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CITTA’ MEDITERRANEE

di Claudio Azzolini


Vorrei esporre alcune considerazioni per aggiungere un mio contributo a quello che è stato detto sulle città mediterranee.
Ogni città in una sua misura vive dei propri ricordi: forse le città mediterranee vivono più dei ricordi che le altre e questo provoca varie reazioni di cui non siamo spesso coscienti.
Il passato fa concorrenza al presente e il futuro si propone più a immagine del passato che del presente: è forse questa la ragione per cui c’è una forte nostalgia nel discorso sul Mediterraneo.
Un’altra cosa che mi sembra molto importante, osservando la struttura della città, è la sua fisionomia: in qualche modo la differenza tra la rappresentazione della realtà e la realtà stessa. La nostra rappresentazione della realtà è piena di immagini, di ricordi, direi, anche di sapori, di storie, e invece la realtà stessa è molto più triste: ogni città mediterranea vive a suo modo una specie di degrado.

Un’altra cosa, forse una messa in guardia che mi sembra importante e che ho trovato nell’opera di Italo Calvino che racconta come Marco Polo avrebbe potuto raccontare a Kublay Kan le città che ha incontrato nei suoi viaggi e formula questa messa in guardia che mi sembra importantissima: “Non dobbiamo confondere la città stessa con il discorso che la descrive, per quanto esista un evidente rapporto fra l’uno e l’altro”. Credo che confondiamo spesso la città con il discorso che la descrive, una particolarità della città mediterranea che Braudel, e non solo lui, ha messo in rilievo, è che la città mediterranea non nasce come altrove da un villaggio, ma crea i villaggi essa stessa.
In questo senso le città mediterranee sono abbastanza diverse dalle altre città e di ciò se ne deve tenere conto, quando si affronta la loro problematica.
Il destino del Mediterraneo è affidato alle sue città ed alla capacità di collegamento tra esse. Da questa capacità di gettare reti, di intessere collegamenti, di creare tiranti, si determinerà lo sviluppo e il futuro di quest’area geografica.
L’obiettivo essenziale oggi è quello di riunire le città in sessione plenaria, organizzare a partire dalle istituzioni locali un sistema di coordinazione stabile che permetta di garantire lo sviluppo degli obiettivi prefissati, ottimizzare i programmi di cooperazione degli organismi più adatti al fine di programmare la maniera più efficace per la risoluzione dei problemi comuni alle varie città del Mediterraneo. Per cominciare a lavorare su quegli obiettivi sono stati costituiti, con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo e la sua sezione “Euromedcity”, gruppi di lavoro sui seguenti temi:

  • cultura e patrimonio;


  • qualità della vita;


  • migrazioni;


  • turismo;


  • trasporti e comunicazione;


  • strategie di sviluppo economico;


  • ambiente;


  • salute pubblica e lotta contro la droga;


  • protezione civile;


  • servizi e cooperazione.



E’ nostro desiderio poter svolgere a Napoli la prossima riunione plenaria delle Città del Mediterraneo nel 2003.

Ma il Mare Nostrum oggi continua a vivere una crisi profonda.

Il Processo di Barcellona stenta ad affermarsi, molte iniziative sono o dispersive, o duplicati di cose già fatte e, spesso, rimangano lettera morta. Bisogna superare la consuetudine con cui queste grandi conferenze, questi grandi assemblamenti, questi grandi convegni, nel momento in cui hanno termine, vengono lasciati a se stessi, vengono archiviati o si traducono in pura merce di scambio economico.

