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7th Euro-med Convention from Land to Sea
Taormina, 31 ottobre 2003


LE VIE DEL MARE (Nostrum)
STRUMENTO PER LO SVILUPPO CONDIVISO, IL DIALOGO E LA PACE


Relazione dell’arch. Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e
direttore generale dell’Accademia del Mediterraneo e Maison de la Méditerranée


Ringrazio il Gruppo Grimaldi per l’invito a questo incontro internazionale.
Con questo intervento desidero portare a questi lavori il contributo della dimensione culturale e scientifica. Ma qual è il legame tra la cultura e la scienza con una tematica, qual è quella odierna dei trasporti marittimi, in cui protagonisti principali sono l’economia e la politica?

Le vie del mare - con i traffici, i trasporti, gli scambi, ecc. - sono uno strumento essenziale per promuovere il dialogo tra le società e le culture che è, oggi più che mai, indispensabile non solo nel Mediterraneo ma come progetto di scala planetaria: un progetto di società in cui le culture si completano senza escludersi, si rinforzano senza scomparire, si accorpano senza perdere ciascuna la propria identità. Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare, rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.Ma tutto questo presuppone che la diversità culturale mondiale divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale tra i popoli, che il riconoscimento della cultura come forza dominante non costituisca un´eccezione bensì il fondamento del nuovo processo di civilizzazione, che la cultura non si limiti solo alle arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale, intellettuale economica ed emotiva nei diversi tessuti sociali: in poche parole che la cultura - in un mondo aspro fatto di forze in contrasto tra loro dove spesso a dominare sono la politica e l’economia (in alcuni casi senza il minimo rispetto dell’etica sociale e del “Bene Comune”) - possa assumere il ruolo di "forza buona" capace di incidere sui processi della storia.Riconoscere che cultura e sviluppo economico sono indissociabili, senza limitarsi ad un semplice approccio commerciale ed economico della cultura, è essenziale per costruire il futuro, qui nel Mediterraneo come altrove.
Questo processo ha bisogno di azioni concrete e comuni ai trentacinque Paesi che tra pochi mesi saranno i protagonisti del Partenariato euro-mediterraneo, specialmente nel campo dello sviluppo sostenibile e duraturo, della salvaguardia dell’ambiente – e su questi temi lo sviluppo delle vie del mare è fondamentale! - dei diritti umani, della promozione della democrazia, della promozione di pratiche di “Buon Governo”.
La Conferenza euromediterranea che si svolgerà a Napoli il 2 e 3 dicembre prossimi può essere una buona occasione di lavoro concreto.

Il dialogo tra le società e le culture è elemento imprescindibile per assicurare progresso e sviluppo condiviso nell’area euromediterranea e su questo la Fondazione Laboratorio Mediterraneo - in quanto "rete" ma, specialmente, quale "strumento per fare reti" - ha fondato la propria azione. Un´azione forte e decisa, perché rivolta al futuro e fondata sulla speranza che i popoli del Mediterraneo possano:
· acquisire una pace duratura;
· lavorare per la ricostruzione economica, sociale e politica dei loro Paesi, nei limiti delle frontiere oggi riconosciute;
· vivere le loro differenze in perfetta armonia e con uno spirito di tolleranza, dialogo e libertà.
L´approccio originale portato avanti dalla nostra Fondazione sin dal 1994 - in accordo con i principi affermati dal Consiglio d´Europa e, poi, dall´Unione europea nel Processo di Barcellona - è quello di promuovere il processo d´integrazione euromediterranea - a vari livelli: dallo sviluppo dei traffici marittimi e delle vie del mare a quello dell’artigianato e dei mestieri d’arte; dalla promozione del cinema e del teatro alla diffusione dei nuovi strumenti di informazione e comunicazione, ecc. - utilizzando appunto la scienza e la cultura. E´ un approccio originale e realista, perché sono fermamente convinto che, nello spazio euromediterraneo come altrove, il dialogo e la mediazione devono comunque prevalere sulle soluzioni militari. Ma è un approccio che coincide anche con l´indirizzo fondamentale della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che si costituisce soprattutto come punto di riferimento per il rispetto delle diversità culturali e linguistiche e per un durevole dialogo tra le società e le culture.

