTRODUZIONE
Perché un seminario sui saperi delle donne promosso da una Fondazione che raccoglie studiosi e scrittori del Mediterraneo?

Si vuole forse riproporre una sorta di principio creatore, la Grande Madre, natura primigenia, che possiede il segreto della vita e della fertilità? Niente di tutto questo.
Nella cornice del Mediterraneo di ieri e di domani, una riflessione di donne e uomini di oggi, sui costrutti delle differenze di genere mira a sviluppare “un pensiero delle diversità che sappia riconoscere che ogni universo è un pluriverso, che sappia cioè concepire insieme uno e molteplice (la molteplicità nell’unità e l’unità della molteplicità), tutto e parti, l’interdipendenza planetaria e senso delle radici apertura e chiusura, integrazione e appartenenza.[1] Intende cioè proporre una modalità di relazione tra i sessi senza asimmetrie di potere, senza il predominio né di un ordine simbolico maschile, né di un simbolico materno. Una Fondazione, quale il Laboratorio Mediterraneo, che si pone l’obiettivo di valorizzare differenze e identità che agiscono nel “Mare Nostrum” al fine di superarne i particolarismi delle identità nazionali, delle fedi e delle ideologie, nell’intento di oltrepassare i regni degli ex - comunismi, capitalismi, purismi identitari – che hanno nutrito le guerre e gli eccidi dell’ultimo secolo, riconosce il valore delle differenze anche tra i generi e all’interno dello stesso genere e vuole costruire una società complessa in cui le differenze siano elemento di ricchezza reciproca e non mezzo di asimmetria; dove sia riconosciuta “l’alterità positiva e l’autorevolezza del soggetto donna”.[2]
Pertanto alle soglie del III Millennio, alla luce di nuovi ritrovamenti archeologici[3] e rinnovate prospettive della ricerca storico-antropologica[4] ci siamo interrogate su culture attive in alcune zone di questa area fino al II Millennio anticristo – ove sembra vigesse un principio di relativa equità tra i sessi, ove la guerra e il predominio non erano i valori culturali dominanti. Riane Eisler ha chiamato tale ipotesi gilandria (da gunè che si riferisce alla donna e anér che si riferisce all’uomo, legati insieme dalla I).
Nella teoria delle trasformazioni culturali, sviluppata dall’autrice, la storia non è né ciclica né lineare o causale, bensì l’interazione tra due tipi di movimenti: da organizzazioni meno strutturate a più complesse e da organizzazioni sociali di dominazione a partnership, più specificatamente androcrazia e gilania. La teoria della trasformazione culturale ipotizza che un mutamento da una direzione gilanica a una andocratica abbia alterato radicalmente il corso della civiltà occidentale durante un periodo caotico di disequilibrio dei sistemi della nostra preistoria. Ipotizza inoltre che nel nostro tempo di crescente disequilibrio di sistemi, si abbia una forte spinta verso un altro mutamento fondamentale, questa volta dall’androcrazia a gilania.[5]
Afferma l’autorevole Marija Gimbutas “non troviamo nell’Europa Antica e nemmeno in tutto il Mondo Antico un sistema di governo autocratico femminile con un’equivalente oppressione sull’uomo. Piuttosto troviamo una struttura nella quale i due sessi sono all’incirca sullo stesso piano”. Tali culture dell’Europa Antica scompariranno sotto le successive immigrazioni di popoli indoeuropei “Kurgan”, che otterranno nel 2300 a.C. il dominio dell’Ellade. Pur tuttavia fino alla metà del II Millennio a.C. esse continueranno a fiorire nel cuore dell’area Mediterranea, nella sfera di influenza della talassocrazia cretese. A tale epoca a.C. risalgono tracce di culti dedicati a dee madri, che tra l’altro percorrono uno stesso percorso, dall’antica Anatolia verso i Balcani, le terre degli Ittiti, degli Egizi, le coste del Mediterraneo, fin giù a Creta e Cipro ecc. di essi danno ancora tracce feste sarde di origine nuragica (Dendola), ma, fatto più importante e poco oggetto di riflessione è che sulla loro traccia si è insediato il mito della Madonna. Molti degli antichi santuari della dea Madre sono divenuti luoghi di culto della Madonna (sul luogo dell’antico tempio di Ishtar di Efeso; così come ad Alicarnasso) vi è un santuario di Maria Vergine a cui nei primi secoli dopo Cristo accorreva un’uguale folla di fedeli.
Le sponde e le isole del Mediterraneo hanno piena testimonianza di culture, simboli, divinità femminili antecedenti a quelle che la nostra memoria scolastica, stereotipatamene ferma alle soglie del I Millennio a.C., ci tramanda; l’invito è ad approfondire il senso che ciò potrebbe avere oggi per noi nella costruzione della società attuale. Una cultura di partnership e di dialogo tra i sessi ove si articolino le polarità in un rapporto dialogico, oltre il paradigma del dominio.
Pertanto in un Mediterraneo intriso, di fondamentalismi religiosi ove è forte la spinta a limitare lo spazio e i diritti delle donne; ove anche nelle aree più europeizzate il diritto alla parità non corrisponde al rispetto e all’esercizio delle differenze si è pensato di richiamare ipotesi di organizzazioni sociali, della sopraffazione e della guerra, né irriso il potere femminile della procreazione; ove massima era l’attenzione alla creatività e alla espressione artistica, con segni di “una spiritualità basata sulla natura che oggi potremmo definire una profonda coscienza ecologica”[6] – si pensi ai delfini e ai gigli degli affreschi del palazzo di Crosso.
In una prospettiva di società complessa, l’invito non è a seppellire un ordine simbolico maschile attraverso quel “di più” connesso alla capacità femminile di cura e procreazione, bensì il rifarsi alla proposta di un universi gilandrico che riconosca spazio e valore alle differenze dei sessi, nel superamento di un ordine asimmetrico di relazione tra gli stessi.
Pertanto si comprende come la presente discussione pur partendo da alcune considerazioni su società lontane vuole essere un contributo per il nostro futuro: per la costruzione di una società di rispetto, valorizzazione reciproca e solidarietà tra i generi. Quale teatro migliore del Mediterraneo di domani per sperimentare l’azione di diversi saperi e di relazioni reciproche senza “colonizzazioni” e integrazioni omologanti; per praticare una politica dei generi all’interno e tra le culture.

