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Aspen Institute Italia

Convegno internazionale

EUROPA E MEDITERRANEO


Taormina, 18 e 19 giugno 1999
Note del prof. arch. Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e
Direttore generale dell’Accademia del Mediterraneo



Questo incontro, promosso dall’Aspen Institute Italia, cade in un momento storico particolare: la guerra nel Kosovo, la nuova Europa con l’allargamento ad Est, il futuro del Mediterraneo, il rinnovo delle principali istituzioni comunitarie (Parlamento e Commissione), il ruolo della NATO e dell’ONU, la sfida della globalizzazione, il dialogo politico e di sicurezza, la cooperazione economica e l’area di libero scambio, l’importanza della Società Civile e della cultura sono argomenti che inducono a riflessioni profonde e caratterizzano momenti importanti di confronto come la riunione di oggi.

Vorrei proporre di seguito alcune riflessioni – maturate durante gli ultimi anni di lavoro all’interno della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e, in seguito, dell’Accademia del Mediterraneo – sui seguenti temi caratterizzanti l’agenda odierna dei lavori:

  • Il Mediterraneo oggi

  • La nuova Europa

  • Le diverse identità culturali di fronte al processo di globalizzazione

  • Il dialogo interreligioso

  • Quali valori, princìpi e interessi comuni per costruire una società euromediterranea

  • La sfida del cambiamento e il ruolo della Società Civile




1. Il Mediterraneo oggi.

Il Mediterraneo è da sempre crocevia di grandi mutamenti che hanno generato e generano incontri e scontri: politici, religiosi, economici.

L’immagine che oggi offre il Mediterraneo non è rassicurante.

La riva settentrionale presenta un ritardo rispetto al Nord Europa, e altrettanto la riva meridionale riguardo a quella europea. A Nord e a Sud l’insieme del bacino si lega con difficoltà al continente, soprattutto a causa delle fratture che lo dividono e dei conflitti che lo dilaniano: in Palestina, in Algeria, a Cipro, nei Balcani. In questa regione, nel Kosovo, abbiamo assistito negli ultimi mesi ad una nuova inconcepibile barbarie.

Tanto nei porti quanto al largo le vecchie funi sommerse, che la poesia si propone di ritrovare e riannodare, sono state rotte o strappate dall’ignoranza e dall’intolleranza.

L’Unione Europea si è costruita spesso senza tener conto del Mediterraneo -"culla d’Europa" - e delle diverse identità culturali che lo compongono. Le spiegazioni che se ne danno sono spesso banali o ripetitive e non convincono né coloro ai quali sono dirette né quelli che le propongono.

Fernand Braudel, nella prefazione di un’opera collettiva da lui diretta (La Méditerranée, espace et histoire) scrive:

" Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose al tempo stesso. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare ma una successione di mari. Non una civiltà ma più civiltà ammassate l’una sull’altra. Il Mediterraneo è un antico crocevia. Da millenni tutto è confluito verso questo mare, scompigliando e arricchendo la sua storia".

Queste parole, queste idee – utili ed ovvie ad un tempo – devono essere ripensate ed attualizzate in considerazione del processo di globalizzazione e dei mutamenti geopolitici in atto.

Molti hanno l’attitudine, a causa delle vicende geopolitiche e geoeconomiche degli ultimi decenni, a mortificare la visione del Mediterraneo riconducendola a transazioni petrolifere o ad azioni militari per la "gestione della sicurezza". Ai segnali di risveglio di natura economica del Mediterraneo – oggi percepibili soprattutto nel dinamismo dei porti e dei traffici – deve corrispondere un movimento di nuove relazioni culturali capaci di costruire una piattaforma comune nella quale ciascuna diversa identità possa riconoscersi e contribuire alla costruzione di un area di valori condivisi e libero scambio, come auspicato dalla Dichiarazione di Barcellona.

Il Mediterraneo ha recuperato oggi una sua centralità come via di comunicazione, stimolato soprattutto dal ruolo crescente dell´economia asiatica che è stata la vera protagonista di questa sua trasformazione geoeconomica. Tutto questo non è sufficiente. Questa antica via di comunicazione, oltre a trasferire persone e merci, deve trasferire valori e principi da condividere tra culture diverse: queste ultime, se ben accomunate, possono costituire un elemento vitale e sfidare il sistema globale che appare sempre di più povero di valori.

In tale contesto assume un´importanza fondamentale il ruolo dell´Europa per la realizzazione dei tre obiettivi fissati nella Conferenza di Barcellona volti ad attuare il partenariato euromediterraneo e giungere, entro il 2010, alla creazione di un´area di libero scambio. Su questo l´Europa - con il nuovo Parlamento eletto nei giorni scorsi e con la nuova Commissione - dovrà concentrare ogni sforzo per evitare lo svilupparsi di protezionismi o di aree regionali intese come "blindatura" o "difesa" da una competizione globale percepita come ingiusta.

