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"IL DENARO"
23 dicembre 2000


Mare Nostro: parte l’Accademia delle migrazioni
Inaugurata a Lecce la sede dell’Accademia del Mediterraneo

di Michele Capasso
Lecce, 17 dicembre 2000.

Poco più di un anno dopo l’annuncio, la Provincia di Lecce ha dato concreta attuazione agli impegni assunti costituendo l’ "Istituto di Culture Mediterranee" quale sede tematica dell’Accademia del Mediterraneo sulle migrazioni, dotandolo di personale, risorse e sede per l’immediato funzionamento. La storia recente ha bruscamente posto il Salento al centro dell’attenzione internazionale attribuendogli responsabilità spesso gravose. La popolazione ha reagito a queste sollecitazioni con generosità e coraggio, assecondando così la propria vocazione al dialogo ed allo scambio culturale con altri popoli. L’inaugurazione della sede è avvenuta con un evento simbolico molto importante in questo momento: nella Sala del Consiglio del Palazzo dei Celestini, gli Ambasciatori in Italia di Israele e di Palestina partecipano alla cerimonia insediativa lanciando un messaggio di pace. Nemer Hammad, ambasciatore di Palestina in Italia, è commosso e mi abbraccia quando sottolineo la necessità di assegnare la terra ai Palestinesi in un libero Stato sovrano e dice: "Occorre coraggio da parte dei politici israeliani e palestinesi: non è possibile accontentare contemporaneamente tutto il popolo israeliano e tutto il popolo palestinese. In ambedue i casi vi è una parte contraria al processo di pace che deve essere allontanata e messa in condizione di non nuocere. E’ necessario pensare e guardare al futuro, senza recriminare sul passato. Non è possibile uccidere e morire per pietre simboliche o per questioni di principio devianti che trovano radicamento in fatti accaduti alcuni millenni fa. Gerusalemme deve essere una città aperta, dove israeliani e palestinesi possono convivere in pace. Ma Gerusalemme deve essere contemporaneamente capitale di Israele e della Palestina, con un grogiuolo di ambasciate e visitatori che possono solo apportare ricchezza ed internazionalizzazione". Il rappresentante di Israele sottolinea la necessità di giungere ad una pace duratura: il rischio è l’allargamento del conflitto all’intero Medio Oriente con il coinvolgimento di altri Paesi euromediterranei. Un momento importante che vede il Salento al centro dell’attenzione internazionale e l’Accademia del Mediterraneo inaugurare una sua nuova articolazione territoriale dedicata alle migrazioni con il compito di valorizzare il dialogo e gli scambi culturali e di mettere a punto metodi e tecniche per individuare azioni politiche tese a trasformare i flussi migratori in risorsa per Paesi in cui la natalità sarà sempre di più ridotta.
In un momento così delicato tra Palestinesi e Israeliani, gli artisti Noa, israeliana, e Nabil, palestinese, ricevono il "Premio Mediterraneo d’Arte" - istituito da alcuni anni dalla nostra Fondazione - da chi scrive, dal presidente della Provincia di Lecce Lorenzo Ria e dagli ambasciatori in Italia di Israele e Palestina.
Domenica 17 dicembre 2000 ore 20.30. Galatina. Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Fu costruita da Raimondo Orsini nel 13 secolo al ritorno dalle crociate. Tra gli affreschi, una bellissima figura di Eva incinta che mangia un dattero, anziché la mela tradizionale. Poche parole di saluto e, nella Basilica, i discorsi cedono il passo alle sonorità che affondano le radici nella cultura araba ed ebraica mescolando ritmi ereditati da secolari tradizioni.
Oltre la melodia pervade in tutte le canzoni un’ideale di una società pacifica, dove possono convivere etnie, culture e religioni. Quest’è l’obiettivo che gli artisti perseguono senza tregua. Questo è l’appello che rivolgono al mondo:
Sia il popolo palestinese che il popolo ebraico stanno combattendo per la libertà. I Palestinesi combattono per "Libertà Fisica". Il loro nemico storico, o demone, è il colonialismo che produce occupazione e sfruttamento. Il popolo ebraico combatte per la "Libertà Spirituale". Il suo demone è la persecuzione religiosa che ha prodotto l’antisemitismo ed il razzismo. Ciascun popolo ha bisogno di "terra" per esercitare la propria libertà. Gli Ebrei, perché la ricerca della loro libertà religiosa dura da 2000 anni, segnati dell’esilio e dal loro annichilimento fisico, come nell’Olocausto.