Il Mediterraneo sembra dunque ritornare a quel tempo in cui le città avevano un ruolo essenziale e prioritario, dove nel Nostro Mare le città hanno sempre preceduto gli Stati; la nozione di “civitas” contiene in se stessa il senso dello Stato. “Civitas” che non significa solo città ma tutto quello che sta intorno alla città: la regione che “contiene” la città.
In questi ultimi tempi assistiamo veramente al risveglio di una volontà nuova da parte delle principali città mediterranee che vogliono diventare protagoniste della politica del Mediterraneo: vogliono, collegandosi tra di esse, collegare il bacino mediterraneo e confrontarsi sul terreno di problemi concreti comuni cercando di trovare le soluzioni più adeguate.
Stiamo vivendo, quindi, un nuovo momento storico nel quale la città riacquista la sua importanza primordiale nel tentativo e nella speranza di affrontare le grandi crisi che tormentano il Mediterraneo.
In molte città si risvegliano insospettate energie; tutte quelle che esistevano potenzialmente fino ad oggi e che erano insufficientemente sfruttate.
Dunque, sono le città che devono costituire gli attori principali di questa nuova politica: perchè il processo che è nato in questi ultimi anni per spontanea iniziativa delle città deve essere proseguito dalle città medesime.
E vi chiedo se non sia auspicabile in tal senso - stiamo lavorando per questo - continuare a creare gemellaggi più concreti e operativi tra le varie città del Mediterraneo: Napoli, Barcellona, Marsiglia, e tante altre .
Napoli e Barcellona, per esempio, hanno caratteristiche molto simili: hanno una verticalità storica, una potenzialità ad essere capitali, senza quel genere di rivalità che è fattore più nocivo che utile. Ed è per questo che noi proponiamo che questi gemellaggi si nutrano di contenuti concreti: fino ad ora si riducevano a viaggi di burocrati da una città all’altra dove, a conclusione, il contenuto e lo scambio vero mancavano.

Se Napoli vuole proporsi come capitale del Mediterraneo - o come una delle capitali del Mediterraneo - deve tornare alle sue radici, deve recuperare la sua verticalità: ma stendendo reti, collegandosi con adeguati tiranti alla realtà del Mediterraneo troppo spesso ignorata in questi ultimi tempi.
Predrag Matvejevic’ afferma che: “ Napoli è l’unica città del Mediterraneo che, pur manifestando un notevole disordine esteriore, ha un “ordine interiore” che ne costituisce il midollo storico. In nessun’altra città del Mediterraneo ho ritrovato tale “ordine interiore”.
Della storia italiana, che per sua natura è policentrica, Napoli costituisce uno dei centri essenziali. Nella storia mediterranea Napoli deve trovare da sola il posto nell’ambito di questo processo.

Per fare questo è indispensabile stabilire una tipologia dei problemi delle città mediterranee.

C’è un fenomeno che concerne la storia moderna delle città mediterranee: da un lato esse hanno subìto un processo di crescita progressiva della popolazione mentre lo sviluppo industriale non riusciva a tenere dietro all’incremento demografico. Questa “aritmia” tra incremento demografico e sviluppo industriale ha prodotto fenomeni strani. Basti pensare, tanto per fare un esempio, alla crisi fra centri e periferie: queste periferie che non riescono a trovare una loro identità, una loro dimensione umana. Sono per lo più estensioni incontrollabili non sottomesse a quei criteri di valore cui facevo riferimento, e che perciò generano zone prive di identità in cui molto spesso sul “modo di vita” si impone l’incubo della “malavita”. Le autorità delle città non possono rifiutarsi di riconoscere come assolutamente pertinente questo metodo di approccio basato sui valori.

E se a Napoli il suo “valore essenziale”- costituito dal suo ordine interiore - riesce ad affermarsi sul disordine esteriore collegandosi e costituendosi come esempio per le altre città del Mediterraneo, ecco che Napoli potrà assurgere al ruolo di centro e di punto di riferimento essenziale.

La storia di Napoli, per secoli, è stata caratterizzata da una parabola discontinua. I parametri dell’ordinarietà e della normalità sono saltati completamente perchè quasi sempre il riferimento “normale” veniva rapportato ad una qualità di vita molto bassa: lo stupore che si verificava in occasione di eventi positivi appariva molto amplificato rispetto al parametro reale; al contrario, lo sdegno scaturente da eventi negativi veniva molto ridimensionato.

E’ indispensabile che una città come Napoli, abituata a viaggiare su un diagramma di picchi alti e bassi, non scivoli più in basso come nel passato.

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