Per questo è indispensabile fondare un´Europa politica: con un Parlamento europeo forte in grado di esprimere un Governo europeo capace di assumere decisioni concrete nei confronti del Mediterraneo. Migrazioni, devastazioni ambientali, terrorismo e fondamentalismo: questi alcuni dei maggiori pericoli per le società europee che possono giungere proprio dalla riva sud del Mediterraneo; per prevenirli è necessaria una saggia politica di stabilizzazione dell´area che non può essere costruita solo attraverso incentivi economici e politici. Oggi contano i rapporti economici ma devono contare, e di più, i rapporti culturali e civili.

L’Europa sembra ancor oggi aver paura del Mediterraneo. La frattura della battaglia di Lepanto del 1453, che spinse l´Impero Ottomano ad occupare l’intera riva Sud, è ancora viva. Vittima di questa paura non è questa o quella cultura, ma l´intero Mediterraneo.

L´Europa ha paura del dialogo e considera questo mare una frontiera e non – come dovrebbe – un "ponte": uno spazio di uguali tra Nord e Sud.

Può l´Europa far a meno del suo Mediterraneo? Può rinnegare la sua "culla di civiltà"?

Occorre imparare a "pensare europeo" e "respirare mediterraneo": questo Mare è da sempre il polmone del Vecchio Continente, la sua fonte di energia, materiale e spirituale, in un rapporto di costruttiva interdipendenza con tutti i Paesi che si affacciano o che convergono sul Bacino e con uno scambio continuo di beni, tradizioni, culture, arti.

Il Mediterraneo è, purtroppo, un mare di conflitti: sulla stessa costa e tra questa e l’entroterra.

Nella penisola Balcanica - che Ismail Kadaré assimila, con quella Italiana ed Iberica, ai tre sonagli di un’"Europa-mula indocile" - le divisioni si sono presentate con un´intensità che in certi momenti fa pensare alle tragedie antiche.

Esodi, eccidi, deportazioni, urbicidi e memoricidi hanno caratterizzato in questi ultimi anni una regione – quella della ex-Jugoslavia – che fù linea di ripartizione tra antichi imperi, spazio dello scisma cristiano, faglia tra cattolicesimo latino e ortodossia bizantina, luogo di conflitto tra cristianità e islam, primo paese del Terzo Mondo in Europa o primo paese europeo del Terzo Mondo.

Sull´altra riva il Sahara (parola che significa "terra povera") spinge avanti la sabbia ed invade il territorio circostante, chilometro dopo chilometro, secolo dopo secolo. In molti punti tra il mare e il deserto non resta che una sottile striscia coltivabile. Questo territorio diventa sempre più popoloso con la maggior parte dei suoi abitanti giovani, mentre quelli della sponda opposta sono invecchiati. Le tensioni che si sviluppano lungo la costa meridionale suscitano inquietudini: se il ritardo nello sviluppo produce intolleranza, l´abbandono contribuisce alla sua crescita.

Nell´attuale processo di globalizzazione un dilemma lacera gli animi nel Maghreb come nel Machrek: modernizzare l´Islam o Islamizzare la modernità? Queste due proposte non possono coesistere e così si aggravano le tensioni tra il mondo arabo e il Mediterraneo, ma anche all´interno delle stesse nazioni musulmane, tra i loro progetti unitari e le loro propensioni particolaristiche. Le chiusure che si stabiliscono nell´intero bacino contraddicono una naturale inclinazione all´interdipendenza. La cultura dovrebbe fornire, per questo, un aiuto determinante.

Il Mar Nero rimane un golfo in un golfo. Sulle sue rive si profilano spaccature che contrassegnano, all´Est, un mondo in difficoltà.

Nonostante tutto questo, nel Mediterraneo esistono modi di essere e maniere di vivere comuni ed avvicinabili, a dispetto delle scissioni e dei conflitti. E´ su questo che bisogna lavorare considerando che non esiste una sola cultura mediterranea: ce ne sono molte in seno ad un solo Mediterraneo. Sono caratterizzate da tratti per certi versi simili e per altri differenti, raramente uniti e mai identici. Le somiglianze sono dovute spesso alla prossimità di un mare comune e all´incontro sulle sue sponde di nazioni e forme di espressione vicine. Le differenze sono segnate da origini e storia, credenze e costumi, talvolta inconciliabili. Nè le somiglianze né le differenze sono assolute o costanti. Talvolta sono le prime a prevalere, talvolta le ultime.

Il resto è mitologia.


2. La nuova Europa.

L´integrazione europea sta attraversando una fase non semplice di ridefinizione della propria identità: la sfida dell´allargamento ad Est e lo spostamento del baricentro dell´Europa verso Nord sono due temi di estrema importanza che possono condizionare lo sviluppo del partenariato euromediterraneo. Tale processo non sarà indolore ed avrà conseguenze nefaste se, con pari dignità, l´Europa non saprà riancorarsi e ricentrarsi sul Mediterraneo.

L´identità europea è specialmente la sua identità mediterranea e le due cose non sono assolutamente in contrasto. Esiste un´Europa mediterranea come pure una coscienza mediterranea dell´Europa. Le Regioni e le Città del Sud dell´Europa hanno il compito di dare forma, insieme ad altre realtà della Società Civile, a questa coscienza.

