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"IL DENARO"
2 dicembre 2000


L’europartenariato a cinque anni di distanza


di Michele Capasso


Zagabria, 25 novembre 2000. Sembrava impossibile solo alcuni mesi fa. I capi di Stato dei Paesi dell’Unione europea e quelli dei Balcani sono seduti intorno ad uno stesso tavolo per programmare la ricostruzione di questo lembo d’Europa ed il loro futuro ingresso nell’Unione. Vengono stanziati circa cinque miliardi di euro per agevolare questo processo. La Francia – presidente di turno dell’Unione – "coopta" questo evento. L’azione francese si inscrive in un disegno che prevede un’azione di contrasto nei Balcani alla posizione assunta dalla Germania. Se dovesse cedere l’asse franco-tedesco vi saranno ripercussioni serie anche in ambito euromediterraneo. Fu un compromesso tra Mitterand e Khol ad avviare questo processo. Da lì poté nascere l’euro, considerato da molti un sogno irrealizzabile. In questo clima nacque anche il Processo di Barcellona che avviò, nel novembre 1995, il partenariato euromediterraneo. Oggi il disaccordo tra Francia e Germania rischia di compromettere il partenariato euromed.

Il nocciolo della questione è affidato ai numeri: la Germania conta oggi 86 milioni di cittadini, la Francia 58 milioni. Viene da domandarsi: devono contare le nazioni o i cittadini?


Barcellona, 24 novembre. Hotel Juan Carlos I. E’ lo stesso luogo dove nel novembre 1995 si svolse la prima Conferenza euromediterranea ed il primo Forum civile euromed. Celebriamo il quinto anniversario di questi due eventi. La nostra Fondazione è presente con Predrag Matvejevic’, Tahar Ben Jelloun e chi scrive. Pochi gli italiani presenti: tra essi Francesco Cossiga. Il senatore esprime sfiducia e sconcerto sulla scarsa sensibilità delle istituzioni italiane verso un’area – quella mediterranea – in cui geograficamente il nostro Paese è immerso. Con Jordi Pujol, Miguel Angelos Moratinos, il ministro degli Esteri spagnolo Piquet, il presidente di Malta de Marco ed altri ospiti analizziamo, tra l’altro, questo aspetto singolare dell’Italia. L’avvenire del Belpaese – e, in generale, degli altri Paesi dell’Unione – si gioca sulle capacità innovative delle società e sull’attitudine a mobilitare intelligenza e denaro. Nuove tecnologie dell’informazione, biotecnologie, ricerca, tutela dell’ambiente, sviluppo del turismo culturale, valorizzazione del patrimonio storico-artistico: è questa la posta in gioco per preparare il futuro, trainando in questo processo i Paesi dell’Est europeo ed i partner mediterranei.


Barcellona, 23 novembre. Un milione di persone sfila per le vie. In prima fila il presidente Pujol, il premier Aznar, il sindaco Clos ed il segretario del partito socialista Zapatero: insieme tengono uno striscione con la scritta "No Eta". La manifestazione è stata indetta per protestare contro l’assassinio di Ernest Lluch, ex ministro socialista, mediterraneista convinto. Gemma Nierga, conduttrice del programma "La Ventana", legge un messaggio commovente: "Condanniamo l’assassinio di un uomo che difendeva il dialogo con intelligenza e promuoveva la valorizzazione delle diverse identità. Noi rappresentiamo un popolo di pace e chiediamo, per gli altri popoli, la pace".


25 novembre, ore 12. Palazzo della Generalitat. Jordi Pujol richiama queste parole durante l’atto solenne di commemorazione del Processo di Barcellona e del Forum civile e associa le tensioni in Medio Oriente ad un processo globale di destabilizzazione. Chi scrive sottolinea la coincidenza tra le tensioni in Medio Oriente ed il persistere di "interregni", veri e propri vuoti di potere: il caos delle elezioni americane, la crisi istituzionale di Israele, l’interregno legato alla crescita dei prodotti petroliferi con il mancato corrispondente sviluppo nei Paesi produttori del livello di vita, la crisi del mondo arabo. Miguel Angelos Moratinos, delegato dell’Ue per il Medio Oriente, sottolinea che la stessa violenza uccide in Medio Oriente e in Spagna. Il ministro degli Esteri tunisino dice che il partenariato è nato tremila anni fa con Annibale: allora lo strumento era il campo di battaglia, oggi deve essere il dialogo e la comunicazione. Il Processo di Barcellona deve continuare ma deve consolidare le economie dei Paesi della Riva Sud. Guido de Marco, presidente di Malta, evidenzia il paradosso odierno in cui il "mare nostrum" è diviso da noi e costituisce una frontiera: per questo occorre sottoscrivere la "Carta per la pace e la stabilità".

Per accelerare questo processo occorre sviluppare il dialogo "popolo a popolo", la tolleranza e soprattutto la lotta alla disoccupazione. Il ministro degli Esteri spagnolo Piquet sottolinea le difficoltà della recente Conferenza euromediterranea di Marsiglia, ma auspica che il Processo di Barcellona possa continuare. Evidenzia le difficoltà nell’applicare il programma Meda ma sottolinea che una corretta applicazione dipende soprattutto dalla capacità di elaborare progetti e dalla competenza a seguirli secondo le regole comunitarie. Il sindaco di Barcellona Clos è il più pessimista: sostiene che la crisi in Medio Oriente blocchi il Processo di Barcellona perché, quando vi è un conflitto violento, è difficile parlare di cooperazione. Pujol conclude la celebrazione contestando il pessimismo di Clos: "E’ vero, vi sono conflitti nel Mediterraneo, ma vi sono pure migliaia di miliardi non utilizzati nel precedente quinquennio ed atri stanziati con il nuovo Meda II. Se le politiche nazionali hanno difficoltà ad agire nelle aree di conflitto, la Società civile può sostituirvisi ed operare orizzontalmente con la cooperazione decentrata. Le Regioni devono essere protagoniste di questo processo.


Martedì 28 novembre. La Regione Campania adotta una delibera in cui assume la decisione di istituire in Campania la sede centrale dell’Accademia del Mediterraneo e della Maison de la Méditerranée. Forse una speranza di lasciare in Campania il frutto di anni di lavoro esiste ancora.

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