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PROVINCIA DI LECCE


Incontro:

IL MEDITERRANEO E L’EUROPA
La cultura strumento di unificazione dei continenti

Lecce, 19 ottobre 1999
Sala Consiliare – Palazzo dei Celestini




Note dell’arch. Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e Direttore generale dell’Accademia del Mediterraneo



Questo incontro, promosso dalla Provincia di Lecce, cade in un numero storico particolare: la guerra nel Kosovo, la nuova Europa con l’allargamento ad Est, il futuro del Mediterraneo, il rinnovo delle principali istituzioni comunitarie (Parlamento e Commissione), il ruolo della NATO e dell’ONU, la sfida della globalizzazione, il dialogo politico e di sicurezza, la cooperazione economica e l’area di libero scambio, l’importanza della Società Civile e della cultura sono argomenti che inducono a riflessioni profonde e caratterizzano momenti importanti di confronto come la riunione di oggi.

Vorrei proporre di seguito alcune riflessioni – maturate durante gli ultimi anni di lavoro all’interno della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e, in seguito, dell’Accademia del Mediterraneo – sui seguenti temi caratterizzanti l’agenda odierna dei lavori:

Il Mediterraneo oggi
La nuova Europa
Le diverse identità culturali di fronte al processo di globalizzazione
Quali valori, principi e interessi comuni per costruire una società euromediterranea
La sfida del cambiamento e il ruolo sella Società Civile


1. Il Mediterraneo oggi

Il Mediterraneo è da sempre crocevia di grandi mutamenti che hanno generato e generano incontri e scontri: politici, religiosi, economici.

Molti hanno l’attitudine, a causa delle vicende geopolitiche e geoeconomiche degli ultimi decenni, a mortificare la visone del Mediterraneo riconducendola a transazioni petrolifere o ad azioni militari per la “gestione della sicurezza”. Ai segnali di risveglio di natura economica del Mediterraneo – oggi percepibili soprattutto nel dinamismo dei porti e dei traffici – deve corrispondere un movimento di nuove relazioni culturali capaci di costruire una piattaforma comune nella quale ciascuna diversa identità possa riconoscersi e contribuire alla costruzione di un’arca di valori condivisi e libero scambio, come auspicato dalla Dichiarazione di Barcellona.

Il Mediterraneo ha recuperato oggi una sua centralità come via di comunicazione, stimolato soprattutto dal ruolo crescente dell’economia asiatica che è stata la vera protagonista di questa sua trasformazione geoeconomica. Tutto questo non è sufficiente. Questa antica via di comunicazione, oltre a trasferire persone e merci, deve trasferire valori e principi da condividere tra culture diverse: queste ultime, se ben accomunate, possono costituire un elemento vitale e sfidare il sistema globale che appare sempre di più povero di valori.

In tale contesto assume un’importanza fondamentale il ruolo dell’Europa per la realizzazione dei tre obiettivi fissati nella Conferenza di Barcellona volti ad attuar il partenariato euromediterraneo e giungere, entro il 2010, alla creazione di un’area di libero scambio. Su questo l’Europa – con il nuovo Parlamento eletto nei giorni scorsi e con la nuova Commissione – dovrà concentrare ogni sforzo per evitare lo svilupparsi di protezionismi o di aree regionali intese come “blindatura” o “difesa” da una competizione globale percepita come ingiusta.

Per questo è indispensabile fondare un’Europa politica: con un Parlamento europeo forte in grado di esprimere un Governo europeo capace di assumere decisioni concrete nei confronti del Mediterraneo. Migrazioni, devastazioni ambientali, terrorismo e fondamentalismo: questi alcuni dei maggiori pericoli per le società europee che possono giungere proprio dalla riva sud del Mediterraneo; per prevenirli è necessaria una saggia politica di stabilizzazione dell’area che non può essere costruita solo attraverso incentivi economici e politici. Oggi contano i rapporti economici ma devono contare, e di più, i rapporti culturali e civili.

L’Europa sembra ancor oggi aver paura del Mediterraneo. La frattura della battaglia di Lepanto del 1453, che spinse l’Impero Ottomano ad occupare l’intera riva Sud, è ancora viva. Vittima di questa paura non è questa o quella cultura, ma l’intero Mediterraneo.

L’Europa ha paura del dialogo e considera questo mare una frontiera e non – come dovrebbe – un “ponte”: uno spazio di uguali tra Nord e Sud.

