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IL MATTINO
30/03/2008

Teatro Festival e Napoli si apre al mondo
di Luciano Giannini

Napoli. Almeno sulla carta hanno pensato a tutto. Perfino all’energia pulita: il neonato Napoli Teatro Festival Italia (NTFI) produrrà da solo, con un impianto a energia solare, i 200 Kw al giorno che consumerà. Nella capitale mondiale della munnezza è un segno beneaugurante. Così come la sala del Castel dell’Ovo affollata di giornalisti italiani e stranieri, convocati per la presentazione della rassegna triennale, assegnata dal ministero per i Beni culturali a Napoli dopo un concorso nazionale. La sfida? La definiscono il governatore Bassolino, il sindaco Iervolino, il presidente della Provincia Di Palma, il presidente della Fondazione Festival Rachele Furfaro e il direttore della rassegna Renato Quaglia in conferenza stampa: «Creare dal nulla un progetto che nel giro di qualche anno competa, per qualità e offerte, con rassegne internazionali prestigiose come Edimburgo, Salisburgo e Avignone». E l’emergenza rifiuti? Se ha fatto slittare da gennaio a marzo la presentazione dell’evento non rischia di condizionare l’evento stesso? «Jesce sole» è la risposta-esorcismo di Bassolino, che la riprende dal suo blog. «Dopo una tempesta a Napoli esce sempre il sole». Dopo i rifiuti a pioggia il sole del teatro dovrebbe riportare la luce sulla città sventurata. «Il festival richiamerà tante persone. Per questo dobbiamo lavorare e impegnarci». Le cifre snocciolate in conferenza stampa fanno ben sperare: 24 giorni di spettacoli (dal 6 al 29 giugno); 5 milioni di euro il budget del primo anno; 200 rappresentazioni di teatro, musica e danza; 15 paesi coinvolti con 9 lingue parlate; 2000 artisti; 38 debutti per 29 produzioni originali, una media di 5-6 spettacoli al giorno suddivisi in 30 luoghi, teatrali e non: Albergo dei Poveri e Castel dell’Ovo, Maschio Angioino, Madre e gallerie d’arte napoletane, Cappella San Severo e Reggia di Caserta, Anfiteatro Flavio e Teatro di Pompei, Palazzo reale di Napoli e Villa comunale, Auditorium Rai e Darsena Acton nel porto, Castelcapuano e i teatri Mercadante, San Ferdinando, Diana, Bellini, Sannazaro, Instabile. Il Festival, insomma, invade la città, con sortite in provincia e regione. La rassegna avrà anche una sua compagnia formata per ora da attori italiani, spagnoli, belgi e portoghesi che, diretti da Virgilio Liberti e Annalisa Bianco, apriranno il festival il 6 all’Albergo dei Poveri con un allestimento multilingue delle «Troiane» di Euripide (in 600 hanno partecipato ai provini). Il direttore Renato Quaglia, vero artefice del programma, descrive le linee guida: «La produzione e la coproduzione di lavori originali, scritti per il festival. O affidati - in ognuno dei tre anni della rassegna - a scrittori ospitati a Napoli per scrivere testi su Napoli e da Napoli. Si comincia con Adonis, la Yoshimoto e Scarpa. Si continuerà l’anno prossimo con Skàrmeta. Ancora: il rapporto tra tradizione e innovazione, a partire dall’indagine sul Settecento, età d’oro di Napoli nobilissima; il rapporto e le sinergie con altri festival e istituzioni, da Edimburgo e Manchester, dalla Romania alla Francia, dalla Lettonia a Singapore, da Santiago del Cile a Dubai». Mancano, però, nel programma nomi prestigiosi: Nekrosius, Brook, Greenaway, Wilson. E Quaglia: «Una scelta precisa. Abbiamo deciso di presentare artisti nuovi, che non appartengano al circuito dei festival e, perciò, sappiano evocare interesse e curiosità». La rassegna convocherà gli Stati generali del teatro per riflettere sul suo futuro e diventerà archivio, con una banca dati che assorbirà il trentennale catalogo di spettacoli messo a disposizione da Franco Quadri e dalla sua Ubu libri. Farà un master di formazione per operatori culturali; e ha commissionato alla Bocconi uno studio per capire la ricaduta economica dell’evento sulla città. «Manchester e Edimburgo - ricorda Quaglia - hanno risolto parte dei loro problemi di disoccupazione proprio con i festival». E dopo il 2010? La rassegna continuerà? O il prossimo governo della città cancellerà il progetto?, chiede un giornalista spagnolo. Bassolino: «Abbiamo costituito una fondazione e una solida struttura di gestione proprio per assicurare alla rassegna un futuro duraturo». Ma questa è un’altra storia. Tutta italiana. Anzi, napoletana.

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