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INTERVISTA al prof. Fethi BENSLAMA
psicanalista e professore di psicopatologia presso l’Università di Parigi “Paris VII – Denis Diderot”, membro del comitato scientifico della Fondazione Mediterraneo.

a cura di Stefano Salvia


E’ difficile essere “intellettuale arabo” oggi?
Essere intellettuale arabo o musulmano ai giorni nostri, può creare dei problemi?


Si, certamente gli intellettuali sono quelli che hanno più problemi. Ma questo dipende, chiaramente, dal paese in cui si vive e si lavora. Per esempio io, che sono qui in Francia, ho molti meno problemi dei miei colleghi che si trovano in Algeria, Tunisia, Marocco e così via. Molti sono costretti all’esilio, altri sono letteralmente messi a morte da regimi totalitari che non permettono libertà di espressione. Ci sono, a volte, anche dei problemi per queste persone nell’ottenere un visto, quindi, in alcuni casi, risulta difficile abbandonare il paese. I governi in questi paesi sono regimi totalitari appoggiati dalle democrazie occidentali.

Lei ha detto: “ la barbarie non è accidentale”. Potrebbe spiegarlo? Voglio dire: chi ha interesse, chi ci guadagna a far rimanere numerosi paesi arabo-musulmani nell’oscurantismo ? Che cosa guadagnano le democrazie occidentali ad appoggiare questi regimi?

Vi sono, innanzitutto, dei guadagni a breve termine. Ad ogni modo, “la barbarie non è accidentale” significa che siamo arrivati alla situazione attuale attraverso un processo storico. Insomma ci sono delle ragioni storiche alla crisi dell’Islam che stiamo vivendo oggi. “Alla fine degli anni sessanta, le famiglie beneficiarie del petrolio hanno compreso il pericolo che questi movimenti (progressisti) rappresentavano per la loro esistenza. Approfittando della guerra fredda così come degli errori e delle illusioni del progressismo, esse hanno irrigato con la loro fortuna facilmente acquisita i semi dell’islamismo, che sono arrivati ad occupare tutti gli spazi pubblici, al di là anche delle loro previsioni. Tutte le alternative rese evidenti dai diritti umani e democratici sono state indebolite, ridotte al silenzio o decimate dall’azione congiunta e, a volte, complice di un doppio terrore: quello dei governi e quello dei movimenti islamisti, i quali vedevano dappertutto degli agenti di occidentalizzazione dei musulmani. Generati da una setta che vanta un rigoroso puritanesimo (il wahhabismo), che ripudia le scintille di gioia, le petrolfamiglie hanno diffuso, attraverso i movimenti che hanno generato una concezione letterale della religione, l’ossessione di un dio oscuro reclamante sacrificio e purificazione in tutti i recessi dell’esistenza umana, reputata fondamentalmente impura. Hanno invertito il senso della promessa progressista: la speranza non è più rivolta al futuro, ma verso un passato ingiustamente passato, al quale bisogna rivenire. Questi puritani d’Arabia hanno divorato l’avvenire.”
Che le democrazie occidentali abbiamo favorito questo processo è fin troppo evidente. I motivi sono, essenzialmente, dei motivi di controllo, politici ed economici, quindi di denaro e petrolio.
Dunque, oggi, io credo, noi siamo in questa situazione che chiamo “situazione catastrofica”, perché è una catastrofe nella cultura, più che un disagio come direbbe Freud, una catastrofe nella cultura.
Una vera catastrofe…
Voilà, una vera catastrofe.
E i media ci giocano anche con questa situazione, in effetti non vediamo mai un “musulmano moderato” alla televisione, non è attraente.
No, non è attraente. Allora, per piacere, per l’appunto io provo a denunciare quest’idea di “musulmano moderato” perché “musulmano moderato” non vuol dire niente. Io parlo di musulmani democratici.
Laici ?
Laici, ma democratici. Possono essere credenti ma democratici. Pensano principalmente che la religione non può governare, non deve governare lo Stato, né la politica. Un musulmano democratico è un musulmano che pensa che…
Un cittadino…
E’ un cittadino che pensa alla separazione tra l’ordine religioso e l’ordine politico. Dunque credo che si debba parlare di musulmani democratici, e questi non si vedono mai. Per questo ho inventato l’espressione di “circo islamico”. Il circo o la televisione, che cosa mostrano? Musulmani così, che fanno paura, che sono radicali, e di colpo, si rinvia un’immagine falsa alla gioventù. Dal momento che non possono riconoscere che queste persone qua, ecco che i giovani vi si identificano. L’occidente, alla fine, vede semplicemente queste persone. Ne hanno paura, li fanno parlare e voilà, il risultato non è solamente per i musulmani che vivono in paesi arabi ma anche per i musulmani che vivono in Europa. Un sondaggio in Francia ha mostrato che il 77% dei musulmani che vivono in Francia pensano che la laicità sia una gran buona cosa. E che cosa c’è alla televisione ?
Non ci sono dei laici lì, non li vediamo. Vedete, dunque, che questo “gioco” con le immagini è molto pericoloso.