Può l’Europa far a meno del suo Mediterraneo? Può rinnegare la sua “culla di civiltà” Occorre imparare a “pensare europeo” e “respirare mediterraneo”: questo Mare è da sempre il polmone del Vecchio Continente, la sua fonte di energia, materiale e spirituale, in un rapporto di costruttiva interdipendenza con tutti i Paesi che si affacciano o che convergono sul Bacino e con uno scambio continuo di beni, tradizioni, culture, arti.

Il Mediterraneo è, purtroppo, un mare di conflitti: sulla stessa costa e tra questa e l’entroterra.

Nella penisola Balcanica – che Ismail Kadaré assimila, con quella Italiana ed Iberica, ai tre sonagli di un’ “Europa-mula indocile” – le divisioni si sono presentate con un’intensità che in certi momenti fa pensare alle tragedie antiche.

Esodi, eccidi, deportazioni, erbicidi e memoricidi hanno caratterizzato in questi ultimi anni una regione – quella della ex - Jugoslavia – che fu linea di ripartizione tra antichi imperi, spazio dello scisma cristiano, faglia tra cattolicesimo latino e ortodossia bizantina, luogo di conflitto tra cristianità e Islam, primo paese del Terzo Mondo in Europa o primo paese europeo del Terzo Mondo.

Nell’attuale processo di globalizzazione un dilemma lacera gli animi nel Maghreb come nel Machrek: modernizzare l’Islam o Islamizzare la modernità? Queste due proposte non possono coesistere e così si aggravano le tensioni tra il mondo arabo e il Mediterraneo, ma anche all’interno delle stesse nazioni musulmane, tra i loro progetti unitari e le loro propensioni particolaristiche. Le chiusure che si stabiliscono nell’intero bacino contraddicono una naturale inclinazione all’interdipendenza. La cultura dovrebbe fornire, per questo, un aiuto determinante ed essere una vera “forza mediterranea”.



2. La nuova Europa

L’integrazione europea sta attraversando una fase non semplice di ridefinizione della propria identità: la sfida dell’allargamento ad Est e lo spostamento del baricentro dell’Europa verso Nord sono due temi di estrema importanza che possono condizionale lo sviluppo del partenariato euromediterraneo. Tale processo non sarà indolore ed avrà conseguenze nefaste se, con pari dignità, l’Europa non saprà riancorarsi e ricentrarsi sul Mediterraneo.

L’identità europea è specialmente la sua identità mediterranea e le due cose non sono assolutamente in contrasto. Esiste un’Europa mediterranea come pure una coscienza mediterranea dell’Europa. Le Regioni e le Città del Sud dell’Europa hanno il compito di dare forma, insieme ad altre realtà della Società Civile, a questa coscienza.

Nel 1994, in presenza di un’Unione monetaria ristretta, sembrava prendere corpo l’ipotesi, allora sostenuta dalla Germania, di spostare definitivamente il baricentro dell’Europa a Nord. Oggi l’estensione della base dell’Unione monetaria ha impedito che questa tendenza si accentuasse oltre misura e l’azione vincente dell’Italia è ostinata ad avere un impatto notevole sulla costruzione della nuova Europa mediterranea.

Hegel ha scritto che “la coscienza del mare è tipicamente europea”, dimostrando quanto sia equivoca l’idea di spostare il baricentro al Nord, dove l’idea di “terra” prevale su quella di “mare”. All’allargamento ad Est deve corrispondere un’Europa mediterranea che sia una grande realtà multiregionale in grado di dialogare con il mondo arabo-islamico, con Israele e con tutti i popoli che si affacciano sulla costa Sud del Mediterraneo.

Il tema di oggi “Europa e Mediterraneo”, rappresenta una grande occasione perché si sviluppi il senso delle autonomie e del regionalismo: la riaffermazione del principio di “sussidiareità” dovrà essere fondato sulle vere esigenze di autonomia dell’Europa attraverso ridefinizioni regionali e macroregionali.

Le relazioni dirette “Regioni – Città – Unione Europea – Paesi Partner Mediterranei” devono costituire non solo una ridefinizione istituzionale ma, soprattutto, la capacità di esaltare i poteri, le responsabilità e i risultati delle Regioni, delle Città e di tutte le autonomie locali.