Nel 1994, in presenza di un´Unione monetaria ristretta, sembrava prendere corpo l´ipotesi, allora sostenuta dalla Germania, di spostare definitivamente il baricentro dell´Europa a Nord. Oggi l´estensione della base dell´Unione monetaria ha impedito che questa tendenza si accentuasse oltre misura e l´azione vincente dell´Italia è destinata ad avere un impatto notevole sulla costruzione della nuova Europa mediterranea.

Hegel ha scritto che la "coscienza del mare è tipicamente europea", dimostrando quanto sia equivoca l´idea di spostare il baricentro a Nord, dove l´idea di "terra" prevale su quella di "mare". All´allargamento ad Est deve corrispondere un´Europa mediterranea che sia una grande realtà multiregionale in grado di dialogare con il mondo arabo-islamico, con Israele e con tutti i popoli che si affacciano sulla costa Sud del Mediterraneo.

Il tema di oggi, "Europa e Mediterraneo", rappresenta una grande occasione perché si sviluppi il senso delle autonomie e del regionalismo: la riaffermazione del principio di "sussidiarietà" dovrà essere fondato sulle vere esigenze di autonomia dell´Europa attraverso ridefinizioni regionali e macroregionali.

Le relazioni dirette "Regioni - Città - Unione europea – Paesi partner mediterranei" devono costituire non solo una ridefinizione istituzionale ma, soprattutto, la capacità di esaltare i poteri, le responsabilità ed i risultati delle Regioni, delle Città e di tutte le autonomie locali.

L’Europa di questa fine secolo si trova di fronte due grandi questioni. Da una parte il completamento dell’Unione monetaria ed il superamento di antiche barriere, costituito dall’allargamento della NATO e della stessa Unione europea; dall’altra parte i rischi appena esposti e costituiti dalle migrazioni di massa provenienti dal Sud e dall’Est, dal terrorismo, dalla disoccupazione strutturale.

Sono problemi che preoccupano e che alimentano l’alienazione degli individui creando il distacco tra Società Civile e Istituzioni: un legame fondamentale che costituisce uno dei fondamenti della società europea.

Un problema a parte è l’Europa dell’Est. Su questo tema – con gli amici Predrag Matvejevic’ e Nullo Minissi, che mi hanno accompagnato sin dagli inizi nel lavoro della Fondazione – abbiamo più volte elaborato riflessioni.

L´Europa dell´Est è stata una designazione più politica e ideologica che geografica e culturale, imposta dalla Seconda guerra mondiale e dalla guerra fredda. Questo nome diventa sempre più desueto, un termine d´altri tempi che viene sostituito da un altro, altrettanto impreciso: l´Europa centrale e orientale. L´Europa cosiddetta centrale comprende anche paesi che - come l´Austria o la Svizzera - non sono stati assoggettati dai regimi dell´Est.

Questa sostituzione di terminologia è di per sé significativa.

L´ "Altra Europa" è anch´essa una nozione mal definita, forse di proposito. Che cos´è "altro" in questa parte dell´Europa e che cos´è europeo in questa alterità? Nessuno ha risposto a questa domanda, non si sa nemmeno se sia mai stata formulata.

L’Europa nel suo insieme non è più ciò che era una volta. Anche quello che chiamavamo il Terzo Mondo è cambiato e alcuni parlano già di un Quarto Mondo.

Una parte dell´"Altra Europa" dei giorni nostri fa apparentemente parte del Terzo Mondo: resti dell´impero sovietico, vestigia dell´antica Russia, della Bielorussia o dell´Ucraina, una Iugoslavia disgregata, i confini dei Balcani, della Bulgaria, dell´Albania o della Romania, fors´anche della Grecia o della Turchia. Dopo un rivolgimento tanto violento quanto inatteso, le nozioni di Europa occidentale e orientale sembrano finalmente corrispondere ai punti cardinali.

Ci si potrebbe rallegrare di questo buon uso delle parole se le cose in sé si presentassero diversamente.

Se l’altra Europa è una denominazione ambigua, la realtà a cui si riferisce non lo è di meno. Oggi questa realtà la possiamo scorgere come è o come dovrebbe essere. La retorica si adatta a queste ambivalenze. La politica ne trae vantaggio. La retorica politica ne abusa. La letteratura, dal canto suo, cerca talvolta di chiarirle o, più spesso, di liberarsene.

Anche il concetto di dissidenza si presta a equivoci. Questo termine è ugualmente superato. E’ stato importato dall’Europa occidentale ed usato per descrivere la sorte subita da una parte dell’intellighenzia dei cosiddetti paesi dell’Est. All’inizio, i russi chiamavano questi intellettuali recalcitranti (ma non sempre si trattava di intellettuali) inakomy-sliascie: "coloro che la pensano diversamente". In seguito ci siamo abituati a chiamarli dissidenti o dissidenza, come ci si abitua a tutto. "Per fare onestamente il proprio lavoro lo scrittore deve essere un dissidente rispetto all’ideologia, dello Stato o della Nazione", diceva lo scrittore croato Miroslav Krleza. Bisogna evitare la trappola delle parole che usiamo, talvolta equivoche quanto le cose che pretendiamo di spiegare. In questo scenario le urgenze a cui la politica europea dovrà dare una risposta immediata sono da un lato una politica in grado di affrontare le ansie inerenti le identità degli individui, dall’altro la riforma del modello sociale ed economico europeo.

