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Intervento dell’arch. Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e
Direttore generale della Maison de la Méditerranée



Le politiche e gli strumenti a sostegno
dell’internazionalizzazione con i Paesi del Mediterraneo


Il quadro generale

Un insieme di circostanze internazionali, regionali e locali rendono cruciale un forte e concreto rilancio della dimensione mediterranea nella politica europea.
È ben noto che il processo di Barcellona si è di fatto arenato, o ha comunque raggiunto un limite che non può essere superato se si rimane nell’attuale configurazione. È altrettanto chiaro che, durante il semestre di Presidenza italiana della UE, non sarà accettabile una semplice constatazione dei problemi e limiti già identificati a Valencia – pena un’ulteriore crisi del processo, che rischierebbe di rivelarsi terminale.

Un’azione di positiva trasformazione del Mediterraneo è ispirarsi all’idea-cardine di persuadere la larga maggioranza delle opinioni pubbliche nel mondo arabo-islamico che la logica della cooperazione è vantaggiosa e vincente. A sua volta, la cooperazione poggia sul convincimento che è realmente possibile condividere gli effetti benefici di un regime aperto di scambi a tutti i livelli. La partecipazione deve dunque essere percepita come un valore positivo e al tempo stesso una concreta possibilità, in modo che alle legittime aspirazioni corrispondano effettivi canali di accesso. Soltanto in un tale contesto sarà possibile disinnescare la frustrazione e il risentimento diffusi che alimentano gli atteggiamenti di scontro e in alcuni casi di violenza.

Su queste basi complessive, ci si deve chiedere con urgenza quali azione specifiche, e concretamente realizzabili in un orizzonte temporale ovviamente ristretto, si possano definire nell’ottica del ruolo italiano alla Presidenza del Consiglio UE.
Due sono le precondizioni da tenere in conto nell’avviare un ragionamento di questo tipo:

1. Deve trattarsi di misure compatibili con le risorse (finanziarie e di altra natura) effettivamente mobilitabili a questo scopo; va assolutamente evitata la tentazione di puntare a progetti di altissimo profilo che però non abbiano un’adeguata base di risorse disponibili.

2. Si deve avere piena consapevolezza della inevitabile esigenza di contemperare sensibilità diverse nell’ambito dell’Unione: la dimensione “nordica” è una realtà – del resto pienamente legittima nella logica degli equilibri tra Paesi membri – che evidentemente condiziona la libertà d’iniziativa della UE nel suo complesso. Soprattutto nella prospettiva della Presidenza di turno, la costruzione di un vasto consenso è decisiva per il successo di qualsiasi iniziativa.

Il perché di un’azione urgente nel processo di internazionalizzazione

Un deciso rilancio è urgente per almeno due ragioni essenziali:
- In primo luogo, l’allargamento in corso e il livello raggiunto in termini di integrazione implicano per la UE un rischio crescente di generare un senso di frustrazione nei paesi mediterranei che restano esclusi (quantomeno nei tempi dell’orizzonte politico). Può radicarsi l’idea che l’Unione, nel definire i propri confini, stia di fatto rendendo più profondo e forse permanente il “vallo” che separa sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo.

- In secondo luogo, la questione irachena va vista come l’epicentro di un processo che definirà la direzione generale dell’ordine (e del disordine) internazionale nei prossimi anni: nel Mediterraneo (naturalmente nella sua accezione allargata) si gioca dunque una partita decisiva. In particolare, è indispensabile realizzare appieno il potenziale del soft power di cui dispone l’Occidente, a maggior ragione dopo aver fatto ricorso all’hard power militare per cambiare il regime iracheno. Per innescare un circolo virtuoso nella regione e assicurare la credibilità occidentale nel lungo periodo, il successo della fase di influenza e intervento soft è importante almeno quanto l’opzione di un enforcement militare.

