INSIEME PER LA PACE
Benvenuti sul sito web della Fondazione Mediterraneo.
Lavorare insieme per la pace richiede l'impegno
di tutti noi. Un'azione
forte e decisa, rivolta al futuro e fondata sulla speranza che i
popoli del Mediterraneo e del Mondo Arabo possano: - acquisire una pace duratura;
- lavorare
per la ricostruzione economica, sociale e politica dei loro Paesi, nei limiti
delle frontiere oggi riconosciute;
- vivere le loro differenze in perfetta
armonia e con uno spirito di tolleranza, dialogo e libertà.
L'approccio originale portato avanti dalla Fondazione Mediterraneo sin dal 1994 - in accordo con i principi affermati
dal Consiglio d'Europa e, poi, dall'Unione europea nel Processo
di Barcellona, nell'Unione per il Mediteraneo e nelle relazoni
tra Ue e Lega degli Stati Arabi - è quello di promuovere il processo d'integrazione
utilizzando la scienza la cultura e la promozione dei diritti.
E' un approccio originale e realista, perché sono fermamente
convinto che, nello spazio euromediterraneo e nel Mondo Arabo, come altrove, il dialogo
e la mediazione devono comunque prevalere sulle soluzioni militari.
Ma è un approccio che coincide anche con l'indirizzo fondamentale
della Fondazione Mediterraneo che si costituisce soprattutto
come punto di riferimento per il rispetto delle diversità
culturali e linguistiche e per un durevole dialogo tra le società
e le culture.
Questa è una sfida politica, economica, sociale e culturale
che coinvolge tutti noi.
L'interdipendenza tra uomini, società e spazi è ormai
la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione
economica e finanziaria, la circolazione immediata dell'informazione
conducono l'umanità intera verso un futuro di omologazione.
Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi:
le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo
ne sono la prova. Come costituiscono prova il rischio di egemonia
di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l'avvenire del nostro
pianeta oppure il blocco dell'informazione operato verso le fasce
più deboli e meno abbienti.
Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali
a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni
reali di quel paese o i monopoli di attori specifici - privati o
pubblici - sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati
di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività
e, quindi, di esistenza.
Quando gli scambi internazionali si diffondono e s'ingigantiscono
gli Stati, ma specialmente i cittadini, hanno la sensazione di vedersi
sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una
"monocultura". Di fronte a questa perdita d'identità,
specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di
rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati
nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo,
all'odio, al rigetto dell'Altro.
Se vogliamo evitare che la guerra fredda di ieri si trasformi oggi
in un suicidio cultuale, agevolato da massicci movimenti migratori
internazionali, occorre - nel senso più ampio del termine
-democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione
snaturi la democrazia.
Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace,
il dialogo e la cooperazione tra spazi potenzialmente generatori
di conflitti, qual è lo spazio euromediterraneo ed euro-arabo.
Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche - di cui
il Mediterraneo è antico custode - costituiscono oggi spazi
privilegiati di solidarietà che, se rafforzati dal dialogo
e dalla cooperazione, sono la migliore garanzia per la democrazia,
la pace e lo sviluppo condiviso.
Il dialogo tra le culture è oggi più che mai indispensabile
non solo nel Mediterraneo ma come progetto di scala planetaria:
un progetto di società in cui le culture si completano senza
escludersi, si rinforzano senza scomparire, si accorpano senza perdere
ciascuna la propria identità.
Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare,
rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una
gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.
Ma tutto questo presuppone che la diversità culturale mondiale
divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale
tra i popoli, che il riconoscimento della cultura come forza dominante
non costituisca un'eccezione bensì il fondamento del nuovo
processo di civilizzazione, che la cultura non si limiti solo alle
arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della
vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale,
intellettuale ed emotiva nei diversi tessuti sociali: in poche parole
che la cultura - in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto
tra loro- possa assumere il ruolo di "forza buona" capace
di incidere sui processi della storia.
Riconoscere che cultura e sviluppo sono indissociabili, senza limitarsi
ad un semplice approccio commerciale ed economico della cultura,
è essenziale per costruire il futuro, qui nel Mediterraneo
come altrove.
Questo processo ha bisogno di azioni concrete e comuni ai Paesi aderenti
all'Unione per il Mediterraneo ed alla Lega degli Stati Arabi, specialmente nel campo
dei diritti umani e della promozione della democrazia.
Il messaggio che desideriamo lanciare è semplice: promuovere
il dialogo per la coesistenza delle diversità ed una pace
durevole.
La speranza forte è che tacciano, per sempre, le armi. La
violenza deve cessare.
I popoli del Mediterraneo e del Mondo Arabo, all'alba di questo nuovo millennio, devono
chiudere definitivamente con un passato tragico ed esaltare tutta
la loro ricchezza ed il loro grande patrimonio, che hanno costituito
e costituiscono un universale valore per tutta l'umanità.
Michele Capasso
Presidente della Fondazione Mediterraneo
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