Questo processo passa attraverso una "sfida etica" che non può ignorare i grandi temi dei diritti umani, della bioetica, dell’istruzione e della formazione soprattutto nei confronti delle popolazioni deboli dell’Est dell’Europa e del Sud del Mediterraneo.




3. Le diverse identità culturali di fronte al processo di globalizzazione.

Le diverse identità che caratterizzano il Mediterraneo non costituiscono l’"insieme mediterraneo" ma molti sottoinsiemi che sfidano e rifiutano certe idee unificatrici dettate dalla globalizzazione. Concezioni storiche o politiche si sostituiscono alle concezioni sociali o culturali, senza armonizzarsi né interagire. Le categorie di civiltà o le matrici di evoluzione al Nord e al Sud non si lasciano ridurre ad un denominatore comune come, frettolosamente, vorrebbe il processo di globalizzazione. Le identità culturali tipiche della fascia costiera spesso di contrappongono a quelle dell’entroterra.

L’abitudine di percepire il Mediterraneo solamente partendo dal suo passato ancor oggi resiste. Le diverse identità culturali – che un tempo costituivano "la patria dei miti" – soffrono, di fronte al processo di globalizzazione, delle mitologie che esse stesse hanno generato e che altri hanno nutrito. L’immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto; la realtà si confonde con la rappresentazione della realtà.

Sul Mediterraneo, come altrove, un’identità dell’essere, difficile da definire, respinge ed offusca un’identità del fare, poco delineata. La retrospettiva continua ad avere così la meglio sulla prospettiva e la riflessione stessa rimane prigioniera degli stereotipi.

Per procedere ad un’analisi del rapporto tra le diverse identità culturali del Mediterraneo ed il processo di globalizzazione è necessario gettar via una zavorra ingombrante, proveniente dal passato e dal presente, dal mito e dalla realtà: occorre, anzitutto, considerare che il Mediterraneo ha affrontato la modernità in ritardo e non ha conosciuto il laicismo su tutte le sue sponde. Ciascuna identità culturale conosce le proprie contraddizioni che non cessano di riflettersi sul resto del bacino e su altri spazi, talvolta lontani.

Nonostante la percezione della globalizzazione e la consapevolezza dell’ineluttabilità di tale processo, la realizzazione di una convivenza in seno ai territori multietnici o plurinazionali, lì dove si incrociano e si mescolano culture e fedi diverse, conosce sotto i nostri occhi uno smacco crudele. Patologie non valutate e curate in tempo, come ad esempio il nazionalismo balcanico, peseranno sulla ricostruzione e sull’integrazione di quei popoli nel resto dell’Europa e nel Mediterraneo.

La tragedia del Kosovo potrà servire, forse, all’Occidente come stimolo per ricercare un nuovo rapporto tra le diverse identità del Sud Est europeo e del Mediterraneo: una nuova comune identità fondata sul dialogo e sul rispetto reciproco.

Le diverse identità culturali del Mediterraneo affrontano il processo di globalizzazione in maniera contrastante: fiducia e rischio, sicurezza e pericolo sembrano alternarsi nel confronto con la modernità.

Un effetto sostanziale che la globalizzazione produce è la separazione del tempo dalla spazio. I popoli del Mediterraneo difficilmente accettano questa condizione: essi sono abituati a collegare il tempo ai luoghi. Ancora oggi, in Egitto come in Marocco, in Tunisia come in Turchia, molti individui non sono in grado di dire l’ora del giorno senza far riferimento ad un "luogo fisico": il "quando" è sempre legato a un "dove".

La globalizzazione dunque separa sempre di più lo spazio dal tempo, alimentando rapporti tra persone "assenti", distanti da situazioni di interazione "faccia a faccia".

Questa condizione, specialmente nel sud del Mediterraneo, genera frustrazioni e fantasmi e spinge coloro che si sentono persi in questa nuova dimensione globale a rifugiarsi nelle diverse identità di origine: queste ultime diventano sempre più numerose e, anziché costituire un elemento di risorsa, sono spesso causa di conflitti.

E’ quindi necessario valorizzare tali identità e renderle elemento portante del processo di globalizzazione: per far questo occorre promuovere la comunicazione, la conoscenza e la cooperazione al fine di assicurare continuità, coerenza e consequenzialità alle azioni intraprese. Queste ultime condizioni sono essenziali per assicurare fiducia nel globale.

L’azione principale da perseguire è quella di costituire un insieme più ampio: creare, cioè, a livello euromediterraneo, una "casa comune delle diverse identità culturali".

Per far ciò molti propongono di elaborare una cultura intermediterranea alternativa: attuare un simile progetto richiede tempi lunghissimi; condividere una visione differenziata all’interno dello spazio euromediterraneo -dove ciascuna identità ha il proprio spazio e il proprio tempo – è meno ambizioso e più facile da perseguire.

E’ questo l’impegno principale che l’Accademia del Mediterraneo ha assunto per armonizzare le diverse identità culturali con il sistema globale.