Questa è una sfida politica, economica, sociale e culturale che coinvolge tutti noi.L´interdipendenza tra uomini, società e spazi è ormai la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione economica e finanziaria, la circolazione immediata dell´informazione conducono l´umanità intera verso un futuro di omologazione.
Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi: le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo ne sono la prova. Come costituiscono prova il rischio di egemonia di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l´avvenire del nostro pianeta oppure il blocco dell´informazione operato verso le fasce più deboli e meno abbienti.Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni reali di quel paese o i monopoli di attori specifici - privati o pubblici - sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività e, quindi, di esistenza.

Quando gli scambi internazionali si diffondono e si ingigantiscono – soprattutto oggi attraverso le vie del mare - gli Stati, ma specialmente i cittadini, hanno la sensazione di vedersi sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una "monocultura". Di fronte a questa perdita d´identità, specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo, all´odio, al rigetto dell´Altro. Se vogliamo evitare che la guerra fredda di ieri si trasformi oggi in un suicidio cultuale, agevolato da massicci movimenti migratori internazionali, occorre - nel senso più ampio del termine -democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione snaturi la democrazia. Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace, il dialogo e la cooperazione tra spazi potenzialmente generatori di conflitti, qual è lo spazio euromediterraneo: lo sviluppo dei trasporti e dei traffici marittimi e la loro integrazione con i sistemi di interscambio terrestri costituiscono un’occasione da non perdere.Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche - di cui il Mediterraneo è antico custode - costituiscono oggi spazi privilegiati di solidarietà che - se rafforzati dagli scambi, dal dialogo, dalle comunicazioni e dalla cooperazione - sono la migliore garanzia per la democrazia, la pace e lo sviluppo condiviso.
Il messaggio che desidero proporvi è semplice: utilizzare le vie del mare per promuovere il dialogo necessario per la coesistenza delle diversità e per una pace durevole.
I popoli del Mediterraneo, all´alba di questo nuovo millennio, devono chiudere definitivamente con un passato tragico, guardare al futuro esaltando tutta la loro ricchezza ed il loro grande patrimonio, che hanno costituito e costituiscono un universale valore per tutta l´umanità.
La speranza forte è che tacciano, per sempre, le armi. La violenza deve cessare.
Tutto questo non è utopia.
Si tratta d´una sfida politica, economica, sociale e culturale per tutti.
La nostra Fondazione, con le sue sedi nei vari Paesi e la sua rete, ha posto una nuova visione di fondo e aperto uno spazio dove, con dialogo reiterato quasi in un parlamento informale euromediterraneo, comporre avverse passioni, superare contrapposte ragioni, riprendere avviamenti troncati o trovare strade nuove alla comprensione, al rispetto reciproco, alla pace e allo sviluppo condiviso. Insomma essa ha creato il mazzo di carte per la partita euromediterranea.
Questo mazzo di carte lo offre a politici, armatori, diplomatici, letterati, giornalisti, banchieri, industriali, commercianti affinché, per richiamare un´immagine di Platone, ma cambiata di senso, non restino sul Mediterraneo come rane intorno ad uno stagno ma, superando gli intrighi del contingente, si elevino a una visione più alta e lo impieghino in un giuoco per tutti vincente.
Le differenze di cultura, valori e religioni da elementi di conflitto devono diventare risorse; pur tuttavia è necessario fare sì che non agiscano come “valichi identitari” che impediscono la comunicazione e lo scambio tra diversi gruppi etnici. Per costruire una politica di sviluppo e pace all’interno di società multiculturali, consentendo quindi lo sviluppo dell’economia e degli scambi (specialmente attraverso le vie del mare per tutelare l’ambiente! -) è necessario conoscere le diverse identità e i confini psicologici all’interno delle più ampie teorie sul mondo che le persone condividono e elaborano; necessita individuare insieme quei valori che hanno carattere condiviso insieme alle risorse e alle prospettive condivisibili per costruire un destino comune.Per capire come promuovere strategie di pacificazione, anche quando sembra prevalere un conflitto di interessi tra gruppi e Paesi, bisogna riuscire a comprendere quali sono i punti di scontro e di incontro sia nelle loro caratteristiche oggettive sia nelle percezioni reciproche.Quale risposta al conflitto tra antiche identità locali e nuove sfide globali occorre aprire il campo ad una nuova prospettiva: introdurre il concetto di glocalizzazione quale fusione di opportunità globali e interessi locali nelle strategie di sviluppo locale dell’area euromediterranea.
È opportuno infatti integrare prospettive globali con le condizioni locali e, allo stesso tempo, dare maggiore forza agli attori locali nell’indirizzare le nuove risorse di comunicazione e scambio globale.

