APPELLO PER LA PACE CONTRO LA GUERRA PERMANENTE
Su comunità di tradizioni diverse,
dopo lo smembramento dell'Impero ottomano unite dalle potenze occidentali in strutture
politiche inizialmente soggette a protettorato ma poi emancipatesi, e sulle vestigie
di cinquemila anni di civiltà, sopravvissute alle invasioni e alla forza
annichilatrice della storia, bombardieri furtivi e non furtivi e basi lontane
hanno riversato e riversano migliaia e migliaia di bombe, quelle che penetrano
ogni difesa, quelle che si disperdono in frammenti antipersonali, quelle elettromagnetiche
che sconvolgono il tessuto delle morte cose e degli esseri viventi, e migliaia
migliaia di missili che la tecnica più raffinata ha studiato per la distruzione
e il massacro. Una guerra, una nuova guerra, che la Superpotenza ha deciso
con la stessa certezza di sé e del proprio destino delle superpotenze del
passato: l'impero romano al tempo che, perduti la forza dinamica e lo splendore
culturale, proclamava orgoglioso d'essere eletto a dominare con il suo illuminato
diritto le genti oppresse da ingiuste leggi; Bisanzio, che opponeva ai barbari
i valori della sua civiltà cristiana e suprema quando, finita la sua espansione
culturale e religiosa, si era chiusa nella corazza dell'organizzazione imperiale
ed ecclesiastica e manteneva i suoi privilegi con la guerra o comprando la pace;
i Mongoli, allorché la loro cavalleria aveva esaurito lo slancio ed essi
si rinchiudevano nell'orgoglio del potere proclamando anche al Papa la loro missione
divina; l'Islam nell'epoca in cui, cessato di rimettere in circolo le ricchezze
conquistate e rianimare le vie della cultura e dei commerci, s'era chiuso in un
Califfato imperiale, splendido e dissipatore. A questa guerra la Società
Civile dell'Occidente ha detto di no. Ha detto di no perché dopo la tragedia
della seconda guerra mondiale, risultato d'una degenerazione del darwismo nell'eugenismo,
dello spirito della libertà nazionale nel nazionalismo, della forza espansiva
della civiltà nel colonialismo, l'Europa s'è risvegliata ai valori
che tre secoli di coscienza laica avevano creato: i diritti umani e sociali, la
pace tra le nazioni, il dialogo invece della guerra e l'assenso collettivo contro
le derive individuali. Certo il mondo è pieno di governi tiranni. Ma
lo è soprattutto dove la spogliazione nei secoli ha portato la degradazione
della vita, della società e della politica. Di questi tiranni siamo responsabili
tutti e non solo quegli Stati che li hanno sostenuti per un certo tempo secondo
le convenienze del momento e ora mentre combattono l'uno si alleano con gli altri. Vogliamo
adesso scrollarci da queste responsabilità, rivivificare l'ONU perché
sottometta l'arbitrio d'uno solo alla decisione collettiva e perché nessuno
invada, opprima, depauperi od offenda. Che i piccoli Stati siano rispettati
quanto i grandi, che gli umili abbiano la stessa dignità dei potenti, che
nessuno s'investa della rappresentanza divina e in nome del cielo porti stragi
sulla terra. Che tutti gli uomini siano eguali, che le ricchezze del suolo
vadano a beneficio di quelli che ancestralmente lo abitano, che il nostro benessere
non si fondi sulla miseria di prossimi o lontani. Queste sono le condizioni perché
cessino il terrorismo di singoli che disperati s'immolano per la dignità
della propria patria e trascinano con sé vittime occasionali, come il terrorismo
d'un esercito che distrugge abitazioni, ambiente, risorse e chi non può
difendersi caccia dalla sua terra. Il dialogo, il diritto internazionale,
lo spirito di equità, la forza della compassione sono gli strumenti perché
il millennio iniziato con sofferenze e miserie si riscatti in un'epoca di solidarietà
e di giustizia. E queste condizioni dipendono da noi, uomini civili d'Europa,
che abbiamo portato una modernità aggressiva a sconvolgere il mondo e ora
vogliamo trasformarla in una modernità di ricostruzione e di pace.
Napoli, 18 aprile 2003
Primi firmatari
Nullo Minissi, Caterina
Arcidiacono, Michele Capasso, Predrag Matvejevic'
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