4. Il dialogo interreligioso.

La caduta del muro di Berlino del 1989 fu per molti l’auspicio di una nuova era di pace e cooperazione nel mondo. Le aspettative erano molteplici e generarono un clima di speranza per il raggiungimento di un nuovo ordine mondiale. Paradossalmente, un numero incredibile di crisi, conflitti , disordini ed atrocità si sono sviluppati ed acuiti proprio dopo la caduta di quel muro. Soprattutto nel Mediterraneo, che continua ad essere una delle aree più turbolente del mondo a causa di continue guerre alimentate essenzialmente da scontri etnici e religiosi.

L’Islam, l’Ebraismo ed il Cristianesimo sono le tre religioni del Dio Unico . In questo senso il Mediterraneo è il mare di un solo Dio. Eppure esistono frontiere religiose nel Mare Nostrum. Sono evidenti. Soprattutto quelle tra il mondo cristiano e quello islamico. Queste frontiere possono condizionare il destino e la pace di un Paese. La religione ha un ruolo essenziale nella costruzione dell’identità nazionale di ciascun popolo.

Nel Mediterraneo cristiani, musulmani ed ebrei hanno condiviso le stesse terre per secoli. Giorgio La Pira negli anni ’50 scriveva che "la Sinagoga, la Cattedrale e la Moschea sono i luoghi intorno ai quali si costruiscono le nazioni, i popoli e le civiltà". La coabitazione tra i popoli delle tre religioni è una realtà della storia del Mediterraneo : una storia di conflitti legati alle religioni, scolpita in maniera indelebile nella memoria. E quelle che viviamo quotidianamente sono guerre "della memoria".

Il dialogo interreligioso è indispensabile anche per lo sviluppo economico dei popoli mediterranei. Occorre, però, ricordare la storia ed il rapporto dei Paesi mediterranei con le religioni e con il mare. Per costruire il dialogo tra le religioni è opportuno ricordare, insieme con fatti d’ordine storico o geopolitico, il ruolo che potrebbe avere la varietà di fedi o di mitologie.

Molti popoli mediterranei offrivano sacrifici al mare - cavalli, tori, etc. -, simboli di forza o di fecondità. Le divinità marine trovavano nei loro pantheon un posto particolare: Poseidone è, come si sa, figlio di Rea e di Chronos, analogamente a Nettuno per i Romani. Il paganesimo greco fu caratterizzato da un atteggiamento ambivalente: timore davanti a un mare pieno di incognite, amore per lo spettacolo ineguagliabile. La lingua greca possedeva numerose denominazioni per designare i molteplici aspetti del mare: materia o contenuto (hals), presenza, percorso o estensione (pontos, pelagos), natura e avvenimento (thalassa). Quei nomi potevano mettersi uno accanto all’altro e combinare o moltiplicare i significati: materia-estensione, presenza-avvenimento, natura-contenuto, etc. Ciò dimostra, tra l’altro, un’irriducibile ricchezza di rapporti attraverso lo stesso mare.

La Bibbia e il Talmud danno al Mare Mediterraneo vari nomi : "Grande mare" (iam hagadol, Joz, I, 4), "Mare che sta dietro" (iam ha aharon, Deut. XI, 24), "Mare filisteo" (iam p’listim, Ex. XXIII, 31). La parola semita iam designava indifferentemente tutte le grandi distese d’acqua: mari, laghi, fiumi. Sarà la stessa cosa per molti popoli intimoriti dagli sconfinati orizzonti offerti dallo spettacolo del mare: i Romani all’inizio, gli Slavi, i Germanici, gli Arabi, i Turchi.

Il Popolo Eletto, ancora in Egitto, condivideva con i sudditi dei faraoni la paura "dei popoli del mare". Quella disposizione d’animo è implicita tanto nell’Antico Testamento quanto nei testi talmudici. La menzione dei "popoli del mare" si trova nella grande iscrizione di Merenptah. Il papiro chiamato Harris ne enumera alcune: Šerdan (potrebbero essere stati i Sardi), Wešeš, Tekker, Denen, Pelestel (Filistei?). La Maledizione dei Filistei, marittimi e "incirconcisi", appare nel Vecchio Testamento. Nell’Esodo (14) le acque marine si aprono e il popolo, preceduto da Mosè, passa camminando sulla terra e non navigando. Jona utilizza l’animale presentato spesso in forma di balena per spostarsi per mare; il suo nome in ebraico significa "colombo" e non "gabbiano". Il mare biblico è popolato di mostri che ricordano Leviathan o Rachab. Daniel vede "quattro grandi bestie che escono dal mare". San Giovanni parla nell’Apocalisse di una "bestia orribile con sette teste e dieci corna". Prevede la scomparsa del mare dopo il Giudizio finale. Il rumore delle onde è paragonato alla rivolta delle nazioni pagane contro Dio (Is. 51). Gesù Cristo cammina sulla superficie delle acque utilizzando le parole che la esorcizzano: "Taci, Calmati" (Matt., 4). Dio soltanto è più forte del mare cattivo.