Nella sua “déclaration” lei propone più linee o luoghi di “insoumission”, precisamente quattro:
a) l’Islam non è solamente il nome di una religione, ma anche quello di una civiltà costituita da una molteplicità di culture, da una diversità umana irriducibile.
b) L’oppressione delle donne non degrada soltanto “la donna”, ma organizza nell’insieme della società la disuguaglianza, l’odio della diversità, la violenza, ordinata dal potere maschile.
c) La libertà non può essere concessa, ma può essere conquistata attraverso delle esperienze di libertà, liberatrici del soggetto.
d) Quello che chiamiamo “laicità” è la possibilità di un superamento del “mito identitario” dell’islamismo.
Potrebbe chiarirci quest’ultimo punto, dicendo, spiegando che cosa intende esattamente per “mito identitario”?


Per l’appunto, perché io chiamo questo un mito identitario ?
Perché, infatti, quello che succede oggi, è che non si tratta, contrariamente a quello che dicono, solamente di religione. Non è la religione nel senso classico del termine che rivendica, manifesta… che pretende di prendere il potere, eccetera. In effetti, ci sono dei movimenti che s’ ispirano ad una dimensione religiosa, ma non c’è solo questa dimensione religiosa, ci sono altre dimensioni:
- dimensione scientista, per esempio, “scientista” vuol dire riappropriarsi della scienza, nel senso volgare del termine;
- sono dei movimenti nazionali, nazionalisti.
Dunque, c’è una mescola nello stesso tempo di religione, di nazionalismo, di scientismo. E con questo l’idea di restaurare qualche cosa dell’identità. Non è, infatti, qualche cosa di propriamente religioso. S’ inspira alla religione ma non è religione nel senso classico del termine. Se volete, per fare un paragone, c’è una differenza tra la chiesa cattolica e i movimenti d’estrema destra che si rifanno al cristianesimo. Ebbene, c’è questa differenza. Sicuramente la chiesa può sostenere, può avere delle simpatie per dei movimenti come questi ma non è lei (la Chiesa) a farsene portavoce. Qui è la stessa cosa: non è l’istituzione religiosa classica dell’Islam che si fa portatrice di questo ma sono i movimenti che s’ inspirano alla religione a non essere solo religiosi…e che sono evidentemente…fascisti. Un mito identitario fascista. Quello che vediamo noi oggi non ha altri nomi, è fascismo a partire da elementi di religione.

E perché sono così affascinanti ? C’è un gioco di identificazioni con questi movimenti per esempio, per i giovani ?

