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NULLO MINISSI

DISCORSO DI RINGRAZIAMENTO
PER IL PREMIO KO∑O RACIN


Illustri Accademici, Chiarissimi Colleghi, Signore e Signore,

è per me un grande onore, ma anche una grandissima soddisfazione, ricevere qui tra voi questo riconoscimento d’una lunga amicizia attiva e cordiale.
Gli onori cosí grandi sono le foglie d’oro con cui il tempo nemico con dolce inganno c’illude per nascondere quanto di verdi foglie ci dispoglia.
Ma voglio dire che la mia presenza qui oggi è anche una testimonianza.
La stessa testimonianza che piú di mezzo secolo fa Galton dall’Australia, Lunt dall’America ed io dall’Europa occidentale sentimmo di dovere dimostrare al popolo macedone nel momento in cui aveva rotto una barriera, quella che era posta al riconoscimento della sua autonomia linguistica e politica, e assumeva dentro il quadro federativo il proprio destino in una repubblica fondata su tradizioni diverse - macedone, albanese, meglenorumena - unite nella cooperazione e nella solidarietà.
Anche noi allora - l’australiano, lo statunitense e l’europeo occidentale - venendo a portare la nostra testimonianza accanto agli studiosi balcanici e di altri Paesi dell’Europa orientale - avevamo passato una barriera: la cortina pretesa di ferro che i due grandi imperi che dominavano il mondo volevano imporre.
Oggi la situazione è tanto mutata ma esiste ancora una barriera, di cui non si parla, ma che chiude i Balcani slavi e albanesi: un cerchio invisibile ma non meno difficile da attraversare.
Quando si è progettato il primo Partenariato euro-mediterraneo, esso abbracciava tutti i Paesi convergenti sul Mediterraneo ma aveva un vuoto e questo vuoto era i Balcani. Quando ho suggerito che il primo premio del Mediterraneo fosse assegnato al Presidente Gligorov intendevo fermare l’attenzione sull’errore di questo vuoto: l’ errore che una parte dell’Europa fosse lasciata a sé e ai demoni nazionalistici che noi europei occidentali vi avevamo importato sulla fine del XIX secolo dando origine allora a guerre tremende e piú di recente a deportazioni e stragi. Un dramma che chiedeva un intervento politico di grande respiro e al quale invece è stato risposto con una politica di passivo contenimento e l’invio di militari a mantenere la pace, come i buoni pastori inviano i cani a contenere una mandria inquieta. È stato risposto cioè con un espediente, una soluzione provvisoria senza un programma né un progetto per il futuro.
In opposizione a Bruxelles, con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo abbiamo cercato di colmare questo vuoto. Perciò abbiamo coinvolto formalmente, con le loro delegazioni ufficiali, i Balcani nella rappresentanza delle culture del Mediterraneo che è l’Accademia del Mediterraneo. Ciò nonostante, il secondo Partenariato euromediterraneo, che stenta a decollare, ha presentato anch’esso un vuoto: lo stesso vuoto, i Balcani. E ora che gli Stati Uniti hanno lanciato il piano del Grande Medio Oriente, di cui il Medio Oriente è solo una parte poiché l’altra parte è costituita dall’area mediterranea, anche gli Stati Uniti in un progetto tanto ambizioso hanno lasciato un vuoto: lo stesso vuoto, i Balcani.
Questo persistente vuoto non è neppure riconosciuto. Il primo Maggio, nella celebrazione della Unione europea allargata, è stato dichiarato solennemente: «Ora tutta l’Europa è unita». E i Balcani? Dove sono questi Balcani? Sono forse fuori della geografia dell’Europa? Sono forse fuori della storia dell’Europa? Sono forse fuori della cultura dell’Europa?
Quando si preparava la guerra dell’Irak Prodi e il Commissario incaricato della politica estera hanno pubblicato su Le Monde un articolo in cui proponevano ai Paesi non ancora previsti nell’Unione Europea uno «spazio amico» di libera circolazione delle persone, della cultura, dei capitali e dei beni ma senza partecipazione alle forme di governo comunitario. Un primo passo importante che non si è realizzato.
Per l’Unione Europea, ma anche per l’evoluzione interna dei Paesi Balcanici, occorre invece che questo passo si realizzi per poi integrare nell’Unione i Balcani, tutti i Balcani. Altrimenti quel vuoto diventerà una voragine che inghiottirà anche l’Europa.
È necessaria una convergenza delle volontà di qua e di là del confine dell’Unione in uno sforzo di rinnovamento tanto dell’Unione Europea quanto dei Paesi Balcanici, affinché le beli mugri del nuovo millennio diventino un radioso meriggio.


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