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GALASSIA GUTENBERG: IL MEDITERRANEO CHE NON SI RACCONTA

(ANSAMED) - NAPOLI, 25 FEB - Un vuoto pienissimo nel Mediterraneo. Pieno di fatti, di percezioni, di storia e storie, oltre i conflitti e le crisi sulla ribalta delle 'allnews' planetarie. Così è stato tratteggiato il Mediterraneo oggi da giornalisti, scrittori, storici di Egitto, Libano, Algeria, durante il convegno 'Letteratura e informazione: quali scenari per il dialogo euro-mediterraneo', organizzato in collaborazione con ANSAmed e che ha aperto la 16esima edizione di Galassia Gutenberg a Napoli, dedicata proprio al Mediterraneo. Se fosse concesso un sottotitolo, il convegno di oggi ne meriterebbe uno sui toni de 'Il Mediterraneo a partire da quello che non si racconta', dal Libano "che non è solo guerra civile - dice Samir Kassir, storico e scrittore libanese - negli ultimi 15 anni si è parlato poco e nulla del Libano, a Beirut e alle sue trasformazioni e dinamiche non si è interessato nessuno, i media si sono fermati ai fatti del dopoguerra - ha continuato Kassir - per poi tornare a parlarne oggi quando l'attualità di un altro fatto eclatante lo impone". Non un dialogo inesistente, quindi, ma da "riaprire" secondo Giulio Pecora, responsabile Esteri dell'Ansa, che ha moderato l'incontro e che riconosce la difficoltà di gestire informazioni, "non quelle dei conflitti - precisa - è il prima e il dopo che sfuggono, che non si capiscono". La crisi si racconta quando è in atto, mentre le sue ragioni le si scoprono dopo, quando, evidentemente, è troppo tardi. E non è il frenetico "arrivare prima" dell'odierna smania informativa in tempo reale che manca, bensì l'arrivare con e, soprattutto, l'esserci durante. E' questa, forse, l'intenzione più evidente e condivisa che emerge dalla discussione. Lo sottolinea Hany Shukrallah, direttore del settimanale in lingua inglese di Al-Ahram, tra le maggiori testate del mondo arabo, e che denuncia una "conoscenza distorta gli uni degli altri". L'antidoto che suggerisce Shukrallah è ancora una volta la conoscenza, del contesto soprattutto, culturale e storico, attraverso la letteratura, per esempio. Ed è sul conoscere e sul conoscersi che interviene anche Fuad Allam, editorialista de La Repubblica, e su come, agendo nel Mediterraneo, non si può prescindere dall'Islam. "Quello che troviamo nel flusso informativo è un ordine tradotto - dice Allam - una rappresentazione caotica e quindi violenta, che invece richiede un'acculturazione nel senso della consapevolezza che al mondo arabo islamico qualcosa è mancato: elaborare il lutto della propria decadenza diventando così vittima di un mito, della sublimazione di una storia che non tornerà più. Noi arabi - continua Allam - non siamo stati capaci di creare un'alternativa, per i giovani soprattutto". Si costruiscono altrimenti, secondo Allam, frontiere simboliche "fatte di proiezioni, sguardi, visualizzazioni di ciò che è l'altro. Il ruolo dell'informazione è di decostruire le frontiere simboliche". Che la percezione di sé e della propria storia sia tema centrale nel dialogo, che sia in costruzione o auspicato, lo sottolinea Abderrahmane Djelfaoui, scrittore e cineasta algerino, che parte dalla storia, ma da quella "piccola" di tutti i giorni, degli aneddoti e del caso, per spiegare distanze e prossimità e per innescare scambio: "Le nostre storie sono un puzzle complesso e fragile". E allora si potrebbe partire dal terreno comune di un mestiere e da Firenze, dove il 10 e l'11 marzo ci sarà la presentazione del primo Forum Permanente dei giornalisti del Mediterraneo e del Golfo, annunciato oggi da Stefano Sieni, responsabile degli Esteri per l'Ordine Nazionale dei giornalisti. (ANSAMED). KSY
25/02/2005 17:17

 

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