L’Europa di questo fine secolo si trova di fronte due grandi questioni. Da una parte il completamento dell’Unione monetaria ed il superamento di antiche barriere, costituito dall’allargamento della NATO e della stessa Unione europea; dall’altra parte i rischi appena esposti e costituiti dalle migrazioni di massa provenienti dal Sud e dall’Est, dal terrorismo, dalla disoccupazione strutturale.

Sono problemi che preoccupano e che alimentano l’alienazione degli individui creando il distacco tra Società Civile e Istituzioni: il legame fondamentale che costituisce uno dei fondamenti della società europea.



3. Le diverse identità culturali di fronte al processo di globalizzazione

Le diverse identità che caratterizzano il Mediterraneo non costituiscono “l’insieme mediterraneo” ma molti sottoinsiemi che sfidano e rifiutano certe idee unificatrici dettate dalla globalizzazione. Concezioni storiche o politiche si sostituiscono alle concezioni sociali o culturali, senza armonizzarsi né interagire. Le categorie di civiltà o le matrici di evoluzione al Nord e al Sud non si lasciano ridurre ad un denominatore comune come, frettolosamente, vorrebbe il processo di globalizzazione, delle mitologie che esse stesse hanno generato e che altri hanno nutrito. L’immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto; la realtà si confonde con la rappresentazione della realtà.

Sul Mediterraneo, come altrove, un’identità dell’essere, difficile da definire, respinge ed offusca un’identità del fare, poco delineata. La retrospettiva continua ad avere così la meglio sulla prospettiva e la riflessione stessa rimane prigioniera degli stereotipi.

Per procedere ad un’analisi del rapporto tra le diverse identità culturali del Mediterraneo ed il processo di globalizzazione è necessario gettar via una zavorra ingombrante, proveniente dal passato e dal presente, dal mito e dalla realtà: occorre, anzitutto, considerare che il Mediterraneo ha affrontato la modernità in ritardo e non ha conosciuto il laicismo su tutte le sue sponde. Ciascuna identità culturale conosce le proprie contraddizioni che non cessano di riflettersi sul resto del bacino e su altri spazi, talvolta lontani.

Nonostante la percezione della globalizzazione e la consapevolezza dell’ineluttabilità di tale processo, la realizzazione di una convivenza in seno ai territori multietnici o plurinazionali, li dove si incrociano e si mescolano culture e fedi diverse, conosce sotto i nostri occhi uno smacco crudele. Patologie non valutate e curate in tempo, come ad esempio, il nazionalismo balcanico, peseranno sulla ricostruzione e sull’integrazione di quei popoli nel resto dell’Europa e del Mediterraneo.

La tragedia del Kosovo potrà servire, forse, all’Occidente come stimolo per ricercare un nuovo rapporto tra le diverse identità del Sud Est europeo e del Mediterraneo: una nuova comune identità fondata sul dialogo e sul rispetto reciproco.

Le diverse identità culturali del Mediterraneo affrontano il processo di globalizzazione in maniera contrastante: fiducia e rischio, sicurezza e pericolo sembrano alternarsi nel confronto con la modernità.

Un effetto sostanziale che la globalizzazione produce è la separazione del tempo dallo spazio. I popoli del Mediterraneo difficilmente accettano questa condizione: essi sono abituati a collegare il tempo ai luoghi. Ancora oggi, in Egitto come in Marocco, in Tunisia come in Turchia, molti individui non sono in grado di dire l’ora del giorno senza far riferimento ad un “luogo fisico”: il “quando” è sempre legato a un “dove”.

La globalizzazione dunque separa se,ère do più lo spazio dal tempo, alimentando rapporti tra persone “assenti”, distanti da situazioni di interazione “faccia a faccia”.

Questa condizione, specialmente nel sud del Mediterraneo, genera frustrazioni e fantasmi e spinge coloro che si sentono persi in questa nuova dimensione globale a rifugiarsi nelle diverse identità di origine: queste ultime diventano sempre più numerose e, anziché costituire un elemento di risorsa, sono speso causa di conflitti.

E’ quindi necessario valorizzare tali identità e renderle elemento portante del processo di globalizzazione: per far questo occorre promuovere la comunicazione, la conoscenza e la cooperazione al fine di assicurare continuità, coerenza e consequenzialità alle azioni intraprese. Queste ultime condizioni sono essenziali per assicurare fiducia nel globale.

L’azione principale da perseguire è quella di costituire un insieme più ampio: creare, cioè, a livello euromediterraneo, una “casa comune delle diverse identità culturali”.

