GLI OSTACOLI AGLI INVESTIMENTI

 

Gli investimenti nell'area mediterranea risvegliano una serie di speranze comprensibili. Come è noto, l'Unione Europea (UE) ha approvato un nuovo sostegno finanziario per la regione che è stato calcolato in 4.685 milioni di Ecu. A questa cifra si deve aggiungere il contributo della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) di simile entità. Tale considerevole incremento del supporto finanziario, che può contribuire a migliorare il legame tra il paesi del Mediterraneo del Sud e la UE,  fa in modo che le aspettative siano maggiori.

Tuttavia, come si è manifestato nel corso di questo foro dedicato agli investimenti, sussistono una serie di intoppi fondamentali:

 

     Il problema principale nasce dall'attuale livello degli investimenti privati nei paesi mediterranei che sono ancora scarsi, nonostante la disponibilità di capitali nella UE e l'esistenza di progetti operativi. Di conseguenza, l'obiettivo di aumentare i fondi per incoraggiare gli investimenti in questi paesi dovrebbe essere perseguito mediante un'azione congiunta dei finanziamenti pubblici e privati.

 

Non si tratta soltanto di redigere progetti di investimento che attirino l'iniziativa privata con l'appoggio dei fondi pubblici; la sfida attuale è invece quella di utilizzare l'appoggio finanziario, per migliorare la funzione dei mercati e dei capitali locali, e sconfiggere così il paradosso, che a volte si verifica, di un'insufficienza degli investimenti a fronte di un capitale relativamente eccedente.

 

     Un secondo problema, che riguarda gli investimenti nei Paesi Terzi Mediterranei (PTM), consiste nell'insufficienza di investimenti diretti. Nel periodo 1991-1993, questi paesi hanno ricevuto soltanto il 3% del totale degli investimenti stranieri indirizzati ai paesi in via di sviluppo, perdendo così la loro capacità attrattiva. I flussi degli investimenti europei si sono orientati soprattutto verso i paesi meno sviluppati dell'Asia (Cina, Malesia, Filippine, Tailandia, Indonesia), i Caraibi e l'America Latina (Messico e Cile).

     L'assenza di risparmio interno e la carenza di flussi esterni di capitale hanno reso in larga misura difficile sia la diminuzione dei tassi di indebitamento estero rispetto al PIL, sia il pareggiamento del debito rispetto alle entrate derivanti dalle esportazioni. La stessa Dichiarazione di Barcellona sottolinea l'importanza che giustamente riveste il risparmio interno, base degli investimenti, per lo sviluppo economico dei paesi del Mediterraneo; a questo bisogna aggiungere gli investimenti stranieri diretti.

 

Fig. 2.1 FLUSSI NETTI DI INVESTIMENTO STRANIERO DIRETTO

 

     Un quarto problema è quello relativo al reinvestimento dei benefici che, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese, sono destinati solitamente all'acquisto di proprietà, sia per questioni di cultura imprenditoriale, sia per motivi fiscali. Il fine è quello di ottenere il massimo rendimento del capitale, ma questa filosofia va a detrimento di altri investimenti più produttivi.