Il Cristianesimo ha conservato nel suo retaggio un’attitudine analoga. Essa è tuttavia attenuata dal grande viaggio di San Paolo che navigò, non senza difficoltà, dalla Terra Santa alla Città Eterna. San Girolamo tenta di trovare l’etimologia del nome di Maria: alcuni gli attribuiscono l’ipotesi per cui Mir-iam vorrebbe dire Stella maris. Sant’Agostino ci confessa già che "per noi, figli nati e nutriti sulle rive del Mediterraneo (apud Mediterraneos), l’acqua anche soltanto intravista in un piccolo calice ricorda il mare" (Epist. VII, 14).

Ibn Khaldun ha dato testimonianza della paura degli Arabi, e soprattutto dei Berberi, davanti al "Mare Bianco" (al-bahr al-abyad). Così gli Arabi chiamavano il Mediterraneo, attribuendogli anche nomi derivanti dalle altre nazioni: "Mare dei Rumi" (cioè dei Bizantini), "Mare Siriano". Hanno chiamato l’oceano "Mare delle Tenebre" (al-bahr al-zulumat), timorosi di avventurarcisi. Comunque sia, il Corano riconosce "due mari", separati l’uno dall’altro da una parete, che non potranno mai incontrarsi (LV, 19). "Le perle e i coralli provengono da questi due mari" (LV, 22). Tra le metafore figurano anche i "sette mari" diversi. Il Profeta ha salutato le imbarcazioni in navigazione. Ha consigliato di mangiare tutto ciò che proviene dal mare e di adornarsi con tutto ciò che vi si trova. Secondo certi hadits (non tra i più degni di fede) ha anche incoraggiato la conquista di altri mari e ricordato che una vittoria marittima vale dieci vittorie terrestri. Il deserto, che secondo la Bibbia assomiglia al mare, ha assorbito la potenza delle nazioni che lo circondano. Alle genti che lottavano contro le dune non restavano forze sufficienti per affrontare le onde.

Il mare cambia genere da un litorale all’altro : mentre in latino o nelle lingue slave la parola mare è neutra, è maschile in italiano e femminile in francese; in spagnolo può essere maschile o femminile a seconda delle volte; possiede due nomi maschili in arabo; il greco, nelle sue molteplici designazioni, composte o sovrapposte, gli assegna tutti i generi. Così è difficile tracciare le frontiere che separano i mari. I confini di solito non sono marittimi: sono tracciati sui continenti.

Queste considerazioni potranno probabilmente essere di aiuto per comprendere certi rapporti tra le popolazioni che abitano sui contorni di questo mare che molti di noi considerano come "nostro": mare nostrum, diviso tra noi o da noi.




5. Quali valori, principi e interessi comuni per costruire una società euromediterranea?


Il 24 e 25 novembre 1995, a Napoli, organizzando il forum "Il Mediterraneo e l’Europa" la Fondazione Laboratorio Mediterraneo fornì elementi utili per la Conferenza di Barcellona – svoltasi pochi giorni dopo – ed aprì la via alla "costruzione" di una Società Civile euromediterranea (collaborando successivamente al I Forum Civile Euromed, svoltosi nel dicembre 1995 a Barcellona subito dopo la Conferenza, e organizzando il II Forum Civile Euromed, svoltosi a Napoli il 12,13 e 14 dicembre 1997) capace di produrre azioni concrete nel rispetto di valori , principi ed interessi comuni.

Il primo, insostituibile valore è quello della cultura.

Se la guerra che fino a ieri ha insanguinato un pezzo d’Europa e Mediterraneo produce inimicizia, morte e distruzione, la cultura è l’esatto contrario. Essa è anzitutto riconoscimento: degli altri, delle diversità, del dialogo. Alimenta la volontà di convivenza, il riconoscersi per lavorare insieme.

Le culture europea e mediterranea si caratterizzano soprattutto per il valore della laicità e del riconoscimento: quest’ultimo termine esisteva già nella filosofia di Platone e fu Hegel a portarlo nel cuore dell’Europa moderna facendo si che il riconoscimento dell’altro diventasse, poi, terreno concreto di costituzione della cittadinanza.

Il secondo valore-principio è costituire una forza.

La cultura e il dialogo devono diventare forze reali. La storia, è bene non dimenticarlo, è terribile ed è influenzata da ecumenismi astratti. Il mondo in cui viviamo è aspro, è fatto di forze. Noi dobbiamo operare affinchè la cultura diventi una forza attiva dentro i processi reali della storia.

Questo è l’impegno assunto dall’Accademia del Mediterraneo: l’Europa come terreno di costituzione dell’idea di cittadinanza e del rapporto tra diritti dell’uomo e cittadinanza e, quindi, come rifiuto dell’etnicità come fondazione degli Stati; il Mediterraneo come grande classico terreno di riconoscimento di culture, tradizioni e religioni diverse.

E’ indispensabile, quindi, costituire una "Forza Mediterranea" fondata sulla cultura, sul dialogo, sulla pace e sulla tolleranza: una forza concreta che, insieme alle società del Nord Europa, possa costruire una rete di Paesi, Regioni e Città abituati alla convivenza.

Su questo tema la Fondazione Laboratorio Mediterraneo è attiva con la rete "Labmed".

