APPELLO PER LA PACE IN EX JUGOSLAVIA
Le immagini del quarto anno di guerra
nella ex-Juogoslavia scorrono davanti ai nostri occhi ormai abituati
a questo spettacolo: più di 200.000 morti, 2.000.000 di trasferiti o
esiliati, città e villaggi in rovina, ponti ed edifici, scuole ed
ospedali distrutti a colpi di cannone, monumenti di cultura o di
fede profanati, violenze e torture di ogni specie, stupri e
umiliazioni, campi di concentramento ed epurazione etnica, «urbicidio»
e «memoricidio», innumerevoli esistenze di gente semplice mutilate o
lacerate per sempre. La sofferenza umana non si può riassumere. Si
può andare oltre? Questa domanda è rivolta nello stesso tempo agli
aggressori e a coloro che hanno fatto così poco per fermare questa
guerra nel cuore della Bosnia e della Croazia, ai confini con il
Mediterraneo, nella stessa Europa.
Che dire, di fronte a una tale tragedia, di
un’ONU inadatta ai cambiamenti del nostro mondo, di una NATO rimasta
prigioniera della guerra fredda, di una Unione Europea che si preoccupa così
poco del resto dell’Europa, di una Russia che tenta di riprendere il posto
dell’ex Unione Sovietica, di un’UNPROFOR incaricata di un ruolo nelle
stesso tempo assurdo e paradossale – quello di «mantenere la pace» là dove
non c’è la guerra – di tutti questi giochi, appena mascherati, dalle grandi
potenze e dei loro interessi? «Cessate-il-fuoco» mille e una volta violati,
accordi costantemente traditi, patti derisi e negoziatori resi ridicoli,
risoluzioni internazionali ignorate, convogli umanitari divenuti essi
stessi bersagli della rabbia micidiale.
Le tappe di questo Calvario si chiamano Vukovar, Srebrenica, Gorazde,
Mostar, Bihac, Sarajevo che, con più di 1.000 giorni di assedio, batte il
triste record di Leningrado. La Bosnia Erzegovina, multinazionale e
multiculturale, è mortalmente ferita e, con essa, la nostra fede in un mondo
migliore in cui il pluralismo nazionale e culturale sarebbe possibile e
assicurato. La brutalità e la barbarie sono incoraggiate dall’inerzia e
dall’indifferenza. I rintocchi funebri suonano già da più di tre anni senza
svegliare le coscienze di coloro che dovrebbero decidere per noi e a nome
nostro.
L’Europa si è dimessa in Bosnia. I suoi
governi negano la loro responsabilità o la gettano gli uni sugli altri.
Maastricht è moralmente capitolata davanti a Sarajevo. I valori e i nostri
principi sono beffati, la nostra dignità è nel punto più basso. Davanti a
una tale umiliazione non resta, a noi intellettuali mediterranei, che
gridare la nostra collera, sia pur nel deserto, come è accaduto tanto spesso
nel passato.
Gettiamo di nuovo una bottiglia nel nostro
mare con un comune appello, destinato a ciò che resta della coscienza sulle
nostre rive. Indirizziamo queste parole agli amici del Mediterraneo per
domandare loro di unirsi a noi e di sostenerci.
Napoli, 10 dicembre 1994
Primi firmatari:
Predrag
Matvejevic, Michele Capasso, Claudio Magris, Vincenzo Consolo, Erri De Luca,
Raffaele La Capria, Gerardo Marotta, Luigi Malerba, Igor Man, Bruno Caruso,
Vittorio Nisticò, Khaled Fouad Allam, Silvio Ferrari, Fulvio Tomizza, Walter
Pedullà, Mario Agrimi, Antonio Bassolino, Claudio Azzolini.
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