Per i giovani, si. Perché molto semplicemente i governi non lasciano la possibilità di una alternativa. Non lasciano altre possibilità, preferiscono essere “face en face” con loro per poter dire: “vedete, se non sarete noi sarete loro e vedete che loro sono pericolosi.” Non lasciano alternative. E’ veramente una strategia quella di eliminare tutte le possibili alternative. Inoltre, bisogna dire che queste persone maneggiano dei simboli, toccano delle emozioni, toccano le persone anche le più vulnerabili, parlano di giustizia, propongono un’illusione di… ecco, “domani sarete al potere, con Dio regoleremo tutto, risolveremo tutti i problemi.” Dunque sono delle persone che parlano e che propongono, in effetti, qualcosa di attraente, come lei ha detto, e di contro non c’è niente, ci sono i governi polizieschi che reprimono e così via. Dunque, le persone, i giovani non hanno scelta e bisogna denunciare i governi corrotti.
Prendete il caso della situazione in Palestina, per esempio, lì che cosa è successo?
C’è un’autorità palestinese corrotta, che ha ricevuto dei mezzi, che non sono suoi veramente… in ogni caso la situazione è complicata. Perché il movimento Hamas è potuto passare ?
Perché questa autorità è corrotta. E dunque i giovani scelgono Hamas ma solo perché non hanno altre scelte. Ci sono da un lato delle autorità corrotte e dall’altro lato delle persone che pretendono di essere dei pii, dei puri, proporre delle cose, risolvere dei problemi, diciamo, eccetera. E dunque i giovani per forza vanno verso queste persone. Dunque, è questa la situazione, è una situazione perversa… in effetti.

Che cosa ne pensa lei dei “Fratelli Musulmani”? Perché hanno tanto seguito?
I “Fratelli Musulmani” esistono da molto tempo, già dall’inizio del secolo scorso. È un’organizzazione molto importante, molto strutturata. Sono molto antichi, molto strutturati… ora è un qualcosa di molto complicato i “Fratelli Musulmani”, ci sono tra di loro delle persone molto radicali …
Sono un po’ segmentati…
Voilà, si sono segmentati, ci sono delle persone tra loro ora che sono più moderate, diciamo, tra virgolette, delle persone che propongono, sull’esempio turco, di accettare delle regole del gioco democratico. Dunque, è una vecchia organizzazione che ha una teoria, che, per l’appunto, si basa su un mito identitario.
Cosa dice questa teoria ?
Beh, ci dice che le società musulmane non sono più musulmane, hanno lasciato l’Islam, dunque bisogna farle ritornare all’Islam. Vedete è questa la teoria iniziale, al principio… dunque queste persone hanno un progetto totalitario. Questi movimenti qua, che siano i fratelli musulmani o gli altri, bene, io non parlo della frangia, della parte di loro che oggi tenta di cambiare il suo discorso e di introdurre degli altri dati. Ma tutti questi movimenti, questi movimenti islamisti, sono dei movimenti totalitari.
E i fratelli musulmani fanno parte di questi movimenti…
Per parte ed in parte. Credo che qui bisogna sfumare. Ci sono tra loro delle persone che dicono altre cose… per esempio, in Egitto sappiamo che fanno un altro discorso, rifiutano la violenza, per esempio. Anche qui ci sono delle sfumature, e bisogna essere molto più prudenti su questo.