Il terzo valore è quello della convivenza.

E’ questa la vera frontiera verso cui dobbiamo muoverci. L’accoglienza molto spesso produce tolleranza. La convivenza – con immigrati e rifugiati provenienti da vari Paesi mediterranei – deve produrre anzitutto rispetto.

Occorre trasformare l’abitudine alla convivenza in risorsa per la società euromediterranea. In tale processo è importante il ruolo di quelle città che hanno un’attitudine storica alla convivenza: come, ad esempio, Napoli.

Questa città è abituata da millenni a convivere con razze, culture, abitudini, storie e fedi diverse; in questa città sono fusi e intrecciati da secoli dialoghi europei e mediterranei.

Napoli è una città in cui si è alimentata la radice della cultura mediterranea: l’Essere, inteso come riconoscimento della persona, dell’altro, della dignità umana. Napoli non volle l’inquisizione e nel 1547 fece una lotta civile per evitarla; come pure questa città non ha mai avuto un ghetto attuando, da secoli, azioni tese al riconoscimento ed alla convivenza. In questa città questo valore potrebbe trovare la propria sede storica e lanciare una sfida ai nazionalismi e razzismi di questa fine millennio.



Il quarto valore è il rapporto cultura – politica – società civile – sviluppo economico.

Oggi più che mai è importante che cultura e politica, e quindi società civile ed istituzioni, stiano insieme e in primo piano, prima delle logiche militari.

"Pensare il Mediterraneo e mediterraneizzare il pensiero": questa espressione di Edgar Morin è interessante per strutturare il rapporto tra cultura, politica, società civile e sviluppo economico passando attraverso la gestione dei conflitti ed il consolidamento del processo di pace. E’ indispensabile oggi costruire un nuovo umanesimo rivalutando le eredità di ieri, l’arte di vivere, le culture immateriali, la poesia, la bellezza: il Mediterraneo ha bisogno di questi ingredienti per sedare i conflitti ed alimentare il compromesso necessario per la pace. Per far questo occorre una simbiosi tra politica e cultura.

L’incontro fra le culture è fondamentale per creare una migliore comprensione ed affrontare le sfide comuni per edificare uno spazio euromediterraneo basato sulla pace e sulla prosperità condivisa.

Durante l’ultima Conferenza euromediterranea di Stoccarda (aprile 1999) i Ministri degli Esteri dei 27 Paesi aderenti alla Dichiarazione di Barcellona hanno auspicato un maggiore e più attivo ruolo della società civile euromediterranea.

L’obiettivo ambizioso è costruire una società che, al di là delle specificità culturali, abbia un fondamento comune basato su valori condivisi che nulla devono togliere alle identità di ciascun popolo ma che, insieme, devono costituire una piattaforma per edificare qualcosa di concreto: la pace, innanzitutto, ed il progresso morale e materiale dei popoli, che significa sviluppo economico e prosperità.




6. La sfida del cambiamento e il ruolo della Società Civile.


Nella complessa e delicata situazione politica e culturale in cui si trovano attualmente i Paesi del Mediterraneo s’imponeva e s’impone la necessità di dare a quest’area la possibilità di coordinarsi in una unità regionale, culturale e politica al fine di creare un nuovo equilibrio non soltanto all’interno di essa ma pure come modello e tipologia al di fuori di questo nostro spazio.

Una sfida al cambiamento è iniziata con la già citata Conferenza euromediterranea di Barcellona del 1995, che ha gettato le basi per un nuovo rapporto tra i Paesi dell’Unione europea ed i Paesi partner mediterranei, articolando un processo di partenariato "alla pari". All’indomani di questa Conferenza, sempre a Barcellona, la Società Civile si riuniva per la prima volta nel I Forum Civile Euromed al fine di individuare gli strumenti e le azioni necessarie.

Tappe significative di questo percorso sono state la Conferenza euromediterranea intermedia, svoltasi qui in Sicilia, a Palermo, nel giugno 1998, e il II Forum Civile Euromed organizzato dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo: in quest’occasione 2248 partecipanti provenienti da 36 Paesi si sono confrontati in 11 sessioni ed oltre 50 temi di lavoro ed hanno gettato le basi di una diversa rappresentatività della Società Civile. Quest’ultima si dimostra in ogni circostanza sempre più strumento di supporto alle azioni di governo, facendosi interprete e diretta mediatrice delle aspirazioni, delle esigenze e delle risorse dei vari Paesi.

I partecipanti al Forum di Napoli hanno proposto 86 progetti concreti – molti dei quali già attivati – e richiesto che venissero anzitutto attuate due raccomandazioni:

a – Dare la massima rappresentatività e legittimità alla Società Civile euro-mediterranea negli ambiti della cultura e della scienza, mediante la costituzione di un’Accademia del Mediterraneo

b – Costituire una Banca dati della Società Civile che persegua i seguenti obiettivi:


  • Accrescere il ruolo di guida e di orientamento della Società Civile nella trasformazione dei processi sociali ed in quelli di formazione e ricerca;


  • valorizzare e diffondere le esperienze acquisite dando voce e forza alle migliori e più significative iniziative;


  • individuare le buone pratiche e promuoverne la diffusione;


  • rinsaldare e potenziare le interazioni tra le istituzioni rappresentative della Società Civile euromediterranea attraverso un’informazione corretta, imparziale, sistematica.



