IL MATTINO SPECIALE
17 settembre 2005
Una inafferrabile pluralità che solo le arti possono interpretare
Dire il
Mediterraneo. In che modo? Da dove cominciare? A quali parole affidarsi, a
quali icone? Forse, ci troviamo dinanzi a un'invenzione. A un nome, che è anche
una metafora. Mare terreno, lo ha definito Matvejevic. Mondo a sé e, insieme,
centro del mondo. Mare circondato da terra, e terra bagnata dal mare, il
Mediterraneo, nel corso degli ultimi anni, sembra aver radicalmente trasformato
il proprio profilo. Lungi dal configurarsi solo come arcipelago
storico-culturale (nella riflessione di Braudel) e come territorio
mitico-lirico (nelle descrizioni di Camus e di Gide), è divenuto - come è emerso
dalle recenti video installazioni di Studio Azzurro (presentata qualche anno fa
a Castel Sant'Elmo) e del gruppo milanese Multiplicity - il «topos» del
conflitto tra i popoli, le razze, le religioni. Uno specchio d'acqua solido,
attraversato da autostrade. Chi lo solca, è costretto a ripensare se stesso, a
ridisegnare completamente il proprio ruolo. Difficile definirne l'identità
mobile e plurale. Dove inizia? Quali sono i suoi bordi? Quali elementi ne
segnano l'orizzonte? Domande che attraversano la XII edizione della Biennale
dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo, curata da Achille Bonito
Oliva e da Eduardo Cicelyn, promossa dall'Associazione internazionale Bjcem,
che aprirà il 19 a Castel Sant'Elmo e chiuderà il 28. Una kermesse. Un festival.
Ma anche un archivio della contemporaneità. Un catalogo di voci. Una carrellata
di contaminazioni e di convergenze. Nove giorni di full immersion in un luna
park di esperienze. La Biennale è un'occasione, da diversi punti di vista. Per
scoprire situazioni spesso inedite. Per imbattersi nei lavori di artisti molto
giovani (under 30), che non sempre riescono a trovare un adeguato spazio nei
circuiti ufficiali. Per incontrare gli esiti delle ricerche condotte da
operatori attivi in geografie lontane, dense di forza e di tensione espressiva.
Ottocento artisti da ventinove nazioni. Provenienti non solo dai mondi
occidentali, ma anche da paesi come l'Algeria, la Finlandia, la Siria, Israele,
Palestina. Tante tracce accomunano questi episodi, che ruotano intorno al tema
della passione. Innanzitutto, la volontà di portarsi al di là dei tradizionali
confini tra i linguaggi, sperimentando dialoghi tra codici e segni, immagini e
colori, sapori e tendenze. Trecentocinquanta interventi, dalle arti visive a
quelli minori, dal teatro al cinema, dal video alla poesia, alla gastronomia.
Installazioni che animano un divertente bazar di stili, in cui ci si potrà
smarrire con piacere. Sperimentazioni che si accostano, si sovrappongono. Le
differenze coesistono; si esaltano a vicenda. Un viaggio fatto di slittamenti e
di deragliamenti. La manifestazione - scrive Bonito Oliva - «tende alla
interdisciplinarietà e multimedialità, un meticciato linguistico, dove tutti i
linguaggi concorrono a delineare forme espressive legate al nostro tempo».
Attraversare Castel Sant'Elmo e i siti «collaterali» in provincia (Casoria,
Giugliano) sarà come trovarsi dinanzi a un immenso schermo televisivo.
Spostandosi, si potrà idealmente cambiare canale. Scene e situazioni si
succederanno, senza soluzione di continuità. Piani-sequenza si sfioreranno. Per
restituire la pluralità inafferrabile del Mediterraneo, di cui ha parlato Tahar
Ben Jelloun. Mare circondato da terra, e terra bagnata dal mare, il Mare
Nostrum - ha osservato lo scrittore marocchino - è una perla, sorta dalle
viscere della storia, tra prove e difficoltà. E' un'area che, sovente, è stata
trasformata in una griffe, in una «buona ricetta per parlare senza dir nulla».
Invece, il Mediterraneo è altro. E' «il mare bianco di mezzo». Indica un modo
di essere. «Multiplo e squilibrato», mobile e uguale a se stesso, è razionale e
irrazionale, seduttivo e contraddittorio. Ha una grammatica, che solo le arti
possono cogliere. «Saranno forse la letteratura e la poesia a unificare il
Mediterraneo, dandogli una voce in grado di arrivare lontano e di parlare al
mondo». La Biennale, che sarà inaugurata lunedì prossimo, confermerà questa
idea. Le arti insieme per cercare di interpretare l'identità mobile e plurale
di un mare. Continente nascosto tra Africa, Asia ed Europa.