I due processi in atto, appena ricordati, impongono alla UE una complessiva ri-allocazione delle risorse destinate alla coesione ed all’internazionalizzazione, in entrambe le due forme che questa assume: interna ed esterna. La coesione interna vede naturalmente il cospicuo utilizzo di risorse per ridurre le disparità interne all’Unione, come uno dei fondamenti della solidarietà e dei benefici diffusi tra i cittadini dei Paesi membri. Ma altrettanto rilevante è la dimensione esterna della coesione, che deve servire a contenere e gestire i differenziali di sviluppo economico, demografico, etc. In tale ottica, al Sud si dovrebbero destinare risorse pari rispetto all’Est, tendendo quindi a riequilibrare l’attuale situazione che penalizza fortemente il versante meridionale.

Anche riguardo alle modalità di attuazione delle politiche di internazionalizzazione – in direzione di una maggiore centralizzazione – è opportuno puntare ad una maggiore simmetria fra regione nord-orientale e sud-orientale: verso Est la centralizzazione progressiva delle politiche di cooperazione si sta realizzando grazie soprattutto all’allargamento, ma la medesima esigenza si avverte per il Mediterraneo. Si tratterà di adeguare gli strumenti e le forme alla realtà di un rapporto di interdipendenza che non potrà, nella maggior parte dei casi, incentrarsi sull’acquis in quanto tale.


Il ruolo dell’Italia

L’Italia ha innanzitutto un oggettivo interesse, fondato sulla storia e sulla collocazione geografica, a controbilanciare la dimensione nordica, o “baltica”, della UE. È infatti in atto uno spostamento dell’asse dell’Unione verso Nord e verso Est, con una perdita di centralità dell’Europa renana – quella in cui l’Italia godeva di una collocazione non del tutto marginale, grazie all’integrazione economico-produttiva del nostro Nord con l’area renana, appunto. Ora, l’intera penisola rischia di restare tagliata fuori dalle grandi reti infrastrutturali e, conseguentemente, dal baricentro politico-economico dell’Unione.

Vi è poi una ragione più prettamente politica per un attivismo italiano rispetto alla nuova dimensione mediterranea: nello scenario politico-istituzionale che al momento appare più probabile, una UE di modello “confederale” richiede chiaramente un’avanguardia di paesi più dinamici. Qualunque sia l’esatta configurazione di tale avanguardia (a 3, a 4, a 5, o a geometria variabile nei vari settori d’azione), l’Italia godrà di maggiore legittimità e peso relativo quanto più sarà rafforzata la dimensione mediterranea, nella quale il ruolo italiano è innegabilmente centrale.

Una terza motivazione riguarda la situazione particolare del Mezzogiorno italiano: una visione innovativa del Mediterraneo consente di concepire una vera rivoluzione copernicana nell’approccio al Mezzogiorno italiano, in cui quest’ultimo diventi a tutti gli effetti “il Nord del Sud”, piuttosto che restare il Sud rispetto all’Italia settentrionale e ancor più rispetto al nucleo europeo. Se si adotta questa logica, le nostre regioni meridionali possono fornire ai partner mediterranei il proprio valore aggiunto in termini di risorse umane come fattore di sviluppo e integrazione. Nel settore infrastrutturale, ad esempio, ciò significa guardare a una crescita dei collegamenti nell’area, non tanto (o non soltanto) nell’ottica di un ponte sullo stretto di Messina, quanto piuttosto di un “ponte” infrastrutturale fra Sicilia e Tunisia, come anche fra le altre concentrazioni metropolitane e produttive italiane e quelle della sponda Sud.


Criteri per l’attuazione di politiche d’internazionalizzazione in Campania

La logica ispiratrice consiste evidentemente nel far prevalere le dinamiche integrative e cooperative rispetto a quelle disintegrative e conflittuali. È necessario sfruttare tutti i possibili elementi di complementarietà, non tanto nell’ottica (poco credibile) di cancellare le diversità che si sono accumulate per sedimentazione storica, quanto piuttosto di far prevalere le ragioni della cooperazione. La complementarietà è un dato di fatto evidente in molti settori, ed è qui che si deve intervenire con maggiore energia per innescare un circolo virtuoso.
Sinteticamente, tre sono i criteri fondamentali che dovrebbero guidare la selezione delle iniziative specifiche per l’internazionalizzazione:
- privilegiare azioni a carattere integrativo;
- incoraggiare azioni fondate sullo sviluppo sostenibile;
- tenere in considerazione la realtà dei vincoli di risorse (anche per non generare aspettative eccessive).