La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, preoccupata di non far scemare il fervore creativo sprigionatosi dal II Forum Civile, ha raddoppiato gli sforzi per realizzare compiutamente queste due importanti iniziative:


1 - L’Accademia del Mediterraneo si è costituita a Napoli il 10 ottobre 1998 ed è stato un atto concreto che intende evocare la fiducia riposta nell’impegno delle forze vive della Società Civile ed apportare il proprio concorso per l’edificazione di un’area di pace e prosperità condivisa, preconizzata dalla Dichiarazione di Barcellona.

costituisce, per rappresentatività e legittimità, la massima espressione culturale dei Paesi euromediterranei, in quanto molte Accademie ad essa aderenti sono, nei rispettivi Paesi di provenienza, rappresentanza ufficiale della cultura. Essa si propone quale centro di riferimento per i Paesi euromediterranei ed intende essere un’Istituzione collegiale - ufficialmente ed effettivamente rappresentativa della cultura, della scienza e dell’economia - capace di indirizzare le politiche dei Paesi euromediterranei e dell’Unione Europea.

L’istruzione, l’alta formazione e l’informazione sono le azioni principali previste dall’Accademia nei vari ambiti culturali.

Nella sede dell’Accademia del Mediterraneo è previsto lo svolgimento di molteplici attività già patrimonio della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che sono state trasferite in dote all’Accademia. Tra queste i Forum permanenti su varie tematiche (patrimonio culturale, donne, giovani, lavoro, formazione, sviluppo): lo scopo è quello di dare struttura e coerenza a riunioni, seminari, convegni ed incontri spesso occasionali e privi di relazione tra loro, al fine di strutturare azioni mirate e tese a ricostruire la dimensione culturale e scientifica del Mediterraneo.

L’Accademia del Mediterraneo vuole proporsi come punto di riferimento per l’area euromediterranea sulle tematiche relative ai diritti umani ed alla tradizione interculturale che percorre tutta la storia del Mediterraneo al fine di intensificarla e rinnovarla nell’ambito di una cultura moderna.

L’Accademia del Mediterraneo intende:


1. essere una grande "fabbrica" di informazione e cultura al servizio del partenariato euromediterraneo;

2. costituire il centro della banca dati della Società civile euromediterranea;

3. rappresentare le Accademie e le Istituzioni culturali dei Paesi aderenti assicurando a ciascuno di essi uno spazio di rappresentanza permanente;

4. ospitare sistematicamente eventi culturali ed artistici in modo tale da costituire, nel Paese e nella Città dove l’Accademia del Mediterraneo ha la sua Sede principale, un luogo di riferimento e di incontro tra le diverse culture;

5. rinnovare la coesione del tessuto civile dei vari paesi euromediterranei mediante incontri regolari e sistematici tra:

a. I Capi di Stato dei Paesi euromediterranei

b. I Presidenti delle regioni e collettività locali ed i Sindaci delle Città euromediterranee (EuromedCity)

c. Esperti, studiosi e ricercatori sui diritti umani (Forum permanente su democrazia e diritti umani)

d. Studenti, docenti ed esperti (Forum permanente dei Giovani)

e. Rappresentanti della formazione, delle imprese e delle agenzie di promozione e sviluppo di occupazione, esperti e ricercatori del settore (Forum permanente su empowerment, occupazione e lavoro)

f. Studiosi ed esperti del patrimonio culturale e ambientale (Forum annuale sul patrimonio culturale e ambientale)

g. Rappresentanti delle istituzioni, della politica, della ricerca, dell’impresa e delle reti di donne (Forum permanente delle donne)

h. Studiosi ed esperti del dialogo interculturale ed interreligioso (Forum permanente)


All’Accademia del Mediterraneo hanno aderito, al 30.05.99, 561 Istituzioni, tra queste: 67 Accademie regionali e nazionali, 168 Università, 48 Città ed oltre 200 Istituzioni in rappresentanza di 22 Paesi euromediterranei.

L’Accademia ha la sua sede principale a Napoli e sedi distaccate in altri paesi euromediterranei (Egitto, Macedonia, Malta, Marocco, Palestina, Israele, Francia, Giordania, Spagna, Tunisia, Grecia, ecc.)


2 - La Banca dati della Società Civile – attivata dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo - si è concretizzata nel progetto Euromed Civil Society che si articola in diversi settori. Ad oggi hanno aderito al progetto molteplici istituzioni ed organismi della Società Civile di 32 Paesi ed è in fase avanzata la raccolta dei dati e la proposizione di un "comune linguaggio" di comunicazione e scambio di informazioni (ved. all. schema).






Infoline:

FONDAZIONE LABORATORIO MEDITERRANEO
ACCADEMIA DEL MEDITERRANEO
Via Depretis, 130 - 80133 NAPOLI
Tel: +39 081 5523033 Fax: +39 081 4203273
E-mail: info@medlab.org
Web page: www.euromedi.org

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