Per far ciò molti propongono di elaborare una cultura intermediterranea alternativa: attuare un simile progetto richiede tempi lunghissimi; condividere una visione differenziata all’interno dello spazio euromediterraneo – dove ciascuna identità ha il proprio spazio e il proprio tempo – è meno ambizioso e più facile da perseguire.

E’ questo l’impegno principale che l’Accademia del Mediterraneo ha assunto per armonizzare le diverse identità culturali con il sistema globale.



4. Quali valori, principi e interessi comuni per costruire una società euromediterranea?


Il 24 e 25 novembre 1995, a Napoli, organizzando il Forum “Il Mediterraneo e l’Europa” la Fondazione Laboratorio Mediterraneo fornì elementi utili per la Conferenza di Barcellona – svoltasi pochi giorni dopo – ed aprì la via alla “costruzione” di una Società Civile euromediterranea (collaborando successivamente al I Forum Civile Euromed, svoltosi nel dicembre 1995 a Barcellona subito dopo la Conferenza, e organizzando il II Forum Civile Euromed, svoltosi a Napoli il 12, 13 e 14 dicembre 1997) capace di produrre azioni concrete nel rispetto di valori, principi ed interessi comuni.



Il primo, insostituibile valore è quello della cultura.

Se la guerra che fino a ieri ha insanguinato un pezzo d’Europa e Mediterraneo produce inimicizia, morte e distruzione, la cultura è l’esatto contrario. Essa è anzitutto riconoscimento: degli altri, delle diversità, del dialogo. Alimenta la volontà di convivenza, il riconoscersi per lavorare insieme.

Le culture europea e mediterranea si caratterizzano soprattutto per il valore della laicità e del riconoscimento: quest’ultimo termine esisteva già nella filosofia di Platone e fu Hegel a portarlo nel cuore dell’Europa moderna facendo si che il riconoscimento dell’altro diventasse, poi, terreno concreto di costituzione della cittadinanza.



Il secondo valore principio è costituire una forza.

La cultura e il dialogo devono diventare forze reali. La storia, è vene non dimenticarlo, è terribile ed è influenzata da ecumenismi astratti. Il mondo in cui viviamo è aspro, è fatto di forze. Noi dobbiamo operare affinché la cultura diventi una forza attiva dentro i processi reali della storia.

Questo è l’impegno assunto dall’Accademia del Mediterraneo: l’Europa come terreno di costituzione dell’idea di cittadinanza e del rapporto tra diritti dell’uomo e cittadinanza e, quindi, come rifiuto dell’etnicità come fondazione degli Stati; il Mediterraneo come grande classico terreno di riconoscimenti di culture, tradizioni e religioni diverse.

È indispensabile, quindi, costituire una “Forza Mediterranea” fondata sulla cultura, sul dialogo, sulla pace e sulla tolleranza: una forza concreta che, insieme alle società del Nord Europa, possa costruire una rete di Paesi, Regioni e Città abituati alla convivenza. Su questo tema la Fondazione Laboratorio Mediterraneo è attiva con la rete “Labmed”.



Il terzo valore è quello della convivenza.

È questa la vera frontiera verso cui dobbiamo muoverci. L’accoglienza molto spesso produce tolleranza. La convivenza – con immigrati e rifugiati provenienti da vari Paesi mediterranei – deve produrre anzitutto rispetto.

Occorre trasformare l’abitudine alla convivenza in risorsa per la società euromediterranea. In tale processo è importante il ruolo di quelle città che hanno un’attitudine storica alla convivenza: come, ad esempio, Napoli.

Questa città è abituata da millenni a convivere con razze, culture, abitudini, storie e fedi diverse; in questa città in cui si è alimentata la radice della cultura mediterranea: l’Essere, inteso come riconoscimento della persona, dell’altro, della dignità umana. Napoli non volle l’inquisizione e nel 1547 fece una lotta civile per evitarla; come pure questa città non ha mai avuto un ghetto attuando, da secoli, azioni tese al riconoscimento ed alla convivenza. In questa città questo valore potrebbe trovare la propria sede storica e lanciare una sfida ai nazionalismi e razzismi di questo fine millennio.



Il quarto valore è il rapporto cultura – politica – società civile – sviluppo economico.

Oggi più che mai è importante che cultura e politica, e quindi società civile ed istituzioni, stiano insieme e in primo piano, prima delle logiche militari.