Sono una psicoanalista e pertanto la prima riflessione va a quella che è la costruzione del soggetto umano adulto dove tutta la più recente psicoanalisi non vede un adulto autonomo e irrelato. Il concetto di “adultità” racchiude in sé la capacità di essere autonomo e indipendente, anche interdipendente e interconnesso con gli altri, cioè capace di mantenere i propri confini ma allo stesso tempo aprirsi all’amore e all’incontro, alla cura e al farsi carico delle persone amate e del mondo in cui vive.



Caterina Arcidiacono




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[1] Editoriale, Pluriverso, Rizzoli, n.1. p. 5.

[2] Rosi Braidotti, Dissonanze, La Tartaruga, 1944, Milano.

[3] L’archeologo Louis Gokart, (membro del Comitato scientifico della Fondazione Laboratorio Mediterraneo) ha di recente ritrovato a Tebe in Beozia, GLI ARCHIVI DEL PALAZZO Imperiale di Cadmo, una tavoletta risalente al XIII a. C. in lineare B con una invocazione alla dea Ma-ka, che trova riscontro nella Ma-ga di ESCHILO. Il ché consente di collocare nella storia antiche leggende, a cui si faceva risalire il culto della Grande Madre Terra del primio millennio. Cfr. V. Arvantinos, L. Gokart, A. Sacconi: Sui nuovi testi del Palazzo di Cadmo a Tebe, Rend. Mor. Acc. Lincei, serie IX, vol. VI, Roma 1995

[4] Cfr.: Riane Eisler (1987a) Il calice e la spada, Anabasi, Milano 1995; Gimbutas Marija (1989), Il linguaggio della dea. Mito e Culto della dea madre nell’Europa Neolitica, Longanesi, Milano, 1990.

[5] Riane Eisler, Pluriverso, op. cit. p. 40.

[6] Riane Eisler: Il testo nascosto della storia: Dilania, Androcrazia e le scelte per il nostro futuro, L’Universo n.1. 1995, p.44, Rizzoli Editore.

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