Si tratta di costruire un nuovo intreccio tra risorse locali e prospettive globali, tra memorie e competenze del passato e risorse del futuro delle comunità. La consapevolezza che la terra è un bene di tutti dovrebbe far promuovere politiche condivise di tutela delle risorse naturali.La ricerca sociale più recente ribadisce che non si può promuovere l’interazione e il dialogo interculturale se non si riconoscono e rispettano le differenze e non si agisce per superare le ineguaglianze; si tratta, così, di andare oltre la tolleranza; di costruire relazioni oltre il superamento degli stereotipi. La sfida è creare legami di prosperità e giustizia con “l’altro distante”. Infatti per ridurre conflitti tra società e culture è necessario riconoscere e far interagire le differenze riuscendo a costruire scopi comuni sovraordinati. Queste considerazioni portano così ad alcune parole chiave:
• Rispetto delle differenze e interazioni multiculturali a più dimensioni.
• Solidarietà e non individualismo: superando la solitudine delle anonime metropoli, attribuendo
valore alla comunità.
• Interazioni a livello locale e globale tra i gruppi e al loro interno.
• Prendersi cura del nostro mondo comune: ambiente e genere umano.
• Identificazione e promozione di obiettivi comuni attraverso aggregazioni sovraordinate.
• Diritti e giustizia quali valori comuni di nuova cittadinanza.

La nostra Fondazione ha da sempre sostenuto lo sviluppo delle vie del mare.
Elenco alcune azioni principali:
· Il sostegno, nel giugno 1997, a Genova, alla nascita di "Intermed":
un’intesa che lega tre capitali del mare - Genova, Barcellona e Marsiglia - con l’obiettivo principale di prospettare le posizioni comuni dei tre scali e le problematiche legate ai traffici ad essi collegati agli interlocutori politici dell’Unione europea.

· L’invito nel 1997, a vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, a ridisegnare il sistema dei trasporti marittimi e terrestri considerando l’intero bacino mediterraneo.
Tra le proposte concrete della Fondazione:
1) L’istituzione di una scuola internazionale per la formazione professionale dei trasporti, da mettere a disposizione dei Paesi mediterranei con l’aiuto dell’Unione europea.
2) L’armonizzazione delle politiche del commercio estero al fine di equilibrare le
procedure doganali in ambito euromediterraneo (ancora oggi vi sono disparità enormi)
3) La realizzazione di una rete informatica interportuale affinché i porti mediterranei
possano collegarsi tra loro attraverso una rete telematica interportuale.
4) La realizzazione dei nuovi porti turistici, da attuarsi essenzialmente attraverso il riuso dei
vecchi porti mercantili e non con nuove inutili selvagge cementificazioni che aumentano il rischio di erosione delle coste.

· Il sostegno, nel 1997 alla svolta operata dall’armamento italiano ed alle risoluzioni che l’8 maggio 1997, in presenza dell’allora presidente del Consiglio Prodi, assunse l’annuale assemblea della Confitarma auspicando lo sviluppo del traffico nel Mediterraneo ed il potenziamento dei porti come un impegno preciso dell’Unione europea.

Molte cose sono state realizzate in questi ultimi anni. Molto resta ancora da fare.
Abbiamo assistito all’importante sviluppo delle linee Euromed ed Eurostar del Gruppo Grimaldi che, abbinando passeggeri e merci e puntando su un sistema integrato di servizi e di trasporti marittimi e terrestri nonché su un piano coordinato di rotte e di scali, si confermano come strumento concreto per gli scambi, il dialogo e lo sviluppo condiviso.