L’obiettivo complessivo è la creazione di quattro grandi aree di libertà di movimento nello spazio euromediterraneo:
- delle merci;
- delle persone;
- dei capitali;
- dell’impresa.

Piuttosto che affermare genericamente il principio delle quattro libertà, è necessario procedere in modo da favorire concretamente la loro affermazione, per effetto di interventi puntuali e continuati nel tempo.

Vi è anche una questione di sincronizzazione dei vari livelli da tenere nel giusto conto: la scadenza del 2010 per l’area di libero scambio (merci) non può di fatto essere rispettata se la dimensione commerciale viene considerata isolatamente: le attività commerciali poggiano su tutte le altre tre libertà, in una certa misura. Su questo tema è opportuno sottolineare quanto segue:

1. Il rafforzamento delle competenze delle Regioni in materia di rapporti con l’estero, avviato dalla cosiddetta “Riforma Bassanini”, si sta sviluppando con straordinaria rapidità, sulla base di alcune condizioni di scenario politico ed istituzionale assolutamente favorevoli, che il Mezzogiorno può considerare come riferimento nella costruzione di rapporti interinstituzionali cooperativi.

Tali fattori di successo sotto il profilo istituzionale possono essere così riassunti:

  • i processi di riforma degli organi di governo nazionali che vanno nella duplice direzione del coordinamento intersettoriale e dell’integrazione verticale delle azioni ai diversi livelli di governo;

  • le decisioni in materia di coordinamento delle politiche economiche nazionali, che hanno visto l’introduzione nel DPEF di indirizzi per le azioni di politica economica influenti sulle relazioni con l’estero

  • la crescente persuasione, diffusa a tutti livelli dell’amministrazione e della società, della rilevanza delle condizioni di quadro internazionale;

  • il nuovo impegno profuso dalla Commissione Europea nell’attuazione delle raccomandazioni del Consiglio e dei trattati internazionali (Barcellona, Copenaghen, Lomè, Kyoto) in materia di conferimento di funzioni e ruoli alle Regioni, alle istituzioni della Società Civile ed alle forme decentrate di cooperazione nello svolgimento degli impegni internazionali dell’Unione. L’allargamento nel mondo della stessa società politica nazionale, attraverso il conferimento del diritto di voto nelle elezioni legislative alla popolazione emigrata dall’Italia;

  • la nascita di un impegno internazionale autonomo da parte dei grandi comuni italiani, alcuni per la coscienza dell’inclinazione delle proprie economie, altri per la rilevanza delle componenti etniche derivate dalla immigrazione, che allargano a tematiche interculturali natura e confini delle responsabilità amministrative tipicamente locali (tutela dei diritti alla salute, alla istruzione, all’avviamento al lavoro, etc.);

  • la crescente consapevolezza,nel mondo della cultura dedicato ai temi internazionali, dell’esigenza di un duplice livello delle relazioni internazionali, specie con riferimento alla gestione delle situazioni di crisi, nelle quali l’iniziativa indipendente di attori regionali, locali e non formali, può esercitare un utile livello di ricomposizione ed esplorazione di possibilità non immediatamente consentite alla azione dei governi;

  • Il quadro di riferimento “reale”, cioè l’opportunità e la domanda implicita di internazionalizzazione delle PMI e dei sistemi culturali nell’ambito dei processi di globalizzazione, va sempre di più assumendo una dimensione concreta.