Tutte le soluzioni, l’autonomia, il controllo di un governo straniero, l’assimilazione, il socialismo e i sogni di un "Nuovo Ordine Mondiale" che potevano garantire una coesistenza pacifica piena, sono falliti miseramente.
L’unica soluzione è stata il Sionismo, che ha significato un ritorno all’antica terra promessa, la Terra Sacra.
I Palestinesi che hanno abitato questa terra per generazioni e che hanno vissuto molte occupazioni straniere, si augurano di liberarsi dalla minaccia di una nuova colonizzazione nella loro terra.
La Religione gioca un importantissimo ruolo per entrambe le parti.
La Bibbia è il libro di storia del popolo ebraico, la sua fede ed il fulcro della nazionalità.
Essa costituisce la base di ogni rivendicazione storica e religiosa nei confronti della terra protetta.
E’ importante insistere sulle differenze tra Giudaismo e Islam su questo punto.
Per i Palestinesi, la religione è tra le più forti ragioni coagulanti del proprio nazionalismo. Essere custodi della Porta di Gerusalemme conferisce loro un ruolo importante all’interno del Mondo Arabo e Musulmano, ricevendone grande supporto e fratellanza. Significa anche conforto spirituale e metafisico al cospetto della disperazione e delle avversità della loro vita quotidiana, arrivando qualche volta ad atti radicali di sacrificio e martirio (comuni anche al popolo ebraico in varie fasi della propria storia).
La battaglia tra i due popoli, Palestinese ed Ebraico, è resa ancor più complicata dalla battaglia interna a ciascun popolo con il proprio demone.
In questa battaglia non ci sono in maniera assoluta né torti né ragioni, né buoni o cattivi.
Il sangue versato e gli enormi dolori inflitti ad entrambe le parti, costituiscono una ragione sufficiente per ricercare una soluzione pacifica a questo conflitto. La pace dovrebbe basarsi sul compromesso, sul rimorso, sul perdono, sul reciproco rispetto e riconoscimento.
I principali organismi diplomatici coinvolti, hanno fatto del loro meglio, ma ancora una volta, nonostante i loro sforzi, il conflitto ha raggiunto di nuovo un punto cruciale, minacciando di trasformarsi in una sempre più grande tragedia.
Noi auspichiamo che i leader religiosi di tutto il mondo possano apportare un contributo sostanziale al raffreddamento di questa situazione esplosiva.
In una condizione di maggior calma sarà possibile ottenere una svolta nel processo di pace dando la possibilità alla diplomazia di lavorare in maniera più efficiente.
Siamo convinti che soltanto innescando questo circolo virtuoso si potranno, in ultima analisi rimarginare le cicatrici del passato, riportando la ragione ad una condizione di coesistenza pacifica.
Vorremmo suggerire la creazione di un’organizzazione inter-confessionale simile alle Nazioni Unite, che potrebbe essere denominata Religioni Unite ("U.R. o You are").
Siamo convinti che tale organizzazione dovrebbe avere la propria sede a Gerusalemme.
L’obiettivo sarebbe quello di fornire un’alternativa al fanatismo religioso, mettendo in rilievo quelle parti delle Sacre Scritture e le rispettive interpretazioni che auspicano la pace tra le Nazioni, condannando l’odio in nome di Dio".
Sono commossi Noa e Nabil quando leggono queste frasi. Noa aspetta un bambino: dopo aver terminato con delicatezza e bravura l’ultima sua esibizione, si rivolge agli ambasciatori di Israele e Palestina e, carezzandosi il pancione, afferma: "Desidero che quando nel maggio del prossimo anno il mio bambino nascerà possa trovare la pace". Gli fa eco Nabil dicendo: "Il processo di pace è ormai nato: come ogni bambino può ammlarsi anche gravemente. La crisi di oggi rappresenta una malattia grave che passerà. Dobbiamo far diventare la pace un adulto capace di vivere una lunga vita". Al termine mi abbracciano e si impegnano a venire a Napoli. Noa mi saluta con alcune strofe di "Io te vurria vasà". Un lungo applauso conclude una magica serata in cui la speranza sembra prendere il sopravvento.


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