“Pensare il Mediterraneo e mediterraneizzare il pensiero”: questa espressione di Edgar Morin è interessante per strutturare il rapporto tra cultura, politica, società civile e sviluppo economico passando attraverso la gestione dei conflitti ed il consolidamento del processo di pace. È indispensabile oggi costruire un nuovo umanesimo rivalutando le eredità di ieri, l’arte di vivere, le culture immateriali, la poesia, la bellezza: il Mediterraneo ha bisogno di questi ingredienti per sedare i conflitti ed alimentare il compromesso necessario per la pace. Per far questo occorre una simbiosi tra politica e cultura.

L’incontro fra le culture è fondamentale per creare una migliore comprensione ed affrontare le sfide comuni per edificare uno spazio euromediterraneo basato sulla pace e sulla prosperità condivisa.

Durante l’ultima Conferenza euromediterranea di Stoccarda (aprile 1999) i Ministri degli Esteri dei 27 Paesi aderenti alla Dichiarazione di Barcellona hanno auspicato un maggiore e più attivo ruolo della società civile euromediterranea.

L’obiettivo ambizioso è costruire una società che, al di là delle specialità culturali, abbia un fondamento comune basato su valori condivisi che nulla devono togliere alle identità di ciascun popolo ma che, insieme, devono costituire una piattaforma per edificare qualcosa di concreto: la pace, innanzitutto, ed il progresso morale e materiale dei popoli, che significa sviluppo economico e prosperità.



5. La sfida del cambiamento e il ruolo della Società Civile


Nella complessa e delicata situazione politica e culturale in cui si trovano attualmente i Paesi del Mediterraneo s’imponeva e s’impone la necessità di dare a quest’area la possibilità di coordinarsi in una unità regionale, culturale e politica al fine di creare un nuovo equilibrio non soltanto all’interno di essa ma pure come modello e tipologia al di fuori di questo nostro spazio. Una sfida al cambiamento è iniziata con la già citata Conferenza euromediterranea di Barcellona del 1995, che ha gettato le basi per un nuovo rapporto tra i Paesi dell’Unione europea ed i Paesi partner mediterranei, articolando un processo di partenariato “alla pari”. All’indomani di questa conferenza, sempre a Barcellona, la Società Civile si riuniva per la prima volta nel I Forum Civile Euromed al fine di individuare gli strumenti e le azioni necessarie. Tappe significative di questo percorso sono state la Conferenza euromediterranea intermedia, svoltasi qui in Sicilia, a Palermo, nel giugno 1998, e il II Forum Civile Euromed organizzato dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo: in quest’occasione 2248 partecipanti provenienti da 36 Paesi si sono confrontati in 11 sessioni ed oltre 50 temi di lavoro ed hanno gettato le basi di una diversa rappresentatività della Società Civile. Quest’ultima si dimostra in ogni circostanza sempre più strumento di supporto alle azioni di governo, facendosi interprete e diretta mediatrice delle aspirazioni, delle esigenze e delle risorse dei vari Paesi.

I partecipanti al Forum di Napoli hanno proposto 86 progetti concreti – molti dei quali già attivati – e richiesto che venissero anzitutto attuate due raccomandazioni:

a – Dare la massima rappresentatività e legittimità alla Società Civile euro-mediterranea negli ambiti della cultura e della scienza, mediante la costituzione di un’ACCADEMIA DEL MEDITERRANEO

b – Costituire una Banca dati della Società Civile che persegua i seguenti obiettivi:

    1 – accrescere il ruolo di guida e di orientamento della Società Civile nella trasformazione dei processi sociali ed in quelli di formazione e ricerca;

    2 – valorizzare e diffondere le esperienze acquisite dando voce e forza alle migliori e più significative iniziative;

    3 - individuare le buone pratiche e promuoverne la diffusione;

    4 – rinsaldare e potenziare le interazioni tra le istituzioni rappresentative della Società Civile euromediterranea attraverso un’informazione corretta, imparziale, sistematica.


La Fondazione Laboratorio Mediterraneo,preoccupata di non far scemare il fervore creativo sprigionatosi dal II Forum Civile, ha raddoppiato gli sforzi per realizzare compiutamente queste due importanti iniziative:

1 – L’ACCADEMIA DEL MEDITERRANEO si è costituita a Napoli il 10 ottobre 1998 de è stato un atto concreto che intende evocare la fiducia riposta nell’impegno delle forze vive della Società Civile ed apportare il proprio concorso per l’edificazione di un’area di pace e prosperità condivisa, preconizzata dalla Dichiarazione di Barcellona.

