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Intervento di Michele Capasso
Presidente Fondazione laboratorio Mediterraneo

14 maggio 2004

Autorità,
Signore e Signori.


Questo incontro inaugura un ciclo di International Workshop sul tema Euro-mediterranean Dialogue: International Challenger.
E’ una scelta precisa della nostra Fondazione che proprio quest’anno celebra il decennale dalla sua costituzione. Dieci anni di lavoro intenso e difficile per promuovere il dialogo euromediterraneo tra le culture e civilizzazioni attraverso il coinvolgimento della Società civile.
L’approccio originale posto in essere già dieci anni fa è di aver scelto di operare con una struttura di “reti di reti”: sono infatti oltre 500 le istituzioni e gli organismi che hanno aderito con atti formali dei propri organi direttivi alla nostra istituzione conferendole rappresentatività e legittimità.
Ed è apparso, quindi, naturale che le più prestigiose istituzioni aderenti alla nostra rete collaborassero a questi workshop: prima fra tutte l’Università “L’Orientale”, con cui abbiamo già intensi rapporti di collaborazione ospitando, tra l’altro, nella nostra sede Corsi e Seminari di estremo interesse ed inerenti le tematiche euromediterranee.
Con la Facoltà di Scienze Politiche, in stretta collaborazione con i proff. Galluppi e Mazzei, abbiamo concordato di promuovere questi incontri come momento qualificato di riflessione sui principali temi all’ordine del giorno, in un momento drammatico della nostra storia e, specialmente, del bacino Mediterraneo.
Cominciamo oggi con il prof. John Esposito, che ringrazio a nome di tutti i membri della nostra Fondazione per aver accettato il nostro invito; proseguiremo – con cadenza settimanale - venerdì prossimo con l’intervento del Segretario Generale del Consiglio d’Europa Walter Schwimmer sul tema “Sognare l’Europa”; venerdì 28 maggio il sindaco di Marsiglia e vicepresidente del Senato francese ci racconterà l’esperienza importante dell’associazione “Marseille esperance” in termini di dialogo interreligioso e completeremo questa prima serie con l’algerina Wassyla Tamzali, sul tema delle donne e diritti umani, e con un workshop dedicato alla Polonia ed al suo ruolo nel partenariato euromediterraneo: quest’ultimo incontro è curato dal prof. Nullo Minissi, direttore scientifico della nostra Fondazione e professore emerito dell’Orientale di cui è stato rettore. Ciò ad ulteriore conferma del legame forte che lega queste due istituzioni.

La tragicità degli eventi di questi ultimi giorni rendono il tema dell’incontro di oggi quanto mai attuale. Il dialogo tra le culture e civilizzazioni implica come premessa la conoscenza delle diverse identità, attraverso cui giungere a regimi di “confidenze e scambi” che, se articolati in un clima di equilibrio, mutua comprensione, rispetto ed armonia, possono condurci finalmente ad un periodo di pace e di condiviso sviluppo.
In questi tempi in cui si vorrebbe imporre un’integrazione sconsiderata dobbiamo opporre il nostro diritto ad essere diversi, in un mondo dove la globalizzazione “anarchica” rinuncia alla sua stessa definizione nell’ostacolare la sopravvivenza di una qualsiasi “elite minoritaria”. E’ necessario, quindi, “democratizzare” la globalizzazione prima che questa snaturi la democrazia.

Ed il tema di un Islàm democratico si inserisce in questa riflessione.
Conoscere la civiltà islamica in modo adeguato significa andare oltre gli aspetti sociali e politici e le manifestazioni esteriori del suo culto, per attingere alle fonti originarie, all’insieme delle dottrine che ne costituiscono le radici spirituali. Si tratta di un patrimonio complesso che va tutelato e rispettato.
L’equazione “Islàm = Mondo Arabo = Fondamentalismo = Terrorismo” pronunciata da fonti irresponsabili della comunicazione globalizzata sta producendo i suoi effetti nefasti. Solo una minoranza del mondo arabo appartiene all’Islàm e il semplice fatto che gran parte dei terroristi appartengano a questa religione non può autorizzarci ad affermare che tutto l’Islàm è fonte di terrore.
Ad un giornalista che nei mesi scorsi mi chiedeva un commento sulla questione del velo posta dallo Stato francese risposi che il dialogo tra le culture e civilizzazioni trova un importante fondamento nel dialogo tra lo Stato e la memoria, attraverso il rispetto della laicità: per questo considero un errore obbligare l’eliminazione dell’uso del velo alle donne musulmane in Francia, come costituisce errore imporre l’abolizione del crocefisso nelle scuole italiane. Entrambi i casi costituiscono una tradizione che è memoria: dalla coesistenza e dal rispetto di queste memorie dipende il processo di pace nella regione.
Dieci anni fa iniziammo la nostra attività con azioni forti contro la guerra in ex-Jugoslavia: una tragedia incomprensibile nel cuore dell’Europa. Quel conflitto, non ancora sopìto, fu considerata come una guerra di nazionalismi ed etnìe. E invece fu soprattutto una guerra di memorie fondata sulla vendetta. Nessuno lo capì. Come oggi pochi comprendono che gli arabi hanno una forte memoria del colonialismo subìto su cui costruiscono muraglie di frustrazioni.
Da queste considerazioni bisogna partire per costruire il dialogo e la cultura dovrebbe, in tale scenario, assumere il ruolo di “forza buona” capace di incidere nei processi della Storia.
Un’ultima considerazione vorrei fare: gli arabi non hanno avuto l’illuminismo e la storia di questi popoli va riletta con rispetto ed attenzione.
C’era un Islam moderato in Bosnia ed in Europa che poteva costituire un modello su cui fondare quello che definisco “l’aggiornamento dell’Islàm”. I 7000 morti di Srebrenica, per mano di quelli da molti definiti i “talebani cristiani”, hanno cancellato questa possibilità ed orientato quelle comunità verso un Islàm aggressivo. Noi europei, del resto, li abbiamo lasciati soli a morire ed ora è tardi per rimediare.
L’unico strumento che ci resta è il dialogo, rispettando le seguenti differenze: l’Islàm e l’islamismo non sono la stessa cosa; l’islamismo e l’integralismo islamico non sono la stessa cosa; l’integralismo e il fondamentalismo islamico non sono la stessa cosa ed anche nel fondamentalismo possiamo distinguere tra una componente mistica ed una struttura terroristica ed aggressiva.
Con queste distinzioni fondamentali dobbiamo evitare di guardare a tutto l’Islàm come fonte di terrore e porre le basi serie per un dialogo tra le civiltà.

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