  • Le Regioni del Mezzogiorno d’Italia, e la Regione Campania in particolare, nell’ambito della strategia nazionale per l’internazionalizzazione, possono assumere un ruolo determinante.
    Infatti, dal lato degli attori necessari al partenariato interistituzionale e culturale ed alla formazione di capitale umano internazionale si evidenziano la presenza di :

  • grandi istituzioni non pubbliche dedite al networking istituzionale internazionale, specie in ambito mediterraneo, con dimostrazioni di successo conseguite sia sotto il profilo della quantità e numerosità delle prestazioni eseguite, che sotto il profilo del riconoscimento e del committment acquisiti da parte di personalità ed istituzioni formali, in ambito nazionale, comunitarie ed internazionale;

  • istituzioni di formazione superiore dalla caratterizzazione indipendente, duttili nel disegno di percorsi formativi eterodossi e con spiccata caratterizzazione etica e comparatistica, dalla elevatissima capacità esecutiva;

  • grandi università statali e non, dalle capacità formative enormi sotto il profilo quali-quantitativo, di cui almeno una decisiva nella storia della cultura linguistica e comparatistica italiana;

  • grandi personalità nei campi delle performing arts e del management culturale, impegnate in campo internazionale ed accreditate ai massimi livelli dei circuiti internazionali;

  • centri di produzione televisiva di grande capacità legati ad un tessuto esteso di professionisti ed aziende della comunicazione multimediale;

  • una Società civile complessa e diversificata, forte e combattiva, impegnata sul piano etico, e capace di assumere missioni di grande responsabilità politico-strategica;

  • governi locali reduci da stagioni di notevole successo sotto il profilo amministrativo, e di recente, per la prima volta dal secondo dopoguerra, incuriosite delle missioni internazionali ed incoraggiate ad assumere un protagonismo non solamente locale;

  • uno straordinario asset infrastrutturale e monumentale ereditato dal passato storico, come quello della città di Napoli, già capitale di rango europeo, ed oggi idoneo a sostenere le sfide di rappresentatitività nel quadro della competizione intermetropolitana tra le grandi città affacciate sul mare Mediterraneo;

  • la percezione di Napoli nella coscienza italiana, europea ed internazionale, di città cosmopolita e tollerante, cerniera vitale tra la cultura europea di derivazione illuminista e la cultura mediterranea di derivazione spiritualista;

  • la rilevanza quantitativa e qualitativa della componente di origine campana nell’ambito delle comunità degli italiani all’estero.


  • Dal lato degli operatori economici e delle condizioni strutturali di rapporto con i mercati internazionale, si evidenzia la presenza di:

  • distretti industriali emergenti, caratterizzati da un discreto grado di internazionalizzazione e di presenza sui mercati internazionali;un ruolo di leadership nel mercato internazionale dei macchinari usati per le PMI, sviluppato fino ad oggi attraverso modalità poco trasparenti, ma comunque efficace nello stabilire relazioni strutturali con i distretti emergenti in alti paesi, e passibile di miglioramenti qualitativi sotto i profili della certificazione di affidabilità;

  • istituzioni di ricerca e filiere industriali di elevato standard nei campi di interesse strategico per la cooperazione euromediterranea;

  • grandi operatori nel trasporto marittimo di merci e passeggeri, operatori ed istituzioni di rilevanza nazionale nel settore delle telecomunicazoni;

  • un sistema professionale diversificato e completo, con forte presenza di individualità accreditate ai massimi livelli dei mercati nazionali ed internazionali;

  • associazioni di rappresentanza delle categorie economiche ed industriali con notevole capacità operativa ed influente presenza nelle sedi nazionali;

  • un settore del turismo internazionale forte ed in corso di rafforzamento strutturale, capace di per sé stesso di caratterizzare in senso internazionale il tessuto eonomico e sociale della regione;

  • un carattere fortemente diversificato in termini di posizioni sui mercati esteri, che denotano la presenza di strategie imprenditoriali molteplici e tra loro integrabili.


  • L’elencazione di questi punti di forza non deve tuttavia condurci a trascurare la presenza diffusa di elementi di debolezza che il sistema delle regioni denota sotto il profilo dell’internazionalizzazione, elementi che debbono essere sanati attraverso un’attenta articolazione progettuale della programmazione di settore: una sfida ed una straordinaria opportunità che non deve essere perduta e per la quale la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con l’Accademia del Mediterraneo e Maison de la Méditerranée, offre tutto il proprio supporto e la propria rete.






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