Costituisce, per rappresentatività e legittimità, la massima espressione culturale dei Paesi euromediterranei, in quanto molte Accademie ad essa aderenti sono, nei rispettivi Paesi di provenienza, rappresentanza ufficiale della cultura. Essa si propone quale centro di riferimento per i Paesi euromediterranei ed intende essere un’Istituzione collegiale – ufficialmente ed effettivamente rappresentativa della cultura, della scienza e dell’economia – capace di indirizzare le politiche dei Paesi euromediterranei e dell’Unione Europea.

L’istruzione, l’alta formazione e l’informazione sono le azioni principali previste dall’Accademia nei vari ambiti culturali.

Nella sede dell’Accademia del Mediterraneo è previsto lo svolgimento di molteplici attività già patrimonio della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che sono state trasferite in dote all’Accademia. Tra queste i Forum permanenti su varie tematiche (patrimonio culturale, donne, giovani, lavoro, formazione e sviluppo) : lo scopo è quello di dare struttura e coerenza a riunioni, seminari, convegni ed incontri spesso occasionali e privi di relazione tra loro, al fine di strutturare azioni mirate e tese a ricostruire la dimensione culturale e scientifica del Mediterraneo.

L’Accademia del Mediterraneo vuole proporsi come punto di riferimento per l’area euromediterranea sulle tematiche relative ai diritti umani ed alla tradizione interculturale che percorre tutta la storia del Mediterraneo al fine di intensificarla e rinnovarla nell’ambito di una cultura moderna.

L’Accademia del Mediterraneo intende:

1 – essere una grande “fabbrica” di informazione e cultura al servizio del partenariato euromediterraneo;

2 – costituire il centro della banca dati della Società civile euromediterranea;

3 – rappresentare le Accademie e le Istituzioni culturali dei Paesi aderenti assicurando a ciascuno di essi uno spazio di rappresentanza permanente;

4 – ospitare sistematicamente eventi culturali ed artistici in modo tale da costituire, nel Paese e nelle Città dove l’Accademia del Mediterraneo ha la sua sede principale, un luogo di riferimento ed incontro tra le diverse culture;

5 – rinnovare la coesione del tessuto civile dei vari paesi euromediterranei mediante incontri regolari e sistematici tra:

a – I Capi di Stato dei Paesi euromediterranei

b – I Presidenti delle regioni e collettività locali ed i Sindaci delle Città euromediterranee (EuromedCity)

c – Esperti, studiosi e ricercatori sui diritti umani (Forum permanente su democrazia e diritti umani)

d – Studenti, docenti ed esperti ( Forum permanente dei Giovani)

e – Rappresentanti della formazione, delle imprese e delle agenzie di promozione e sviluppo di occupazione, esperti e ricercatori del settore (Forum permanente su empowerement, occupazione e lavoro)

f – Studiosi ed esperi del patrimonio culturale e ambientale (Forum annuale sul patrimonio culturale e ambientale)

g – Rappresentanti delle istituzioni, della politica, della ricerca, dell’impresa e delle reti di donne (Forum permanente delle donne)

h – Studiosi ed esperti del dialogo interculturale ed interreligioso (Forum permanente)

All’Accademia del Mediterraneo hanno aderito, al 30.05.99, 561 Istituzioni, tra queste:

67 Accademie regionali e nazionali, 168 Università, 48 Città ed oltre 200 Istituzioni in rappresentanza di 22 Paesi euromediterranei.

L’Accademia ha la sua sede principale a Napoli e sedi distaccate in altri paesi euromediterranei (Egitto, Macedonia, Malta, Marocco, Palestina, Israele, Francia, Giordania, Spagna, Tunisia, Grecia, ecc.)

2 La BANCA DATI DELLA SOCIETA’ CIVILE – attivata dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo – si è concretizzata nel progetto EUROMED CIVIL SOCIETY che si articola in diversi settori. Ad oggi hanno aderito al progetto molteplici istituzioni ed organismi della Società Civile di 32 Paesi ed è in fase avanzata la raccolta dei dati e la proposizione di un “comune linguaggio” di comunicazione e scambio di informazioni.







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