Lei è il solo psicanalista che tratta questo argomento (o almeno il solo che conosco) a questo punto la domanda è obbligatoria: che cosa può fare la psicologia o la psicanalisi per rimediare ai problemi contemporanei, per rilanciare l’Islam, per migliorare la situazione nella quale l’Islam, al giorno d’oggi tergiversa ?
Io lavoro a partire dalla psicanalisi, e la psicanalisi comporta un modo di pensare questi problemi che le altre discipline non hanno. Dunque, se volete, io seguo… io cerco di pensare con gli strumenti della psicanalisi… gli strumenti del soggetto umano… gli strumenti che la psicoanalisi fornisce per riflettere sui problemi della cultura e della civiltà.
E la psicoanalisi apporta, in primo luogo, essenzialmente questo: dimostrare la dimensione della vita emozionale, pulsionale; l’importanza dell’universo simbolico e immaginario…c’è qui un approccio che non è un approccio che si fonda sull’idea della governabilità politica… c’è qui un approccio di che cosa è il fondamento della comunità umana, cosa fonda la comunità umana dal punto di vista della coscienza, degli affetti politici… e dunque, mi sembra che oggi bisogna portare questo chiarimento, questo chiarimento è molto importante e ci permette di analizzare meglio la catastrofe attuale… ci permette di avvicinarci ad una dimensione di questa catastrofe che non è pensata dalla sociologia o dalla politica. E in ogni caso, da parte mia, io provo a seguire quella che è la dimensione del soggetto o della soggettività.
Che cosa succede oggi all’interno di questa trasformazione del soggetto di modo che una tal cosa sia possibile ?
C’è anche un altro approccio, un approccio del mondo tradizionale, del mondo antico, di pensare alla struttura simbolica, all’universo: di cosa è fatto, di come. Per esempio, la psicanalisi ha un approccio al monoteismo molto particolare, in fondo qui c’è un approccio, dei fondamenti del monoteismo attraverso la “questione del padre”, e bene…
Lo ritroviamo già in Freud, per esempio …
Si, in Freud sicuro. Un approccio della questione religiosa molto particolare, chiarificante. Mi è sembrato che il contributo della psicoanalisi a chiarire la situazione dell’Islam oggi permetterebbe, forse, di andare verso quelle che io chiamo le “nouvelle lumière” perché la psicoanalisi è dal lato delle “lumière”. La psicoanalisi, Freud lo dice, noi lo diciamo, è una disciplina che ha le sue radici nelle “lumière”; ed io penso che l’Islam ha bisogno di “nouvelle lumière” ed è questo che oggi, in fondo, mi interessa… come, a partire dalla psicoanalisi, contribuire ad una possibilità, a questa possibilità di “nouvelle lumière” nell’Islam. E’ questo il mio progetto, in fondo.
Dunque apportare una comprensione migliore al problema da un lato che le altre discipline non fanno e…
Assolutamente…
… e con questo arrivare a delle soluzioni…
non arrivare a delle soluzioni ma aprire degli spazi di libertà, di analisi, e portarli su un piano pubblico, nella pubblica piazza. L’uso pubblico della ragione, far vedere che dietro tutti questi fenomeni che noi osserviamo c’è sempre la ragione e renderla su di un piano pubblico, affinché serva alla gente. Perché tutti entrino in quest’ottica di uso pubblico della ragione.

L’”inclusion disjonctive”, ho letto questo passaggio nel libro almeno due o tre volte, poi ho seguito anche un po’ l’”entretien du mois” sul sito www.manifeste.org e mi sono reso conto che è una questione molto più complicata di quello che pensassi…
No, è una cosa estremamente semplice… se volete, a grandi linee, è così: i laici nel mondo musulmano hanno lasciato l’Islam poiché dicono che è qualcosa che non li riguarda e che loro non si riconoscono nei valori dell’Islam oggi. Si sono situati al di fuori. Si può essere o non essere credenti, questo rientra nella vostra libertà, ma quando l’Islam, che voi avete abbandonato, vi raggiunge, voi, che cosa fate?
Non bisogna porsi al di fuori, la mia idea è che bisogna stabilirsi all’interno per produrre delle rotture. Includersi, dunque situarsi all’interno, per disgiungere. E’ un lavoro di decostruzione e di analisi dall’interno. Non potete più porvi fuori, ed ecco l’inclusion disjonctive. Prendo l’esempio di Freud: Freud, ebreo, non-religioso, laico, razionalista, si è interessato all’ebraismo e il suo ultimo atto è consistito nel fare un lavoro sull’ebraismo in un modo che supporta questa tesi folle: essere uno straniero al suo popolo. Perché ha fatto questo?
Non potete essere il vostro proprio popolo, ciascun popolo prima di essere se stesso deve passare per l’altro, per lo straniero. E’ questa un’operazione molto importante, non restiamo tra di noi ma andiamo verso l’altro. Decostruire ma non distruggere. Decostruire per poter pensare, per poter permettere di pensare, per creare degli spazi di libertà.

Quando lei parla di “forclusion de l’Islam chez les progressistes”…
E’ quello che ho appena finito di dirle. Gli intellettuali progressisti hanno detto: noi non ci riconosciamo più nei valori rappresentati, evocati dall’Islam nei nostri giorni, nella nostra epoca e dunque che cosa facciamo, andiamo via, lo rifuggiamo, lo ignoriamo completamente. Anzi facciamo di più, andiamo a costruire qualcosa da qualche altra parte, ma al posto di allontanarsi propongo di entrare in questa situazione, di pensare a partire dall’interno dell’Islam.