Molto poco è stato fatto per la salvaguardia dell’ambiente. Oggi con l’intensificarsi dei traffici si pone un grave problema per l’ambiente e la sicurezza nel Mediterraneo dove – in massima parte – le attività portuali si collocano vicino o dentro le grandi aree urbane e sul nostro mare – che, lo ricordo, è poco più di un lago e le cui acque per ricambiarsi richiedono milioni di anni – navigano ancora carrette fatiscenti con carichi altamente inquinanti che potrebbero compromettere in maniera irreparabile l’ambiente e la vita di tutti noi.
Su questo tema abbiamo proposto lo scorso dicembre un accorato appello per la salvaguardia del Mediterraneo, scritto da chi vi parla e Predrag Matvejevic’.L’appello vede tra i primi firmatari i ministri dell’Ambiente dei principali Paesi euromediterranei, presidenti di Regioni, Province e Collettività locali, Sindaci dei Comuni e delle Città costiere, uomini di cultura e di scienza.Scopo prioritario dell’Appello è sensibilizzare le istituzioni europee e quelle degli Stati euromediterranei affinché si giunga ad una legislazione comune per la difesa e salvaguardia del Mare: tale accordo sarà ratificato in un apposita riunione dei Ministri dell’Ambiente dei Paesi euromediterranei che l’Accademia del Mediterraneo - Maison de la Méditerranée ospiterà a Napoli nel 2004.Il Presidente della Commissione europea Romano Prodi, ricevuto l’appello, ha comunicato di averne recepito le richieste inserendole nei documenti operativi della Commissione Europea.
Il testo in italiano e in inglese è a vostra disposizione.

La storia dei Paesi che si affacciano sul bacino Mediterraneo è fatta di popoli di naviganti, di rotte, di scoperte, di pirati, di meravigliosi viaggi ed avvincenti conquiste. In tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo si vive sul mare, ma il problema è: si vive con il mare? Se andiamo alle origini vediamo che il cristianesimo non ha ma avuto un buon rapporto con il mare, Noè lotta per salvare il mondo strappandolo alla furia del mare e dell’acqua, Mosè addirittura fa allontanare il mare dal
suo cammino, non usa imbarcazioni, apre le acque. Imbarcazioni di forme e colori diversi hanno solcato questo mare in lungo e in largo seguendo l’istinto primordiale dell’uomo: la sfida all’ignoto, la ricerca di tesori inestimabili, gli scambi di merci.

Le vie del mare Mediterraneo sono state negli ultimi tempi, e lo sono tuttora, bagnate dal sangue di vittime innocenti: di guerre fratricide, di conflitti incomprensibili, di spregiudicati che trasportano su carrette ignobili clandestini che cercano riparo nel “ricco occidente” e fuggono da povertà, miseria e ingiustizia per finire dispersi in fondo al mare.
Di questo ne parliamo sull’onda dell’emozione poi ce ne dimentichiamo.
Ma per quanto tempo sarà possibile continuare a ignorare?
Le nostre coscienze sono diventate impermeabili e ritorniamo dunque ancora all’acqua, alle vie del mare: uno dei modi in cui possiamo diventare permeabili a quello che sta succedendo è quello di considerare il mare che ci unisce,diviso “tra noi” e non “da noi”: il mare è un elemento unificante, il mare non odia, dal mare si può ricostruire, si può navigare da un porto all’altro, riannodando i fili che si sono così drammaticamente spezzati.
Il mare può essere la rotta per riallacciare, ricomporre, far rivivere.
Il grande Leonardo diceva che da Oriente a Occidente in ogni punto è divisione: non nel mare, l’acqua unisce ciò che gli altri elementi distruggono, allontanano. Un viaggio dal mare non mostra tutti gli orrori della distruzione e ci spinge a considerare il territorio nella sua interezza, ci porta a vedere il futuro in un’ottica diversa.
Le vie del mare sono come quelle del Signore, sono infinite: tutto e nulla sembra possibile dal mare, ogni cosa sembra facile o difficile, ogni porto raggiungibile o perso per sempre.
C’è una dimensione dell’anima che riguarda il mare Mediterraneo e le sue rotte, i suoi porti e i suoi fari, le schiume delle sue onde e le sue isole, le città e i monasteri, le carte e i suoi tramonti, il vento e i profumi, i sapori e i suoi saperi e così via in un elenco infinito: ed è questo che io oggi ho cercato di trasmettervi.
La storia e la mitologia sono lo strumento, il veicolo attraverso cui noi dobbiamo recuperare il significato del mare, delle sue rotte, dei suoi traffici e dei porti : quello di un Mediterraneo di pace, culla e non bara della nostra civiltà.
Qui in queste acque sono sorti e tramontati grandi imperi, grandi uomini e grandi idee: ora spetta a noi saper raccogliere questa eredità e costruire, specialmente attraverso le vie del mare, un Mediterraneo di speranza, di cultura, di sviluppo condiviso e di pace.

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