Le rappresentazioni che gli occidentali hanno del mondo arabo e viceversa le rappresentazioni che si hanno dell’occidente nei paesi arabo-musulmani?
Le rappresentazioni sono molto complicate, diciamo che, dal lato del mondo occidentale, quello che resta problematico è il fatto che ci sia un’ignoranza straordinaria che si è anche aggravata a causa dell’immagine che rinviano i media. C’è un’ignoranza della cultura, della civiltà, dei pensatori, dell’Islam, assolutamente allucinante, non parlo, ovviamente, degli intellettuali ma della gente in generale. Questa situazione è anche aggravata dai media, che velano molte cose. Sono sicuro che nel diciannovesimo secolo ci fosse una conoscenza del mondo arabo nettamente maggiore rispetto a quella attuale da parte dell’occidente.
Dall’altro lato c’è una conoscenza migliore ma soprattutto un “consumo dell’occidente” più importante. Molta gente ha accesso alla cultura occidentale, si parlano le lingue, eccetera ma ci sono, allo stesso tempo, anche altre cose: c’è una specie di odio verso l’occidente che non li riconosce. E in linea generale che cos’è oggi l’occidente?
E’ diventato anch’ esso qualcosa di legato al consumo, allo spettacolo, la grande cultura occidentale non passa più per il mondo arabo. Quali sono i libri che escono in occidente e arrivano dall’altro lato? Molto pochi. Quando ho cominciato i miei studi si aveva molto più accesso ai libri del mondo occidentale-europeo, invece ora i giovani hanno accesso alle immagini televisive e voi sapete qual è lo stato della tv , non è “Arte” , non sono emissioni di cultura , è il peggio di quello che l’occidente produce: il regno del consumismo, della cretinaggine, dell’idiozia. Sintonizzatevi su di un qualsiasi canale occidentale, c’è la stessa cosa un po’ ovunque. I tunisini, io sono di origine tunisina, consumano molto la televisione italiana…voi vedete che cos’è ?

Il peggio…
Il peggio, veramente, con Berlusconi e tutto questo, è allucinante. Ecco cosa c’è ora, un istupidimento della gente e un oblio di quello che c’è in occidente come cultura, civiltà e questo è assolutamente penoso. E’ terrificante, è terrificante. Dunque noi siamo oggi in questa situazione: ignoranza da un lato, consumo e odio dell’occidente dall’altro. C’è odio verso l’occidente da parte dei popoli arabi e musulmani dal momento che li rendono responsabili, a mio avviso in maniera esagerata, di quello che gli succede e più spesso il discorso dei dirigenti è anche simile… “sono loro non siamo noi”, perché così si preservano. L’America diventa responsabile di tutte le parole del mondo musulmano. L’America è una potenza, è vero, che interviene in Iraq ma se l’America interviene è perché i dirigenti di questo mondo sono niente, nessuno, e rifiutando ogni apertura si prestano a che ciò accada. Perché sono intervenuti in Iraq? Ci sono delle ragioni, evidentemente, legate al petrolio; ma cosa ha permesso questo ?
Il regime di Saddam Hussein. E’ stato questo. Se ci fosse stato un regime democratico in Iraq e non qualcuno che massacrava il proprio popolo, non qualcuno che avesse condotto guerre contro l’Iran e il Kuwait in seguito e dunque con un milione e mezzo di morti sulle spalle. Se quest’uomo non avesse fatto queste cose non sarebbe stato attaccato, almeno non così facilmente…
Non ci sarebbe stata una causa…
Si, è così. Ma i musulmani questo non lo comprendono. Non vedono che l’aggressore; ma che cosa è successo da farti diventare così debole da permettere di attaccarti ?
Che cosa è successo ?
Questo non vogliono vederlo. Questa è la situazione oggi.

Se c’è qualche cosa che vuole aggiungere per terminare l’intervista.
Credo che abbiamo molto lavoro Le ripeto: penso che ci sia moltissimo lavoro e la situazione attuale non finirà presto, ne avremo ancora per trenta o quaranta anni. Penso, dunque, che i giovani che lavoreranno in questo campo, in questo dominio di ricerca, per tentare di articolare e di pensare questo rapporto tra l’occidente e il mondo musulmano hanno un buon terreno di lavoro e diciamo anche un avvenire.

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